Interviste

Irama va veloce

L’artista, al suo sesto festival di Sanremo, è in continua ascesa. Eppure il suo brano si intitola “Lentamente”. Irama ci racconta in anteprima di questa nuova partecipazione, dei suoi sogni e del perché forse a volte viene visto come distante

Autore Federico Durante
  • Il31 Gennaio 2025
Irama va veloce

Irama

Irama continua a crescere, e anche molto rapidamente. Come una pietra che rotola piano e prende velocità, come lui stesso ha definito il modo in cui vorrebbe si comportassero le sue canzoni. Non si sa come (o si sa perfettamente) ma la sua partecipazione a Sanremo è già la sesta e lui ha soltanto 29 anni. Per i bookmaker è assolutamente tra i papabili vincitori. Il brano che presenta a Sanremo si intitola però Lentamente e il giorno d’uscita verrà pubblicato anche in spagnolo per il mercato latino-americano.

«Racconta una storia carnale: la distruzione di un amore che è visto come eterno e invece finisce. Lentamente, appunto, e da entrambe le parti. Non è adolescenziale, ma è più maturo», così lo ha presentato. «Ha un’atmosfera british data dall’organo hammond ma anche una melodia decisamente italiana: volevo presentare un brano diverso dal solito».

Irama, ovvero Filippo Maria Fanti, può sembrare distante e algido ma solo se lo si guarda da lontano. Da vicino, questo artista da 53 dischi di platino, è autoironico e di una gentilezza disarmante. Pur avendo le sue idee molto precise. Soprattutto in tema musicale. Racconta: «Questo brano semplicemente mi emoziona nel profondo, per questo l’ho presentato».

Tra gli autori c’è Blanco. «C’è anche Giuse (Giuseppe Colonnelli ndr) con cui scrivo sempre e poi appunto ci sono Riccardo e Michelangelo. E ci siamo trovati a buttare giù delle melodie proprio qui in studio da Moysa a Milano. Senza pensare a Sanremo».

L’intervista a Irama

Non lo avevate come obiettivo?
No, non sarei voluto tornare. La mia casa discografica (Warner Music, ndr) e il mio team erano avvisati. Ma poi continuavo ad ascoltarlo, anche la notte, e mi piaceva sempre di più. Così a un meeting – dove è raro che io partecipi – ed eravamo tutti della stessa idea iniziale di non tornare me ne sono uscito con questo pezzo. E tutti hanno esultato, anche in maniera piuttosto tamarra, devo ammettere.

Non volevi andare perché avevi altre idee in mente?
Esatto, volevo focalizzarmi sul tour e sul mio nuovo album ma è un’occasione pazzesca per far sentire la tua musica a tutti e a me interessa quello.

Tra l’altro Lentamente, in versione spagnola, verrà anche pubblicato nel mondo latino, come pensi di essere percepito lì? Hai dei segnali?
Devo ancora costruirmi tutto in quel mondo però mi pare di percepire un certo interesse. Mi piacerebbe che la mia musica avesse una visione più internazionale possibile.

Hai letto le pagelle dei giornalisti?
Solo perché me le hanno mandate ma non è una cosa che mi piace fare.

C’è stato qualcosa che non è stato proprio capito secondo te?
Qualcuno ha scritto che l’autore del pezzo è solo Blanco e già questa è una follia, perché io scrivo sempre i miei pezzi. Poi ho letto altre cose che non mi hanno convinto troppo, credo perché non ho mai avuto un bel rapporto con le pagelle. Forse i giornalisti mi hanno sempre visto come troppo distante, molto meno mi è capitato con le persone. È un peccato. Mi piacerebbe comunicare bene con tutti.

Irama
Irama

Dipende da questo senso di distanza secondo te?
Credo che a volte ci si fermi troppo alle apparenze. Sarebbe bello vivere in un mondo in cui l’approfondimento è parte del mondo dell’arte. Mi pare che si guardi di più all’estetica che all’emotività. Invece le mie canzoni sono proprio più legate a quest’ultima. Mi piacerebbe che i miei brani fossero concepiti come massi che rotolano piano e acquisiscono velocità. Così è stato per Ovunque sarai. Comunque se mi avessero dato dei voti troppo alti mi sarei preoccupato: tutti i miei successi sono nati da voti bassi.

Forse non sei una persona che si apre con chiunque.
Sai a me da piccolo hanno insegnato un certo tipo di educazione e di rispetto dello spazio dell’altro. Non mi permetto di scherzare troppo con chi non conosco bene e questa mancata leggerezza viene interpretata come freddezza o anche arroganza. Ma io non penso di essere freddo.

Mi pare che si guardi di più all’estetica che all’emotività. Invece le mie canzoni sono proprio più legate a quest’ultima.

Per la cover di Say Something di A Great Big World feat. Christina Aguilera hai deciso di chiamare Arisa e di cantare in inglese, come farete in pochi.
Rosalba è una persona e una cantante meravigliosa.

È stato difficile scegliere il pezzo?
Molto, perché io non sono un interprete, nei miei dischi non ci sono mai cover. È completamente un altro sport. È come dire a un attaccante di mettersi a giocare in difesa. Non c’è un ruolo più importante di un altro, beninteso. Per questo ho cercato un brano con uno stile non troppo diverso dal mio. Di solito però per il momento delle cover ho ospitato l’artista che l’aveva scritta, stavolta no ma solo perché mi rivedevo di più in quel brano.

Nei miei dischi non ci sono mai cover. È completamente un altro sport. È come dire a un attaccante di mettersi a giocare in difesa. Non c’è un ruolo più importante di un altro, beninteso.

Che effetto ti fa avere Shablo, il tuo manager, in gara contro di te?
Lo prendo in giro. Lui dice che se Sanremo fosse uno Squid Game in cui solo uno dei due può sopravvivere farebbe vincere me. Mah, chissà se è vero, se si sacrifica rimarrà il mio manager… A parte gli scherzi, Shablo vive la musica come deve essere vissuta e pensa a sdrammatizzare tutto.

L’album quando uscirà?
Non lo so ancora. Mi odiano in molti e quando mi incontrano per strada non mi chiedono più la foto ma quando esce il mio album. C’era anche il gruppo Whatsapp Disco 2024 che è diventato in fretta Disco 2025. Finchè non è perfetto un album per me non esce. Diciamo che per me non è mai perfetto, poi. Quando proprio penso di aver fatto l’impossibile per pubblicare il miglior lavoro possibile allora lo faccio uscire.

Vorrai esplorare qualche genere in particolare?
Sarà un lavoro più serio, credo. Comunque sarà il più suonato possibile perché influenzato dai live che stanno crescendo sempre di più.

Irama

Dove scrivi ora? Ricordo che prima tu e Giulio (Nenna) andavate in Salento per tanti giorni.
È vero, anni fa andavamo lì, in posti che non costavano molto, anzi. Mi ricordo che in una casa avevamo anche una stalla col maiale dentro!

Ora adoro andare in posti oggettivamente belli, magari con la piscina e il giardino, anche perché in genere non mi prendo vacanze. Però poi mi chiudo a scrivere in uno sgabuzzino. Perché ci ho provato a scrivere in Sardegna per esempio, ma come fa? Se ti trovi davanti un tramonto guardi quello, mica scrivi! La stessa cosa la penso ai concerti: perché fare il video senza guardare un live?

È un’opinione un po’ fuori moda e la condivido appieno.
Anche a me piace avere un ricordo eh, quindi spesso riprendo col telefono spostato rispetto ai miei occhi. Così sembro scemo e viene un video tutto storto.

Chi hai visto quest’anno?
Solo amici e sono andato per appoggiarli. Anche a cantare ovviamente: da Annalisa, da Cocciante, da Blanco.

Ora adoro andare in posti oggettivamente belli, magari con la piscina e il giardino, anche perché in genere non mi prendo vacanze. Però poi mi chiudo a scrivere in uno sgabuzzino

Invece non ti piace andare in vacanza?
No, non riesco proprio. L’ho fatto in passato, sono andato in Thailandia, per esempio. Al massimo riesco per 4 giorni e poi mi sento inutile e di sprecare il mio tempo. Non sto male in generale ma sono sicuro che non faccia bene ragionare in questo modo.

Vorresti cambiare?
Il mio sogno è arrivare a fare musica all’interno di una riserva naturale circondato dagli animali che amo tanto. Vorrei poter arrivare a un punto in cui faccio musica più lentamente e più sporadicamente.

Con Shablo, che è molto appassionato, ti sei avvicinato alla meditazione?
Certo, ho provato con lui. Ma il primo che me ne ha parlato è stato mio nonno in realtà. Lui da medico mi aveva spiegato che cambiare il ritmo del respiro è davvero utile a livello scientifico. Per il resto alcuni aspetti li sento vicini al mio pensiero, altri meno. Dovrei imparare però, perché sono molto nervoso di carattere.

Quest’anno tornerai anche all’Arena di Verona il 2 ottobre. Ogni tanto ti capita di pensare di aver raggiunto già tutto?
No, penso di star costruendo e di aver risposte dal pubblico sempre più veloci. Questo è ciò che mi rende davvero più felice. Penso di essere ancora giovane, quindi di avere ancora tante cose da fare sul mio cammino. È una risposta reale se le persone vogliono venire a sentirti, più dei voti e dei numeri dello streaming.

A proposito di streaming, forse l’unico progetto che non ha corrisposto alle aspettative molto alte che vi erano è stato il joint album con Rkomi: tu cosa ne pensi?
C’era sicuramente l’idea che generando noi molti numeri da soli, ne potessimo generare ancora di più insieme. Invece spesso non è così. Era un progetto alternativo, più leggero. Il tour però è andato proprio bene. Certo, forse i nostri fan preferiscono ascoltare i nostri progetti solisti.

Nessuno risponde mai di sì: a Sanremo vai per vincere?
Io credo che davvero non ci sia nessuno delle nuove generazioni troppo legato alla gara. Forse un tempo era importante per qualcuno ma adesso davvero no. Certo magari poi vinci e vai all’Eurovision e hai questa incredibile possibilità di farti conoscere anche lì, come hanno fatto i Maneskin. Però, dai, la gara è l’ultimo dei pensieri.

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