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Marracash si è messo l’anima in pace, ma è ancora in guerra

Non c’è disco in cui Marra non si sia distrutto per ricostruirsi e in cui non abbia perso la pace per vincere la guerra. Stavolta, però, lo fa con una differenza che cambia tutto: l’accettazione di sé e la riappacificazione tra quello che è e quello che il mondo vorrebbe che fosse

Autore Greta Valicenti
  • Il13 Dicembre 2024
Marracash si è messo l’anima in pace, ma è ancora in guerra

Marracash, foto di Andrea Bianchera

La prima volta che ho varcato le porte dello studio della mia psicoterapeuta è stato una mattina (ovviamente piovosa, come si confà ad ogni giornata carica di inquietudine) d’autunno del 2020. Quella di chiedere aiuto per trovare il bandolo della matassa di pensieri che dall’adolescenza in poi si erano irrimediabilmente aggrovigliati nella mia mente era una decisione che ormai vagliavo da tempo. Ma una certa ansia ogni volta allontanava il pensiero. E se scoprissi qualcosa di me che non mi piace?, (è successo) era la domanda che più di tutte mi attanagliava e che mi faceva desistere.

Finché non sono arrivata quasi al termine dell’università – con quell’inesorabile sensazione comunemente conosciuta come “paura del futuro” che ogni fine si porta dietro -, sono incappata in una frequentazione malsana e la scelta di andare in terapia mi è sembrata l’unica possibile per mettere un ordine al caos che più spesso di quanto vorrei trova alloggio nel mio cervello portandomi in territori non propriamente piacevoli da esplorare.

Se è vero che “La mente mente, trova nuovi modi ingannarmi”, la mia lo fa da sempre benissimo. E quando succede la mia psicoterapeuta mi ripete una frase: “Stai nel qui e ora”. Un monito che a mia volta mi ripeto quando sono sola e la mia testa inizia a viaggiare e che riesco a mettere in pratica solo in un modo. Infilandomi un paio di cuffie e premendo play. Persona, Marracash, Status, Noi, Loro, Gli Altri, a ripetizione, anche ascoltando più volte di fila la stessa canzone. Ecco, nel mio qui e ora Marracash c’è sempre stato.

Con “È finita la pace” Marracash chiude la trilogia iniziata con “Persona”

E la sua presenza è strettamente collegata a un pensiero che se da una parte mi affascina, dall’altra mi inquieta. Come è possibile che qualcuno descriva così dettagliatamente le tue sensazioni, i tuoi traumi, le tue prigioni mentali e i tuoi meccanismi più oscuri senza neanche conoscerti? Come si può riconoscersi così tanto in qualcuno che ha un’esperienza di vita tanto lontana dalla tua?

La musica, nel bene e nel male, anche quando non dice niente, ci dice sempre qualcosa. E se certi artisti sembrano parlare alle nostre anime in un modo particolare, Marracash parla alla mia – e a quelle che vengono dal suo stesso niente – come probabilmente nessuno ha mai fatto. E ascoltare quel “Non cercarmi sto in un altro universo, un pianeta in cui mi sono perso, me stesso. Stai nel qui e ora” in Detox/Rehab, la quinta traccia di È finita la pace, il nuovo album di Marracash uscito oggi a sorpresa, non ha fatto altro che rafforzare questa convinzione. E anche tante altre.

In primis, quella saltata agli occhi di tutti coloro che stamattina alle 7:01 sono stati i mittenti o i destinatari del messaggio “È uscito il nuovo album di Marracash”: ossia che quel Kendrick LaMarra del 64 Barre di Vittoria oggi è stato più vero che mai. Per chi conosce il modus operandi del King del rap non sarà una novità sapere che Marra ha chiuso il disco solo una settimana fa, come racconta durante la conferenza stampa di presentazione. E per questo l’album è ricollegabile alla stretta, anzi strettissima, attualità, un momento storico in cui “Il Pianeta è una polveriera per guerre e sconvolgimenti, in cui il futuro è pervaso di ansia e inquietudine”.

Il burn out dopo il Marrageddon

Ancor meno sorprendete sarà apprendere che anche in questo caso la stesura del disco è stata piuttosto tormentata. Quasi una prigione da cui si può evadere solo “buttando fuori i tuoi pensieri, o finiranno per ucciderti”. E dunque facendo scoppiare quella bolla a orologeria in cui si è rinchiuso dopo quell’evento storico per il rap italiano che è stato il Marrageddon. “Sono stato recluso per un bel po’ perché ho avuto quello che una volta si chiamava esaurimento nervoso e oggi si chiama burn out. Dopo il Marrageddon mi sono ritrovato a chiedermi “E adesso che cazzo faccio?”, spiega Marra. “Ti rimane un grande vuoto perché dopo una cosa del genere, dopo tutti questi anni pieni di cose resta un silenzio assordante”.

Un vuoto che Marracash ha colmato facendo la cosa che gli riesce meglio. Scavarsi dentro, guardare fuori e scrivere tutto nero su bianco nel suo disco più personale in assoluto. E non solo per la totale assenza di altri nomi che avrebbero interferito nella catabasi di Marra, ché – come ribadisce in Happy End – “featuring guest non ne ho bisogno, il disco lo carrio da me”), ma perché È finita la pace è la riflessione di un uomo – e non solo di un artista – che è arrivato al momento più complesso per tutti, quello del tirare le fila di una vita e di una carriera che lo hanno elevato ad un olimpo difficile da eguagliare.

Uno “Status” intoccabile

Lo status di Marracash è quello di un intoccabile, di un venerato maestro. E per questo può essere anche il solito stronzo che osa ciò che per i rapper sembra inosabile (“Hanno passato anni a dire che le donne sono troie, quando in realtà le vere troie siamo noi”) e che non teme di pronunciare La parola che nessuno riesce a dire, facendosi carico di una rabbia individuale prima e collettiva poi. Tutto è sezionato nei minimi particolari con quella sincerità brutale che trasforma la sua penna in una lama. La società, la politica, e soprattutto lui stesso.

Qualcuno potrebbe dire che c’è del masochismo in questo, e non avrebbe tutti i torti. In effetti non c’è disco in cui Marra non si sia distrutto per ricostruirsi, in cui non abbia ucciso Marracash per ritrovare Fabio. Stavolta, però, con una differenza che cambia tutto. L’accettazione di sé e la riappacificazione tra quello che è e quello che il mondo vorrebbe che fosse.

Marracash, perdere la pace per vincere la guerra

“Una cosa che arriva quando capisci che la vittoria e scegliere di essere sé stessi. In Dubbi mi tormentano perché mio fratello ha una famiglia e io no. Ora in Lei dico che probabilmente non troverò mai la donna giusta e va bene così. Sono una sbandato, sì, ma ho vinto comunque”. E questa, forse, è la vera Vendetta di cui parlava dieci anni fa nel disco che ha camminato affinché Persona, Noi, Loro, Gli Altri e È finita la pace potessero correre. La vendetta – o rivincita – di un uomo che ha abbracciato la sua diversità e che per farlo ha dovuto “perdere la pace per vincere la guerra”, quella fuori e quella dentro. Ma che è già pronto a iniziarne un’altra, forse tra un anno, forse tra cinque. Forse ancora massacrante o magari in discesa. Perché anche se ora l’anima è in pace, Marracash è ancora in guerra.

E se “Ora non c’è più nemmeno l’arte a consolarci”, in un mondo in cui la maggior parte della musica è industriale insegue un algoritmo effimero che sceglie per noi rendendoci meno liberi, sapere che esistono ancora artisti come Marracash, che alla direzione più semplice ha sempre preferito quella ostinata e contraria a costo di combattere coi mostri, è davvero l’ultimo vero spiraglio di conforto. È finita la pace, viva la pace.

Con la pubblicazione del disco è stata annunciata anche una seconda data a San Siro il 26 giugno. Qui l’elenco completo delle date.

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