Ms. Lauryn Hill voleva raccontare la sua storia e ha finito per scrivere quella dell’hip hop
Il 25 agosto 1998 la rapper e cantautrice di East Orange pubblicava quello che sarebbe diventato una delle pietre angolari della musica black. Venticinque anni dopo, l’eredità lasciata da “The Miseducation of Lauryn Hill” è più viva che mai
Estate 1993, New York. L’11 agosto, un giovanissimo Clive Campbell, ai più conosciuto come Dj Kool Herc, insieme a sua sorella Cindy organizza un party che avrebbe gettato il primo seme per una rivoluzione musicale. Quell’atto che in apparenza era solo puro desiderio di evasione, è però qualcosa di più. Dà infatti i natali ad una cultura che da cinquant’anni fa innamorare milioni di b-boy e di b-girl in tutto il mondo. Cinquant’anni. Né troppi, né pochi, ma abbastanza per sfornare dei dischi considerati dei veri e propri culti tramandati come miti di generazione in generazione. Ce n’è uno, però, cruciale. E non solo perché esce proprio nell’anno centrale del mezzo secolo. Ma perché la sua autrice, raccontando la sua storia, ha scritto quella dell’hip hop (e non solo). Ms. Lauryn Hill ha solo 22 anni quando pubblica il suo album manifesto, The Miseducation of Lauryn Hill, un kolossal destinato a esplodere come una bomba a orologeria.
Ci sono dischi che rimarranno sempre circondati da un’aura di leggenda, e The Miseducation of Lauryn Hill è indubbiamente uno di questi. E i motivi sono molteplici e complessi. Non è possibile infatti prescindere per la storia di Miseducation dai suoi antefatti, dal suo luogo di composizione e registrazione – i Tuff Gong Studios a Kingston, in Giamaica, dove lo spirito santo di Bob Marley aleggiava considerevolmente. E dove i presenti si impegnavano affinché nessuna vibe malsana potesse intaccare la creatività di Hill – e dai suoi strascichi negli anni a venire. Dalle sue controversie e dall’impatto culturale irripetibile che l’ha seguito. Dalla sua genesi e dalla sua eredità, la cui fiamma è e sarà sempre vivissima.
“The Miseducation o f Lauryn Hill”: il primo e unico album solista
The Miseducation of Lauryn Hill è a tutti gli effetti l’unico album solista di quella che è considerata all’unanimità la più grande rapper di tutti i tempi (nella sua rap report card, Kool Moe Dee le aveva piazzato una A+, assegnandole un punteggio di 97 sommando le dieci categorie di giudizio. Il più alto di tutti, persino di Nas, Biggie e Pac).
In direzione ostinata e contraria
Dopo quel disco, Lauryn Hill è ormai un’icona mondiale. Le riviste fanno a gara per averla, diventa la prima artista hip hop a comparire sulla copertina del Time. E tutti la riconoscono come il punto di incontro perfetto tra l’hip hop e il mainstream. Tuttavia, decide di proseguire nella direzione che segue da sempre: quella ostinata e contraria, come solo le ragazze che vogliono fare la rivoluzione sanno fare. Anziché farsi illuminare dalle luci dei riflettori, sceglie l’ombra (pubblicando solo MTV Unplugged No. 2.0 nel 2002). Rinuncia alla possibilità di portare avanti un tour prolungato in nome della sua famiglia (e a causa della non troppo positiva esperienza con i Fugees. Segnata in particolare dal turbolento incrinarsi dei rapporti con Wyclef Jean), sebbene la risposta del pubblico alle date annunciate fosse stata immediata e strabiliante.
Ma Miseducation ha già le sue ali per prendere il volo. E a Lauryn basta e avanza per lasciare un segno indelebile nella storia della musica mondiale. Il disco infatti debutta al primo posto della Billboard 200, vendendo quasi mezzo milione di copie in soli sette giorni dall’uscita e rimanendo in classifica per le novanta settimane successive.
Ms. Lauryn Hill: «Mi consideravano una che porta guai, una personalità distruttiva»
«Ho iniziato a suonare in tour perché avevo bisogno di mantenere me stessa e la mia famiglia. La gente voleva farmi a pezzi o usarmi per i loro scopi, non per supportare la mia creatività», dichiarerà poi Ms. Lauryn Hill in una delle rare interviste rilasciata a Rolling Stone. Se infatti The Miseducation of Lauryn Hill è un album profondamente intriso di «amore, passione e intenzione», una giovanissima Lauryn ha dovuto fare i conti con una montagna di energia negativa che minacciava la sua arte e la sua persona.
Una continua sfida alle convenzioni e al conformismo
In primis quella della sua etichetta discografica, che spingeva per confezionare un prodotto più leggero e spendibile e per affiancarle altri artisti durante la lavorazione, tra cui RZA del Wu-Tang Clan. Ma Lauryn – da vera miseducated – non vuole saperne, e non lascia che qualcuno possa mettere bocca sulla sua musica. «Ehi, è il mio album. Chi può raccontare la mia storia meglio di me?», dirà lapidaria. In secondo luogo – come racconta – sfidare le convenzioni e il conformismo. Da una parte per soddisfare e superare le aspettative dell’industria e del pubblico (ormai alle stelle dopo un album della caratura di The Score), dall’altra per distruggere quell’immagine distorta che molti avevano dipinto di lei.
«Mi consideravano una che porta guai, una personalità distruttiva, non una persona che proponeva soluzioni e opzioni a gente che non ne aveva, che mostrava bellezza dove prima regnava l’oppressione, che dimostrava il funzionamento di paradigmi culturali diversi», continua Ms. Lauryn Hill. Ed è proprio in queste parole che si cela l’essenza di Miseducation. Un’opera autobiografica che contiene in sé un messaggio universale, quasi un romanzo di formazione collettiva. Un lavoro che, come ricorda Ms. Lauryn Hill, «rappresenta davvero il risultato di una vita d’amore, saggezza, famiglia e comunità. La sublimazione delle mie esperienze, delle relazioni, dei sogni, dell’ispirazione, delle aspirazioni e dell’onnipresente grazia di Dio, vista attraverso gli occhi di una ventenne con la saggezza di un’anziana».
“The Miseducation of Lauryn Hill”: un’opera autobiografica con un messaggio universale
Un compendio dunque di spiritualità cristiana, saggezza rastafariana, riflessioni ecumeniche sulla vita e il suo ciclo. Di radici ancestrali, indipendenza, empowement e liberazione dall’oppressione. Ma anche emancipazione (che non a caso è una delle primissime parole che compaiono nell’album in Lost Ones) attivismo («Ho scritto un album sul razzismo sistemico, su come reprime la crescita e come fa del male. E ben prima che questa generazione ne parlasse apertamente. […] È tutto nei testi, c’è il desiderio di vedere la mia comunità prendere la sua strada. Identificare e confrontare ostacoli interni ed esterni, vivere l’amore e capire che amare te stessa ti trasforma», raccontava) e amore.
In particolare per il figlio Zion, il primogenito avuto dalla relazione con Rohan Marley, figlio di Bob. Al piccolo, che Hill riconosce come ciò che l’ha liberata dalla sua «siccità emotiva e spirituale», dedica uno dei brani più ispirati di tutto il disco. Che vede la partecipazione di uno straordinario Carlos Santana e che J. Cole (solo uno degli innumerevoli artisti che riconosce in Ms. Lauryn Hill un faro a cui guardare) campionerà in Can I Holla At Ya.
Un amore talvolta tormentato (come in Ex-Factor, in cui la dolcezza e il calore della voce di Lauryn scivolano sinuose come il velluto pur veicolando un contenuto duro come quello di un rapporto tossico che non ha lasciato altro che dolore), poi sereno, riappacificato e appassionato (come in Nothing Even Matters, in cui Hill è accompagnata dalla voce divina di D’Angelo), virando verso l’espiazione del male e la chiusura con un passato che tanto l’ha fatta soffrire e che diventa spinta propulsiva della sua narrazione per guardare al futuro.
Un passato ormai lontano
“My world it moves so fast today, the past it seems so far away”. Canta nella title track mentre le note di un pianoforte scorrono malinconiche e mentre prende coscienza del completamento del suo cambiamento. Ma la pace, per Lauryn, sembra ancora lontana. O almeno lo sarà finché non si sottrae agli occhi indiscreti dello showbiz. Un mondo pronto a masticarti per poi sputarti via e di cui non manca di evidenziare le storture, parlando di “soppressione degli artisti”. Una soppressione a cui Lauryn non si piegherà mai. Fuggirà in tempo, per salvare la sua famiglia e se stessa. Per trovare un equilibrio e cercare «equità e correttezza». Fuggirà, sì, ma non prima di lasciare al mondo un regalo inestimabile che, venticinque anni dopo, fa ancora parte della (dis)educazione di tutti quelli che della propria arte fanno rivoluzione.