Interviste

Mecna ha intervistato per noi FKJ

Si sono trovati al Locus Festival lo scorso sabato. E abbiamo pensato di farli chiacchierare un po’. Ecco l’intervista che Mecna ha realizzato per noi a FKJ

Autore Billboard IT
  • Il29 Luglio 2019
Mecna ha intervistato per noi FKJ

Umberto Lopez

Si sono trovati entrambi a esibirsi lo scorso sabato, 27 luglio, al Locus Festival a Locorotondo. Da una parte Mecna, importante voce del panorama hip-hop del nostro Paese. Dall’altra parte c’è invece FKJ, polistrumentista e nome di grande rilievo dell’elettronica di oggi.

Abbiamo pensato di unire questi due mondi che, in realtà, hanno molte cose in comune. Ecco l’intervista di Mecna a FKJ (French Kiwi Juice) realizzata poco prima dei loro live al Locus Festival (qui i prossimi appuntamenti).




A partire dalle tue live session dei video e di tutto ciò che riguarda la parte visual del tuo progetto è molto evidente una ricerca, una cura particolare dell’estetica. Quanto conta questo aspetto e perché?

È molto importante. Non mi sono mai chiesto perché fosse così, immagino semplicemente che ho sviluppato un certo gusto, molto definito. Ad alcuni piace mentre altre persone non ci si sentono in sintonia. Mi piacciono in generale le cose che hanno un “sapore”, che sia cibo o che sia un’immagine. La parte visual è così preponderante probabilmente perché sono sempre stato appassionato di fotografia, vestiti, viaggi (tutti i diversi paesaggi che ho incontrato mi hanno dato una certa visione estetica).


Le tue produzioni sono estremamente eclettiche, da cosa parti per creare un beat? Fai diggin da dischi super sconosciuti, lavori con il computer o prendi in mano uno strumento e tracci la melodia? 

Ho soprattutto due processi creativi: per quanto riguarda il primo, più “standard”, mi trovo in studio o a casa e suono con uno strumento. Attraverso un’attitude di gioco capita che la melodia si manifesti spontaneamente. A volte, invece, la melodia esce quando faccio qualcosa di molto distante dalla musica: che sia camminare, cucinare, quando sono in bagno. Sono due diverse direzioni. Una nasce dal suonare. L’altra direttamente dalle idee.

Che macchine utilizzi per produrre? Sei appassionato di strumentazione vintage analogica? 

Non ha davvero molta importanza, può essere uno strumento analogico come no. Non do molto rilievo al mezzo che uso: ci sono idee diverse per strumenti diversi, non sono legato ad una direzione univoca, mi piace saltare da una soluzione all’altra, tendo a usare tante varietà di chitarre, percussioni, fiati.


Come decidi quale cantante o artista mettere in un determinata produzione? Come associ la voce alla produzione? In quelle rare volte in cui coinvolgi altri cantanti, altre voci nei tuoi pezzi, cosa cerchi nelle voci? 

Considero la voce come uno strumento. Faccio pochissime collaborazioni con cantanti: lo faccio quando il timbro dello strumento e della voce è molto particolare. All’inizio le voci che usavo erano sample, presi e scaricati dal repertorio rnb, Motown degli anni ’90. Li ascoltavo acapella e estrapolavo le parti che trovavo interessanti, scelte non per i testi con un senso particolare ma per il suono. Lavoro sul suono delle parole come se fosse uno strumento. Quindi è la texture, il timbro, il ciò che fa unica quella voce.

Cosa ti aspetti dal pubblico che viene a vederti suonare? Cioè cosa ti fa dire «Ok, sto andando bene, gli sto piacendo»? 

Se il pubblico restituisce l’energia, se avviene scambio reciproco. A volte questo scambio non succede. E l’energia non deve essere necessariamente veicolata da urla o esaltazione. Quando ho suonato in Giappone, per esempio, ho incontrato un pubblico molto diverso. Sono molto silenziosi ma allo stesso tempo molto presenti e attenti. In altri paesi possono essere molto rumorosi ma allo stesso tempo distratti. L’energia non dipende dalla follia e dall’esaltazione ma dall’intenzione delle persone. Quello che cerco è, appunto, questo scambio.


Quali sono le tue ultime ricerche su Spotify? Cosa stai ascoltando in questi giorni?

L’ultimo artista che stavo ascoltando è un artista messicano che sta a Los Angeles e il nuovo album di Blood Orange. E ancora Ty Dolla Sign (lui per esempio ha un timbro di voce davvero unico).

Collaborazione della vita?

Di solito quando me lo chiedono rispondo D’Angelo, ma lo vedo come un sogno. Se potessi tornare indietro nel tempo e resuscitare i morti direi Marvin Gaye. E naturalmente Ty Dolla Sign.


Appena atterri in Italia cercherai una pizza o un piatto di pasta?

Pasta! La mangio tutte le settimane.

Facciamo un pezzo assieme?

(ride) Devo ascoltare la tua musica prima.


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