Le Wet Leg si sono innamorate
Non più un duo, ma una band a tutti gli effetti. Con “moisturizer” Rhian Teasdale e Hester Chambers esplorano tutti i lati dell’amore, sperimentando, guardando al pop, ma senza perdere quel tocco ironico e spregiudicato che le contraddistingue

Foto di Iris Luz
«Pronto 999? Ho un’emergenza…mi sono innamorata».
Questo non è solo il bridge del singolo CPR, ma è la sintesi di moisturizer: le Wet Leg hanno questa capacità di non farti mai comprendere del tutto fin dove arrivino lo scherzo e l’ironia. Il loro è uno sguardo fintamente distaccato perché in realtà le cavie di quei sentimenti e di quelle sensazioni di cui cantano e con le quali fanno pogare e ballare il pubblico, sono loro: Rhian Teasdale e Hester Chambers. Che poi oramai forse è anche sbagliato utilizzare il femminile perché da quando hanno iniziato a lavorare al secondo album, non sono più un duo. Gli ex turnisti Josh Mobaraki, Ellis Durand e Henry Holmes sono diventati membri a tutti gli effetti, partecipando alla scrittura nell’Airbnb nel Suffolk dove sono state concepite le nuove canzoni.
Dopo il folgorante debutto Wet Leg, con tanto di doppio Grammy, le due artiste dell’isola di Wight hanno dovuto affrontare il successo e l’idea che i fan e la critica si erano fatte di loro. Suonare e comporre nuova musica è diventato lo stratagemma per non farsi vincere dalla pressione. Se il primo album era nato dopo la fine di una relazione di Rhian, questo secondo parte dalla situazione opposta. La cantante, in parte ispirandosi alle proprie vicende personali, affronta tutti i lati dell’amore. Dall’innamoramento improvviso della già citata opening CPR fino alla disillusione convinta e sbarazzina di mangetout. In questo processo di razionalizzazione e scoperta, la band riparte ancora da Dan Carey ma stavolta espande i propri confini approfondendo quei lati più pop che già si intravedevano nei ritornelli irresistibili del disco precedente.
Sia chiaro, moisturizer rimane comunque legato in maniera inscindibile al mondo di influenze dal quale le Wet Leg sono sorte. Il primo singolo catch these fists, uno dei banger dell’album, non stonerebbe nella tracklist del debutto. Le note di chitarra elettrica ridondanti e calamitanti del ritornello, la rabbia femminista e la ridicolizzazione del machismo ritornano più frizzanti che mai.
Wet Leg are in Love
Se c’è una cosa in cui le Wet Leg sono veramente le numero uno è nello scrivere o alludere al sesso. Doppi sensi testuali – come dimenticarsi la “Big D” di Chaise Lounge – che si traducono in soluzioni sonore travolgenti che mascheravano in realtà una tenerezza inaspettata. Rhian e Hester ricordano quegli amici/che sempre con la battuta pronta, capaci di sdrammatizzare su qualsiasi cosa, anche quando in realtà nel profondo sentono tutto in maniera esponenziale. Un meccanismo di difesa che in questo disco emerge in modo meno evidente. Sì, c’è l’episodio noise punk di pillow talk, ma appunto lì si parla di lussuria e attrazione. C’è pure il ritmo forsennato di jennifer’s body, seppure meno incisivo rispetto a tanti altri brani della band che ricalcano quel medesimo stile.
Poi però si rimane spiazzati dall’indie rock “sdolcinato” di davina mccall. Un brano atipico sorretto dagli accordi di acustica. Come se le Wet Leg giocassero per un attimo a fare i Wednesday, ma evitando volontariamente tutti i loro spigoli, dal folk alle derive hard rock. Il terzo singolo estratto è una dichiarazione d’amore senza filtri dove la melodia rimane comunque centralissima. Non mancano dei riferimenti alla cultura popolare, tipici della scrittura del gruppo. Prendi il verso: «I’ll be your Shakira, whenever, whenever». don’t speak funziona ancora meglio essendo più muscolare. Un brano in cui la chitarra elettrica è la vera protagonista con riff e brevi assoli e durante il quale gli anni Novanta travolgono l’ascoltatore. Un grunge cantato con la leggerezza del pop estivo.
Ovviamente non è tutto rose e fiori. Rhian e Hester mantengono intatto il loro spirito ribelle e libero, soprattutto quando si tratta di fuggire da una storia d’amore. mangetout è il vero gioiello del disco. Perfetta sintesi tra vecchio e nuovo. Irresistibile, “crudele” e dolce, con un giro di basso accattivante. Non ci si scatena, ma si balla a tempo provando soddisfazione. liquidize ha un pattern molto simile, anche per quanto riguarda la descrizione della controparte amorosa. Il “potere”, se così possiamo definirlo, ce l’ha apparentemente l’io narrante. L’uomo o l’amante dall’altro lato sono accidenti fortunati o sfortunati da affrontare.
Sperimentalismo ed esperienza live
Quando hanno iniziato a lavorare a moisturizer, le Wet Leg si sono poste solo un obiettivo: scrivere canzoni che fossero divertenti e funzionali per essere suonate dal vivo. Senza lasciarsi condizionare da aspettative o da quanto già fatto in precedenza. pond song è proprio uno di quei brani che vive della performance live, soprattutto pensando all’esplosione del ritornello. Deep in love è la frase centrale accompagnata dal melodico riff di chitarra elettrica. Questa volontà di scrivere senza porsi limiti stilistici e concettuali, se non appunto l’amore che ritorna in ogni pezzo, porta la band a esplorare nuovi pianeti.
pokemon è uno degli esperimenti più audaci del disco in cui i sintetizzatori anni Ottanta accompagnano uno dei ritornelli più pop dell’album. La produzione di Dan Carey, che in passato, ricordiamolo, ha prodotto anche popstar come Kyle Minogue, equilibra l’indie rock a un certo tipo di dancefloor rallentata, ma comunque catchy. Non ci stanchiamo di ripeterlo, le Wet Leg sanno scrivere ritornelli.
11:21 è invece una ballad che ricorda gli Arctic Monkeys di AM, ma senza parole celebrali. La semplicità del testo la rende una canzone con la quale si può facilmente entrare in contatto. Interessante l’evoluzione vocale di Rhian che sul finale fa coppia con i fiati. La sorpresa più interessante del disco. L’esibizione al Tiny Desk l’ha già resa una delle preferite dai fan. u and me at home chiude rimanendo nel territorio dell’indie rock con un ritornello corale pensato per essere cantato da tutti dal vivo per poi attraversare i confini, con il crescendo strumentale del bridge, e tornare nella contea del post-punk.
moisturizer non è una vera e propria evoluzione delle Wet Leg, più che altro è uno dei possibili seguiti di un debutto che avrebbe potuto condannare il gruppo a inseguire. È un album solido, coerente e che, come il precedente, scorre via senza risultare mai pesante e regalando dei picchi di divertimento mai fine a se stesso. Anzi, il tocco sentimentale qua è più marcato e si “mangia” parte dell’umorismo sagace e piccante. Non ci si adagia mai sugli allori dalle parti di Rhian e Heste, questo è sicuro. Sono troppo innamorate per farlo.
Le Wet Leg saranno protagoniste agli I-Days Milano Coca-Cola il prossimo 15 luglio, salendo sul palco prima di Olivia Rodrigo.