I giorni degli autori-cantautori: scrivere musica per sé e per altri
I nomi di chi firma i brani in classifica ce li ricordiamo benissimo perché ritornano con una certa frequenza: sono quelli degli autori-cantautori, che si sono imposti a suon di hit scritte per sé e per altri
Siamo in una fase in cui gli autori dei testi delle canzoni hanno grande rilevanza, dopo che per tanti anni li abbiamo sentiti nominare solamente al Festival di Sanremo. In principio avevamo Mogol-Battisti, poi sono arrivati i cantautori. Successivamente, il buio. Con un andamento che possiamo definire carsico, gli autori erano finiti sotterrati da chissà cosa salvo poi tornare in superficie, sotto gli occhi del pubblico. Da alcuni anni stiamo attraversando una nuova fase. Molti autori sono anche cantautori “in proprio” e le classifiche sono affollate di canzoni cantate da tante voci ma scritte dalle stesse penne, che si trovano a volte con più di un brano che spicca nel gradimento del pubblico. Pensiamo a Tommaso Paradiso dei Thegiornalisti, Federica Abbate, Roberto Casalino e via elencando. Sono tutti autori-artisti, che assecondano la loro vena creativa senza che una strada escluda l’altra.
Due autori-cantautori: Virginio e Giuseppe Anastasi
Ciò avviene anche per Virginio, che ha iniziato il suo percorso come cantautore per poi passare anche a scrivere canzoni per altri interpreti. Un nome su tutti, Laura Pausini. Al momento sta lavorando al suo nuovo album in veste di cantautore. Per cui bisognerà attendere ancora qualche mese, ma di sicuro «avrà una parte elettronica e una con protagonista il pianoforte». Giuseppe Anastasi, al contrario, lo abbiamo conosciuto come autore di successo per molti interpreti, soprattutto Arisa. Recentemente ha debuttato come cantautore con l’album Canzoni Ravvicinate del Vecchio Tipo, con cui ha vinto la Targa Tenco 2018 come miglior opera prima.
«Era uno dei miei obiettivi – confessa – ma ero già felice di essere stato nominato. Mi sono disinteressato del fatto che le radio passassero o meno queste canzoni, sono brani molto cantautorali. Mi sono sentito libero perché ero io il mio unico datore di lavoro». A bruciapelo viene da chiedersi: tutti vogliono diventare cantautori senza limitarsi a scrivere per altri? Anastasi: «Per quanto mi riguarda, lo vedrò con il tempo se continuerò a scrivere per me». Invece per Virginio «dipende dai percorsi. Oggi chi vuole fare il cantautore spesso inizia a fare l’autore per farsi conoscere. Io invece ho iniziato con le mie canzoni, Sanremo Giovani, Amici, e poi ho scritto anche per altri».
A proposito dell’appannamento vissuto in passato dalla figura del cantautore, Giuseppe Anastasi ricostruisce a grandi linee: «Mogol-Battisti è un caso di autore puro e compositore puro. Negli anni ’70, con l’impegno politico e sociale, è emersa la figura del cantautore che ha un po’ squalificato l’autore di “canzonette”. Invece negli anni ’80 abbiamo avuto i tormentoni, come quelli dei Righeira, con gli autori scomparsi agli occhi del pubblico. Negli ultimi tempi stanno recuperando un posto dignitoso, del resto si passa alla storia per quello che si è cantato». Anche se – sia Virginio sia Anastasi sono chiari – la musica è importante tanto quanto le parole perché veicola le emozioni. Per Virginio in ogni caso «il protagonista deve essere l’interprete. L’autore sta dietro le quinte però è giusto anche dare valore a quello che fa».
Il lavoro di chi scrive testi
Scrivere testi è un lavoro. «Preferisco dire mestiere, che non deve cadere nel manierismo», puntualizza Virginio. «Si dice che in una canzone l’1% sia ispirazione, il 99% sudorazione. Indubbiamente c’è un impulso che ti arriva con l’idea, ma poi devi lavorarci. Devi costruire canzoni che abbiano dei canoni accessibili alle persone e una struttura che ti permetta di essere comprensibile, se no suoni nella tua camera e fine. La difficoltà più grande, soprattutto nel pop, è proprio quella di fare qualcosa di semplice che non sia superficiale, come ho cercato di fare con Semplifica». Ovviamente anche per Anastasi «L’ispirazione te la danno le cose che vedi, la natura, un film o un libro, ma la puoi cogliere solo attraverso la curiosità, che è la molla che muove tutto».
Dietro al lavoro c’è un percorso di studio: Giuseppe Anastasi ha studiato al CET (la scuola di Mogol), dove oggi insegna metrica musicale, cioè scrittura, rima, assonanza, accenti, perché «L’italiano è bello ma lo devi far suonare. Mi piace la parte matematica della musica, che è fatta di numeri, i tempi sono ¾, 4/4, si parla di ottave… Al CET insegno proprio questo, ad applicare i numeri all’ispirazione». Virginio è laureato in graphic design e pubblicità. «Qualsiasi percorso di studi aiuta – dice – ma soprattutto leggo tantissimo e sono curioso: credo sia questo che stimoli la scrittura. Si può imparare a scrivere? Sì. Con le scuole puoi migliorare il tuo stile, ma devi averlo già in te: la zampata non te la insegna nessuno». E sicuramente è per lo stile personale che ci si afferma come autori.
Scrivere per sé o per altri: esistono due scuole di pensiero. Scrivere è scrivere, sentenzia Virginio. «Ci sono sempre dei paletti: quando scrivo per te devo essere coerente con la tua storia, quando scrivo per me devo rispettare il mio percorso. Capita di pensare “questo sarebbe meraviglioso cantato da…”. Però, ad esempio, Semplifica l’ho scritta non pensando a me, poi ho capito che doveva far parte del mio prossimo disco».
Giuseppe Anastasi concorda sul fatto che non ci siano differenze tra scrivere per sé o per altri, «perché io scrivo sempre per me, ma questa è la mia opinione. Infatti, ci sono fior di autori che sanno cosa cerca un certo cantante e glielo propongono. Questo lavoro ad hoc io non riesco a farlo. Punto a scrivere un brano che secondo me sia bello, e che per questo qualcuno lo canti». Anastasi conclude l’analisi del suo lavoro di autore con un paragone: «La canzone viene costruita sull’emotività ma per scriverla e darla a un interprete hai firmato un contratto con un editore. Fine del romanticismo, verrà promossa e venduta, come uno shampoo».