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Intervista a Lazza: fatiche e sogni del rapper dell’anno

Il rapper è il protagonista della nostra cover story del numero di settembre/ottobre dedicato alla musica classica. Abbiamo parlato con Lazza di ciò che gli ha insegnato, del dolore degli artisti, del valore del denaro, del rapporto con gli altri rapper e molto altro

Autore Silvia Danielli
  • Il15 Settembre 2023
Intervista a Lazza: fatiche e sogni del rapper dell’anno

Lazza, intervista al rapper dell'anno per la cover story dedicata alla musica classica. Foto di Jacopo Rossini

Nella nostra intervista a Lazza, protagonista della cover del nuovo numero di settembre/ottobre dedicato alla new classic e rapper dell’anno, il rapper ci racconta come affonda le sue radici nella musica classica ma che ha come suo orizzonte estetico e sonoro la realtà sonora contemporanea. Un numero davvero molto speciale per noi. Lo incontriamo una mattina di settembre in un territorio neutro come può essere la sede del suo ufficio stampa, così che possa respirare senza essere preso d’assalto dai fan. Indossa occhiali da sole avvolgenti, passa spesso la mano tra le ciocche del ciuffo, biondo da un po’. È visibilmente stanco, il giorno prima era alla mostra del Cinema di Venezia e la notte in giro per locali a Milano. Non si è ancora esibito all’Ippodromo (concerto epico che vi abbiamo raccontato).

In cover Lazza rapper dell’anno

Nell’intervista a Lazza ci dice: «Avevo bisogno di rivedere coi miei occhi. Non mi ricordavo più come fosse la mia città», e così si giustifica per le ore piccole. È in giro in Italia per l’ OUVER-TOUR Summer da mesi, tranne una breve parentesi di qualche giorno di relax a Ibiza. Ma non si lamenterà mai, nemmeno per un secondo, della stanchezza. «Per me è come stare in vacanza, quando salgo sul palco sto bene. Mi pesano solo gli spostamenti e quel preciso momento in cui sta per iniziare il concerto e tutti parlano tra loro per sistemare ogni cosa. A quel punto voglio solo iniziare».

I numeri di Lazza

Perchè Lazza è il rapper dell’anno? Ecco la risposta: 70 dischi di Platino, 37 dischi d’Oro, 21 settimane (non consecutive) al primo posto degli album più venduti con Sirio, il suo terzo album uscito nel 2022. Motivo per cui si è anche sentito di chiedere scusa a Vasco Rossi, perché aveva battuto il suo record di permanenza in vetta alla classifica (del 2011). Un tour nei palasport italiani. Il LAZZA OUVER-TOUR, tra aprile e maggio andato tutto esaurito, seguito dal LAZZA OUVERTOUR SUMMER che da giugno ha toccato i principali festival estivi (italiani e non), per un totale di 21 date. Per non parlare ancora del ben poco scontato secondo posto al Festival di Sanremo.

Intervista a Lazza

Dalla nostra intervista a Lazza: Nel numero di settembre/ottobre dedicato alla new classic, magari a qualcuno però potrebbe sembrare strano vedere un rapper in copertina. Ma tu hai iniziato dagli studi di pianoforte, hai sempre detto di amare la musica classica, hai pubblicato Sirio Concertos (l’album in versione acustica, solo pianoforte, voce e archi). Poi, a vederti con la canottiera davanti a un pianoforte, sempre qualcuno potrebbe storcere il naso.
L’ho fatto apposta. Non potevo indossare una camicia, dai. Sarebbe stato un po’ scontato. Comunque, stavo impazzendo a decidere cosa mettermi e alla fine mi sono detto: ma sai che c’è? Mi metto la canotta! Così sono davvero a mio agio e sono a casa mia.

Perché hai deciso di studiare pianoforte da piccolo?
Non saprei spiegarlo, sono rimasto affascinato dall’idea di poter diventare virtuoso. Sai cosa? Mi gasava l’idea che tutti mi guardassero, per un po’ di sano esibizionismo.

Non sono stati i tuoi a spingerti a studiare il piano?
No, sono stato io a 9/10 anni. Volevo distinguermi. Non volevo finire a giocare a calcio come tutti.

Quanto ti ha aiutato?
La formazione classica mi aiuta sempre. Innanzitutto, ho sviluppato una memoria incredibile. Quando dovevo dare gli esami al conservatorio se lasciavo gli spartiti alla commissione vedevo visto con una marcia in più. Quindi lo volevo fare.

Ti ricordi tutto e tutti?
Quello che mi interessa, ovviamente. Se non sto attento, no. Poi la musica classica mi ha aiutato davvero moltissimo nel senso che è in grado di cambiare il mio stato d’animo. Se ascolto Mozart placo l’ansia.

Hai lasciato il Conservatorio con un po’ di polemica?
Un po’. Però sono rimasto in contatto con molte persone. Il ragazzo che suona le percussioni all’Ippodromo era un mio compagno di corso! Ne avevo invitato anche un altro, un violinista incredibile, che però ora suona in un’orchestra di Marsiglia e non ce l’ha fatta. Poi verrà il mio maestro, Alex, ovviamente. Invece al Forum c’era la mia insegnante! Non è cambiata per niente: piccolina ma dalle mani belle pesanti! Poi era per farmi i complimenti eh: bravo! E ci dava dentro con una pacca sulla spalla. Lei mi ha detto che se dovessero bendarla e avesse davanti 1000 pianisti saprebbe riconoscermi subito! Mi vuole proprio bene!

Dei giorni nostri chi ti piace?
Stefano Bollani. Per quello che ho visto, è un genio.

Un esempio: anche Debussy ti aiuta?
Per me è troppo in là come periodo storico. Mi piace, ma non è la mia cup of tea o almeno non tutto. Dopo il romanticismo faccio più fatica. Di Chopin mi piace qualsiasi cosa, invece.

Intervista a Lazza
Intervista a Lazza, il rapper dell’anno

A proposito di Chopin (di cui hai un bel tatuaggio sul polpaccio) hai detto di amarlo perché è in grado di raccontare la vera sofferenza.
Sono sicuro che fosse una persona non dico triste ma decisamente emotiva. Si sente subito. Secondo me è con lui che nasce il pianoforte per come lo conosciamo oggi, prima era clavicembalo e forte piano. Potevi suonare i tasti in modo diverso ma il suono era sempre uguale. Con Chopin avverti una ricchezza di fraseggio incredibile poi. E poi il mio maestro di piano, Alex, che per me è come uno zio è polacco ed è lui che me lo ha fatto amare.
Guarda, io sono andato al funerale di suo padre e in quell’occasione lui ha suonato il Notturno di Chopin: da pelle d’oca, anche perché era uno dei brani su cui mi faceva esercitare di più e mi venivano meglio. Mi ha detto: al mio funerale sarai tu a suonarlo per me. Non so se ce la potrei fare, sarebbe un carico emotivo davvero troppo grande da sostenere. Me lo hanno chiesto per una persona che non conoscevo e non me la sono sentita.

Lazza racconta il suo rapporto con il denaro, il senso della sofferenza, le sue aspirazioni

È banale dire che alla fine l’arte scaturisce solo dalla sofferenza?
Vero. È lo stesso motivo per cui gli artisti non nascono in Duomo a Milano. Ho sempre pensato che se nasci senza soldi, forse i soldi ti risolveranno i problemi. Ma se nasci coi soldi, che cosa ti risolverà i problemi? Probabilmente se hai uno stato d’animo negativo hai anche il bisogno – forse – di sentire l’approvazione degli altri, qualsiasi sia la tua arte. Io faccio quello che faccio perché avevo questa esigenza di comunicare. Il dialogo sarebbe stato troppo immediato per me. Io avevo bisogno di pensare di più per riuscire a esprimerlo agli altri.

Ho 4 o 5 amici nell’ambiente. Alla fine tutti mi hanno fatto un dispettino. Uno che non finirò mai di ringraziare però è Emis Killa

Pensi ancora così: che i soldi risolvano?
Sai, per me i soldi sono un mezzo per fare quello che mi piace e per far star bene le persone che ho di fianco a me. Non mi interessano in sé. Quindi, per rispondere, non so quali problemi mi abbiano risolto.

Quando raggiungi risultati così eclatanti ti capita mai di pensare con un certo senso di vuoto: e ora? Cosa può aspettarmi ancora?
I risultati di questo disco mi hanno un po’ spaventato. Io tendo a non farmi aspettative, perché se non le rispetto ci rimango male. Però dopo questi numeri, a volte penso con un po’ di paura: e adesso cosa faccio? Io avevo un’ossessione che era arrivare proprio a tutti per far sapere alla gente quello che pensavo. Mi è andata bene che agli altri sia piaciuto quello che avevo da dire. Ma non volevo diventare famoso.

Adesso ti è rimasta qualche altra ossessione? Perché a tutti possiamo dire che tu sia arrivato, dopo Sanremo poi.
Mi piacerebbe collaborare realmente con gli artisti che mi piacciono all’estero. E per realmente intendo senza tirare in mezzo l’etichetta che paga una strofa 100mila euro.

Il rap italiano obiettivamente potrebbe sfondare all’estero?
Ci sono artisti che ti rispettano, altri che ti vedono come un bancomat, altri che non ti sopportano perché il rap lo hanno inventato loro. Però mi è capitato di andare a cena con alcuni rapper enormi (e mi spiace ma non posso proprio farti i nomi) e i loro manager e mi hanno detto che non hanno mai sentito niente di simile a quello che ho fatto io. Per loro un disco (non un singolo) che sta in classifica 21 settimane e raggiunge 7 platini non esiste proprio. Solo Drake, Post Malone, The Weeknd, Beyoncé, Rihanna raggiungono quei risultati.

Questo ambiente è davvero molto stressante come dicono in tanti? Hai degli amici?
Ho 4/5 amici stretti nell’ambiente senz’altro ma se ci devo pensare bene, tutti mi hanno fatto almeno un dispettino. Ieri sera però ero con Emis Killa che considero davvero un amico e ho voluto ringraziarlo perché se lui non avesse pubblicato Keta Music io non avrei mai fatto i soldi! Quell’album mi ha fatto venire fame. Io in Emiliano vedevo proprio un artista diverso da tutti gli altri. Quando facevo le gare di freestyle lui era già un dio rispettato a tutti. E poi, tutti andavano in giro con i baggy trousers da rapper, lui invece andava con la collana di perle e il ciuffo piastrato e sembrava uno del P:Gold.
Poi saliva e li ammutoliva tutti. Anche io mi sentivo un po’ diverso perché mi rinfacciavano il fatto di frequentare il Conservatorio. Ancora oggi arriva lo scemo di turno e mi dice: “Tu non sei di strada perché hai fatto il Conservatorio”. Ma cosa c’entra? Io sono stato solo più furbo. La strada l’ho vissuta da piccolo e continuo a vederla anche oggi.

Leggi tutta l’intervista a Lazza, il rapper dell’anno.

Il numero di settembre/ottobre, oltre a contenere l’intervista a Lazza: il rapper dell’anno, è dedicato alla new classic

Il numero di settembre/ottobre è davvero un’edizione speciale del nostro magazine, per la prima volta ci addentriamo nel mondo della “new classic”, che affonda le sue radici nella musica classica ma che ha come suo orizzonte estetico e sonoro anche la realtà sonora contemporanea.

Lazza, il rapper dell’anno, è in questo caso una autentica punta di diamante in relazione al rapporto tra il successo e un percorso accademico. Ma anche Dardust è un altro esempio di coraggio e visionarietà, e nel nostro numero ci ha raccontato con dovizia di particolari la sua formazione e il suo modo di collegare il passato e il presente, provando a costruire un ipotetico futuro.

In questo numero omaggiamo il grande Ezio Bosso. Personaggio al contempo poetico, carismatico e accessibile, in grado di coniugare accademia, intrattenimento, classicità e contemporaneità.

Leggerete un’ampia carrellata di interviste ai nuovi protagonisti della new classic. Francesco Tristano, Davide Locatelli, Federico Albanese. E poi Alessandro Martire, Cesare Picco, la giovane e promettente Effe Effe, il direttore d’orchestra Giuseppe Califano, il trio Stellare.

Il racconto di una visita agli Archivi Ricordi, luogo quasi segreto, dentro la Pinacoteca di Brera ma non chiamatelo così perché la sua funzione è di essere una porta sempre aperta per la comprensione della storia (anche imprenditoriale) della musica italiana. Una retrospettiva su Ludovico Einaudi. E tanto tanto altro.

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