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Cesare Cremonini spegne le luci della città e illumina San Siro

Nel suo show il cantautore trasporta il pubblico in un viaggio tra spazio e tempo. I nuovi brani e l’elettronica ricreano l’ALASKA, ma alla fine di tutto si torna sempre a Bologna e alle canzoni che hanno accompagnato due generazioni

  • Il16 Giugno 2025
Cesare Cremonini spegne le luci della città e illumina San Siro

«Circo Massimo di Roma il 6 giugno, suonerà all’Ippodromo SNAI La Maura di Milano il 10 giugno, per tornare all’Autodromo di Imola Enzo e Dino Ferrari il 13 giugno, e infine alla Visarno Arena di Firenze il 17 giugno.». Valgono più queste due frasi che spiegoni tecnici su spiegoni per descrivere e comprendere lo show che Cesare Cremonini ha portato ieri sera a San Siro e che girerà per tutta l’Italia. È sì, il concerto più lungo della sua carriera, con 27 brani in scaletta, ed è anche vero che gran parte dello spettacolo è costruita in funzione del suo ultimo disco ALASKA BABY il cui immaginario, compresa l’aurora boreale, è ricostruito attraverso visual e laser.

Ma tutto parte sempre e comunque dallo stesso non luogo che può essere un vuoto, una mancanza, una crisi, o semplicemente dolore. Che il live sia «un percorso umano, immersivo e metafora di una trasformazione personale» lo si deve come al solito, in primis, alle canzoni.

Dopo la nebbia dell’opening e la carica di Dicono di me, PadreMadre è il primo di tanti attimi rivelatori. «Se son stato così lontano è stato solo per salvarmi» è un verso che funziona a meraviglia per inquadrare tutto quanto ha vissuto il cantautore bolognese nell’ultimo periodo. Già a inizio concerto viene in parte subito smentito. «Inserendo le canzoni di ALASKA BABY all’interno della scaletta, ho notato che l’osmosi col passato era complicata, segno che c’è stata una svolta» aveva raccontato in conferenza qualche giorno fa. Ci fidiamo del fatto che non sia stato semplice, ma il legame con la sua carriera e con i suoi classici è evidente. Questa sensazione ovviamente è favorita anche dal grande lavoro compiuto con la sua band – quella di sempre – alla quale si è aggiunto Alessio Natalizia.

«Lo chiamano il Diavolo di East London. Ho deciso di lavorare con lui dopo aver assistito a un concerto di Cosmo» racconta Cremonini. L’elettronica suonata dal vivo è un altro dei fili conduttori che legano passato e presente. L’esempio migliore è l’intro di Mondo, trasformata in pezzo quasi techno, e il remix di Nonostante tutto che fa ballare tutto lo stadio prima del gran finale.

È l’Alaska Baby!

«Non posso andare sul palco a recitare una parte. A 26 anni di carriera non sento di dover fare cassa e creare dei festanti karaoke. Salire sul palco e aver paura di sbagliare per me è importante». Cesare Cremonini a San Siro, come nel resto delle 11 date negli stadi, si mette alla prova. Il grande cinemascope, sormontato dalle geometrie di cerchi luminosi, ma soprattutto i performer e i laser che danno corpo alle sue suggestioni eteree, lo costringono a interagire con tutta la macchina. Fin dall’inizio i visual curati dallo studio creativo londinese NorthHouse, insieme a GiòForma e il lighting designer Mamo Pozzoli, portano gli spettatori lontano. Tutto senza traccia di intelligenza artificiale.

Le Aurore Boreali prendono vita sul parterre quando Elisa sale sul palco per duettare e il temporale scoppia di nuovo (dopo la bomba d’acqua che ha colpito Milano un’ora e mezza prima dell’inizio dello show) quando parte Ora che non ho più te. Pur essendo tutto estremamente elaborato, alla fine appare semplice agli occhi di chi guarda e ascolta. La ragazza del futuro riarrangiato completamente in chiave elettronica e semi-acustica vede la presenza sul palco del solo Cesare con una delle performer. Entrambi su una pedana circolare come due bamboline sul carillon. Questo lavoro geometrico, lento e affascinante ritorna nei vari pezzi tratti da ALASKA BABY, come nell’intro di Acrobati.

Se si parla di momenti di difficoltà, il culmine si raggiunge durante Figlio di un re. Cesare Cremonini si presenta con la fisarmonica e, insieme al resto della band e dei ballerini, ricrea un piccolo momento di condivisione sul limite della pedana. Un’atmosfera folk-pop che solo suonando uno strumento del genere dal vivo puoi ricreare. «Salvatore Cauteluccio, il mio maestro di fisarmonica me l’ha fatta provare a Maratea davanti al Cristo. Ero a cena e lui si stava esibendo con i pezzi di Morricone quando, a un tratto, per salutarmi ha intonato Vorrei. Dal giorno dopo ho iniziato a prendere lezioni. Il mio compito da artista è trasformare le cose che mi accadono, queste connessioni, in sogni e visioni artistiche per il pubblico» rivela Cremonini.

E per farlo l’artista emiliano ha scelto bene di suonare quanto di più possibile dal vivo, rischiando tanto, e lasciando alle sequenze solo gli archi.

Sempre Bologna

C’è un momento in particolare, durante il quale Cesare Cremonini sente il bisogno di tornare a casa. Perché se è vero che il tour «è una bolla che ti protegge», Bologna rimane un luogo sicuro. «Portare avanti la cultura musicale bolognese è più importante dei desideri personali sulla mia carriera. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto con in testa Bologna. Ogni artista dovrebbe chiedersi quale è il suo ruolo. Io ho sempre voluto essere un traghetto dei grandi autori bolognesi». 

San Luca prende vita con le grafiche che riproducono le arcate e soprattutto con Luca Carboni che è tornato a esibirsi dal vivo dopo diverso tempo. Sarà uno degli ospiti più ricorrenti nelle altre date del tour che vedranno anche Jovanotti protagonista all’Olimpico di Roma. Subito dopo, il viaggio da spaziale è diventato temporale: Cesare e Ballo, come ai vecchi tempi, con la chitarra e le ali sotto ai piedi, sono sfrecciati sulla 50 Special, facendo saltare il pubblico e facendo tremare gli spalti.

Per chi non ha mai ascoltato e percepito dal vivo la reazione della gente nell’ascoltare dal vivo quella canzone può risultare complicato comprenderne la portata. 50 Special è uno degli inni, una delle canzoni con la C maiuscola della musica italiana, è tutto quello che viene prima della notte prima degli esami. Uno di quei brani che nasci in Italia e già conosci le parole del ritornello. È il prequel della vita adulta. La colonna sonora che ogni anno che passa perde sempre più le proprie tinte anni Novanta diventando qualcosa di universale.

Un traguardo non scontato

La storia dei concerti dal vivo di Cesare Cremonini è fatta di vuoti, dolori e una fiducia sincera nell’amore degli ascoltatori. Non è tanto il fatto che a «Capo d’Orlando in Sicilia, al primo concerto dei Lùnapop non era prevista la sicurezza», quanto quello che il cantautore racconta per spiegare come i tredici sold out negli stadi e l’annuncio dei grandi live del 2026 (due ippodromi, l’autodromo di Imola e il Circo Massimo) non siano scontati. «Ho impiegato dodici anni per fare un Forum pieno e il giorno dopo ho pianto».

Viene quasi da chiedersi come mai, considerando che oggi, quando si susseguono brani come Vieni a vedere perché – suonata con un pianoforte “ghiacciato” – La nuova stella di Broadway e Marmellata #25 cosa succede nel parterre e sugli spalti. E il bello è che sono anche i momenti in cui tutto è fuori dal tempo e dallo spazio dello spettacolo. Non c’è alcun effetto dinamico, nessun performer, nessun laser. Spesso si perdono fin troppe parole nel tentare di spiegare uno spettacolo e i tecnicismi sfruttati per materializzare le visioni dell’artista. Poi però ci sono le canzoni, quelle che funzionano così come sono.

Cesare da solo in pedana e la sua immagine proiettata sui megaschermi. La band che suona, Ballo con i capelli rosa anziché i dreadlocks, ma va bene lo stesso. Come un concerto anni 2000, come un Festivalbar del 2006, quando tutto quello che bastava era un palco e un pubblico che canta per te. C’è pure chi, non si sa come, ieri è riuscito a portare un fumogeno rosso e ad accenderlo durante il crescendo de Le sei e ventisei. Durato meno di un minuto, prima del tempestivo intervento della sicurezza, quel fumogeno è stato una poetica metafora di tutto quello che abbiamo sentito, visto con i nostri occhi, resi sempre più gialli e stanchi dal mondo in fiamme che ci circonda, e che rimpiangiamo. Come quella Winston blu, lasciata in quel cassetto accanto a un libro senza titolo, che vorremmo poter fumare ancora una volta.

Il tour del 2026

  • Circo Massimo di Roma – 6 giugno 2026
  • Ippodromo SNAI La Maura di Milano 10 giugno 2026
  • Autodromo di Imola Enzo e Dino Ferrari – 13 giugno 2026
  • Visarno Arena di Firenze – 17 giugno 2026
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