Sicuri che “School of Rock” abbia fatto bene al genere?
È caduto da poco il ventennale del film blockbuster con Jack Black: col senno di poi, più pietra tombale che traghettatore del rock verso le nuove generazioni. Con questo spunto inauguriamo la rubrica “Soundcheck”, dedicata a tutte le sfaccettature della cultura rock and roll di ieri, oggi e domani
È da poco caduto il ventennale esatto di un film che a modo suo ha segnato un’epoca. Il fortunatissimo School of Rock (131 milioni di dollari di incassi al botteghino a fronte di 35 milioni di budget) usciva infatti il 3 ottobre 2003. Una vita fa per l’industria musicale: Napster era ancora un ricordo recente, il fenomeno BitTorrent svuotava le casse delle major, la grande novità del momento era iTunes e lo streaming era ancora tutto da venire.
Il rock a cavallo del cambio di millennio
Proprio intorno a quel periodo si è verificato un trapasso tanto silenzioso quanto rapido che ha modificato radicalmente il panorama musicale mainstream e che oggi constatiamo in tutta la sua evidenza: la quasi totale scomparsa del rock dalle classifiche e, più in generale, dalla cultura giovanile. Un trauma per molti, più obiettivamente un normale avvicendamento dopo mezzo secolo di enorme impatto sull’immaginario collettivo.
Dopo gli speculari tsunami di grunge e britpop negli anni ‘90, a inizio millennio il rock “da classifica” (usiamo pure questa espressione) sopravviveva in alcuni rigagnoli come pop punk, nu metal, indie rock (calderone dagli Strokes ai White Stripes), emo rock (forse l’ultimo movimento rock che abbia coinvolto in massa la cultura giovanile).
A parte i revival e le giuste operazioni nostalgia (chi non ha accolto con una lacrimuccia la notizia della reunion dei Blink-182?), si tratta in genere di esperienze che hanno lasciato molto poco dietro di sé. A livello di album memorabili, di innovazione stilistica, più in generale di contenuti.
“School of Rock” ha ucciso il rock?
Inizialmente avrei voluto dare a questo articolo un titolo come “Il rock è morto e School of Rock è l’assassino”. Ma ho cambiato idea per un paio di motivi.
Prima di tutto (chiamatemi pure irriducibile o idealista), mi rifiuto di credere che il rock – come appunto da anni sentiamo ripetere da ogni tipo di commentatore – sia clinicamente “morto”. Il fatto che non abbia più un impatto sulle classifiche non significa che quel tipo di cultura musicale non abbia più niente da dire. Il senso di disorientamento è grande ma là fuori esistono pubblico, artisti, festival. Insomma, un circuito perfettamente funzionale che è solo in attesa del giusto allineamento di pianeti per tornare in grande stile.
Secondo, la classica questione se sia nato prima l’uovo o la gallina. Affermare che School of Rock abbia ucciso il rock significherebbe dare al film un’importanza che non ha avuto, non in quei termini perlomeno. Anche perché, come abbiamo ricordato prima, il rock and roll già non se la passava troppo bene in quel periodo (ma nessuno se ne accorse allora).
Il problema di “School of Rock”
Tuttavia possiamo affermare che School of Rock, col senno di poi, non ha giovato al rock. In teoria un film di enorme successo come quello avrebbe dovuto traghettare la cultura rock verso le nuove generazioni. Di fatto oggi appare più come il canto del cigno, se non – a voler essere cattivi – una pietra tombale.
È vero: tutti ci siamo scaldati il cuore a vedere dei bambini suonare – nella loro goffa purezza – i pezzi degli AC/DC e dei Deep Purple. Il problema è che questa visione del rock and roll formato “famiglia Mulino Bianco” comporta il completo azzeramento di tutto il potenziale trasgressivo e – perché no – sovversivo del genere.
School of Rock ha anche contribuito a consolidare la già cronica tendenza del rock alla museificazione e alla “antologizzazione”. A scorrere la colonna sonora sembra di vedere una qualsiasi lista dei “più grandi gruppi rock di tutti i tempi”. Uno sguardo tutto rivolto al passato, incentrato sul prevedibile periodo ‘60/70. Nel mondo di School of Rock le band contemporanee sono una mosca bianca, non ci si prova neanche a immaginare il futuro.
Il mondo hip hop
Facciamo un esperimento mentale. Immaginiamo per un secondo che fra una settimana o un mese esca un film intitolato School of Rap in cui dei bambini rappano allegramente le barre del trapper medio americano di oggi. O anche, andando a ritroso, certi pezzi di Eminem, 50 Cent, Snoop Dogg, Cypress Hill, N.W.A, Ice-T. Assurdo, no?
Sarebbe impossibile perché, chiaramente, non è musica per bambini. Perché si tratta di testi “pericolosi” o che comunque affrontano in modo diretto certe spigolosità della vita e della società. La gente lo sa, e nessun regista si sognerebbe di fare di quel mondo un prodotto per famiglie. Nel momento in cui ciò venisse meno, beh, qualcuno dovrebbe iniziare a preoccuparsi.
L’hip hop, per fortuna dei suoi artisti e dei suoi fan, non si trova nella fase in cui era la cultura rock dopo il cambio di millennio. Ma per quanto tempo ancora?