A che serve andare al Coachella?
Com’è partecipare a uno degli eventi musicali più grandi al mondo? Ricordi e suggestioni dal secondo weekend dell’edizione 2025 del festival per antonomasia

Nel 2025 andare al Coachella significa tante cose, forse troppe. Dal 1999 quello che si svolge nel bel mezzo del deserto di Indio, in California – precisamente sui prati dell’Empire Polo Club – è molto più del festival musicale più famoso del pianeta.
Per chi è appassionato di musica (o è un semplice curioso del mondo), seguire a distanza ogni anno quello che accade qui regala un duplice sentimento. Da una parte un misto di invidia, fascinazione e fear of missing out per la sua sempre mastodontica lineup, che appaga chi è sul divano di casa con un livestream su YouTube e qualche clip estratta sui social. Dall’altra, la compensazione emotiva che nasce dal leggere polemiche sulla folla annoiata e “viziata” dagli smartphone, sui costi esorbitanti dell’esperienza, sul frequentatore tipico che ormai è qui solo per l‘Instagram opportunity, sulla conseguente crisi di vendite, e così via.
L’idea che alla fine ti rimane è che Coachella sia un brand ormai appesantito dalla propria eredità e popolarità, da una allure talmente forte da non poter essere contaminata dalle logiche dell’entertainment 2.0 che inevitabilmente riguardano un festival che macina intorno ai 100 milioni di dollari di profitto all’anno. Cosa succede, allora, se per qualche motivo ti capita di ritrovartici dentro?
La strada per il Coachella
Che qualcosa non torni rispetto a una certa narrazione distorta dai social lo capisci fin dai primi passi in giro della vicina località di Palm Springs. Nell’aria c’è qualcosa di speciale. Forse è merito dell’onirica cornice di palme mastodontiche incastonate tra le aride colline del deserto. Oppure di una luce del sole unica al mondo che illumina questi stradoni che hanno fatto innamorare Frank Sinatra, Elvis Presley e mezzo star system di Hollywood.
Fin da qualche chilometro di distanza inizi a intuire i “trucchi” naturali che da anni sono sinonimo stesso dell’estetica Pinterest di Coachella. Anche se di festival ne hai visti ormai a centinaia, un sentimento adolescente inizia a montare dentro di te. L’autista dell’Uber che ci prende a Palm Springs e ci porta al festival racconta che ha un negozio di calzature a Los Angeles, ma nei due weekend di aprile in cui si svolge il Coachella gli conviene essere da queste parti.
L’evento attira più di centomila persone da anni, con picchi molto più alti nelle edizioni di maggiore attrattiva. In queste due settimane l’intera pop culture globale ha il suo occhio puntato qui. Non a caso, guidando sulla highway che conduce in queste zone, decine di billboard in mezzo al deserto rimandano alle esibizioni delle popstar in cartellone: il nuovo album di Lady Gaga, il debutto di Benson Boone, la celebrazione della carriera degli Above & Beyond e tantissimi altri. Qualche auto che ti sfreccia accanto con “Coachella 2025” scritto sulla fiancata e qualche fiore svolazzante.
L’arrivo a Indio
C’è tutto il tempo per godere dell’hype che avanza, mentre invece il tuo Uber avanza a fatica nella colonne di veicoli che riempiono le vie quando arrivi nei pressi del festival. Il traffico è folle, il pomeriggio è già inoltrato e allora decidete di scendere, ringraziarlo e proseguire a piedi per una ventina di minuti. Passate davanti ad alcune case di residenti. Un gruppo di anziani vestiti di camicie a fiori e cappelli di paglia ti incitano innalzando cartelli rudimentali con frasi come “divertitevi”, “siete bellissimi”, “rendete i vostri genitori fieri di voi”. Sorridete pensando a come avrebbero vissuto il Coachella i residenti di un paesino italiano.
Una tempesta di sabbia avvolge l’area del parking, la prima che ti accoglie mentre ti avvicini agli ingressi. Se in questa zona tira vento, senza bandana e occhiali non c’è scampo. Inizi a fare tesoro dei consigli di chi è già venuto, che raccomandavano di essere ben protetti dalle intemperie naturali che qui sono tre: il gran caldo del giorno, il pericoloso freddo della sera, il vento. Basta non essere preparati a uno dei tre per rischiare quella che è iconicamente definita come Coachella fever (“febbre del Coachella”).
Una lunga marcia tra sassi, sabbia e polvere lascia presto spazio a una distesa di prato perfettamente curato. C’è chi, per farsi notare, approfitta di questo momento per salire su una cassa e rappare per le migliaia di persone che gli passano davanti. Per noi che abbiamo la fortuna di avere dei pass speciali, i controlli al metal detector sono rapidi e snelli. Ma lo stesso ci riferiscono per gli ingressi general admission: i flussi sono ben gestiti. I controlli dei bracciali sono automatizzati con appositi totem, dopodiché è necessario un rapido check dei documenti per poter avere il bracciale giornaliero che certifica la maggiore età per poter bere. Nel giro di pochi minuti, siamo dentro.
First reaction: shock
Il Coachella è esattamente come te lo immagini, ed è proprio questo a lasciarti in stato di confusione per almeno tutta la prima ora nel perimetro. Ritrovarsi davanti alla ruota panoramica o alla Spectra Tower – l’ormai emblematica torre arcobaleno al centro dello snodo degli stage – è come osservare il set di un film che conosciamo a memoria e avere quella strana sensazione di sentirsi a casa anche se di qui non si è mai passati (e forse non si pensava di riuscire davvero a passare, un giorno).
Letteralmente migliaia di Coachellers sbucano da ogni direzione. Come perfetto emblema americano, tutto è distante, tutto è ampio, tutto è volumizzato all’ennesima potenza per colpire forte sui tuoi sensi fin da subito. L’area VIP da cui sei entrato è talmente estesa da avere decine di punti ristoro e bar al suo interno. Fuori ce ne saranno un centinaio. Attivazioni di brand in ogni direzione. Fai una foto alla mappa del festival. Cerchi di ambientarti intercettando lockers, stazioni di ricarica dell’acqua, bagni. C’è un museo delle line up degli anni passati. Installazioni artistiche ovunque si guardi.
Gli stage sono nove e offrono musica di ogni tipo: nel momento in cui siamo entrati, sotto la tenda del Mojave risuona Messy cantata da Lola Young, mentre almeno duemila persone sono in fila per entrare nella Yuma Tent dal lato opposto del festival per il set di Damian Lazarus. C’è un singolo merchandise store per ogni artista in line up, mentre quello generale è talmente lungo da poter servire un centinaio di acquirenti nello stesso momento. Non sai da dove iniziare, sei tramortito.
I live iconici
Più si avvicina il tramonto, più “capisci” Coachella. La luce tinge di rosa le montagne sullo sfondo del main stage mentre Benson Boone canta la sua cover di Bohemian Rhapsody dei Queen. Sembrano una scenografia teatrale dipinta dietro le palme, così perfettamente allineate e omogenee da parere di plastica. La folla canta a squarciagola la gigantesca hit Beautiful Things, mentre a letteralmente cinquanta metri di distanza Tyla balla ad occhi chiusi mandando il pubblico in visibilio. Poco distante c’è il techno set di deadmau5 – qui con l’alias Test Pilot – e ZHU che suonano in back to back. Un’ora più tardi, deadmau5 sarà cacciato dal palco e il loro set interrotto: a quanto pare oseranno un po’ troppo col whiskey.
Nel frattempo, Lisa delle Blackpink sta distruggendo la Sahara Tent per qualche migliaio di persone che erano accampate qui già dalla mattina per non perdersi un secondo del suo live. Tutti urlano a squarciagola per lei. Tu, come una trottola, corri da un palco all’altro per catturare ogni istante della magia che esce da questi momenti. A fine giornata l’app Salute dello smartphone conterà quasi trentamila passi.
Verso la fine del pomeriggio del day one inizi a fare i primi ragionamenti. Al Coachella c’è da celebrare e da scoprire: se Missy Elliott e i Prodigy non ti deludono, come è normale che sia, resti estasiato dall’incredibile live del duo argentino di CA7RIEL e Paco Amoroso, che nel giro di un’ora offrono una varietà tale di generi musicali che non sai neanche a quale dei tuoi gusti musicali abbiano fatto esplodere il cuore. La sera le temperature scendono intorno ai tredici gradi. Lo show di Lady Gaga è talmente maestoso da essere più grande del Coachella stesso.
Il “Gagachella”
Le sere successive, Green Day e Post Malone onoreranno a dovere il palco del main stage, ma il 2025 verrà ricordato come l’anno del Gagachella. Un’esperienza musicale, teatrale, sensoriale. Nel day 2, i Keinemusik trasformano la Sahara Tent in un vero e proprio desert club, creando un’atmosfera mistica che cementa il ruolo dell’afro house come protagonista assoluto della scena elettronica.
Sullo stesso stage, per la tech house di Sammy Virji si radunerà forse una delle folle più grandi di sempre per un DJ debut alla Sahara Tent. A proposito, la dance è il genere musicale numero uno dell’edizione 2025, rappresentante di più del 40% di tutta la line up. È invece l’anno della crisi del rap, con solo l’11% dei nomi in tabellone.
Nel pubblico ci sono persone di ogni tipo: Gen Z, millennial, anziani, famiglie. Un senso di euforia pervade chi transita da queste parti. I gruppi si scattano selfie, le amiche che si alternano nel fare la foto perfetta sotto la ruota panoramica. Qualcuno si rilassa sul prato fumando un blunt, altri lo fanno con una birra in mano su una delle colline. C’è chi fa la fila per il merch di Travis Scott, chi per una brand activation di dubbio gusto. Chi balla tech house sotto gli alberi di carta del Do Lab, chi twerka sulle note di Mustard, chi poga durante i Prodigy.
Dave Grohl guarda il pirotecnico live dei Basement Jaxx con un sorriso stampato in faccia, Sara Landry e Indira Paganotto incrociano le braccia come gli sposini mentre brindano in console a suon di hard techno. Ed Sheeran, per la prima volta al Coachella, canta a sorpresa alle tre del pomeriggio con 35 gradi. Nell’aria il profumo di gelsomino danza con quello della marijuana.
I falsi miti
Coachella è una città, un parco divertimenti per adulti, un’unica grande installazione artistica in cui l’arte sono le persone stesse: modelle da milioni di followers, coppie di rocker, hippie settantenni che ti raccontano di essere alla loro ventesima edizione, fan del K-Pop vestite con otto sfumature di rosa e zainetto Hello Kitty, mentre una studentessa armena trasferita a Los Angeles è qui solo per Lady Gaga. Una coppia gay ti passa davanti con la maglietta “BRAT” verde fluo. La musica popolare sintetizza il presente e il futuro di ogni tempo, che nell’arco di tre giorni sfilano fieramente sotto i tuoi occhi.
I miti si sfatano uno dopo l’altro. Le persone cantano, sudano, ballano. Ci raccontano che in effetti il weekend 2 soffre meno FOMO da social media del weekend 1, tradizionalmente più frequentato da influencer e fan dell’ultimissima ora, e allora gli stage sono più “caldi”.
Nei giorni in cui siamo capitati noi, è più facile incontrare chi è qui da sempre e ha preferito aspettare per lasciar sfumare la febbre della corsa al contenuto per godersi i propri artisti preferiti senza un muro di smartphone davanti.
I prezzi non sono assurdi: con quindici o venti dollari è possibile pranzare o cenare, variando i pasti di giorno in giorno. L’acqua è gratis con le stazioni di ricarica, i drink costano diciotto dollari. Niente di tanto diverso dal resto dei prezzi in California, ma anche dai festival in tutto il mondo, Italia compresa.
Il festival per antonomasia
Velocemente ci si rende conto che dare contro al Coachella sia ovviamente una facilissima macchina da click e views. Sono decine i video TikTok di influencer vari che denunciano di aver pagato cento dollari per un taco e un drink. Non mi sento di dare un giudizio assoluto, perché alcune esperienze non ho avuto modo di viverle (ad esempio, le scomodità denunciate universalmente da chi è qui in campeggio), ma a primo impatto il confronto “Instagram vs. real life”è vinto a mani basse dall’esserci fisicamente. Nulla è lasciato al caso: quel che succede qui è il risultato di due mesi di lavoro svolto da quasi diecimila persone.
I bilanci finali riguardano gli addetti ai lavori e pochi altri interessati. La stragrande maggioranza di chi cammina su quel prato ha speso tra i seicento e gli oltre mille dollari per la musica e praticamente niente più.
Il luogo che nel 1999 voleva replicare Woodstock e che nel 2025 è proprietà dell’AEG Group di Philip Anschutz, leader mondiale dello sport e dell’entertainment, ha indubbiamente attraversato ere molto diverse negli anni e pensare tutto sia rimasto come durante il live dei Daft Punk nel 2006 è ovviamente utopico.
Il Coachella racchiude in tre giorni l’essenza definitiva dell’esperienza festival: primo giorno per assimilarla, il secondo per viverla, il terzo per realizzare che lo hai fatto davvero ed è già tutto finito. Qui si tocca con mano la grandezza massima, l’esposizione totale, il sapore del pop che arriva nel suo habitat definitivo e determinante, il palco.
Se la musica nella tua vita ha un ruolo più importante del sottofondo mentre guidi la macchina, almeno una volta nella vita vale la pena essere all’Empire Polo Club di Indio, California.
Articolo di Federico Piccinini