Mameli presenta l’album d’esordio: «Con “Amarcord” mi metto a nudo»
Un concept album sulla nostalgia e il ricordo di una storia d’amore finita: venerdì 30 ottobre è uscito il primo lavoro full-length del cantautore ex concorrente di Amici 18. L’abbiamo intervistato
Ex concorrente di Amici e presenza ricorrente nelle playlist indie sulle piattaforme di streaming: quella di Mameli è un’identità artistica solo apparentemente multiforme perché – come ci aveva già confermato lui stesso – lui si sente un cantautore e basta, senza aggettivi. Diversamente da tanti artisti usciti dai talent show, per la pubblicazione dell’album d’esordio ha preferito non cavalcare l’hype dato dall’esperienza televisiva bensì prendersi il giusto tempo per maturare le esperienze di vita che poi ha condensato nelle canzoni. Adesso il momento buono è arrivato: oggi esce Amarcord (Hokuto Empire/Sony Music), un album dominato dal tema ricorrente della nostalgia per una storia d’amore finita. Abbiamo chiesto a Mario di raccontarci di più sul progetto.
Amarcord è il tuo primo album. Com’è stato il percorso artistico fra Inno dell’anno scorso e la pubblicazione di Amarcord, peraltro avvenuto in un periodo così particolare per tutti noi.
Il percorso artistico è stato condizionato dal percorso umano. Nel senso che ho scritto questo disco, che è un concept album, sulla base delle mie esperienze, delle cose che ho vissuto e visto. Chiaramente parla di nostalgia, come dice il titolo Amarcord. Mi sembrava il modo più semplice e istintivo per descrivere la mia nostalgia per la fine di una relazione. È stato un bel viaggio: è stato un disco più pensato rispetto all’EP Inno, che ho pubblicato quando ho fatto un programma televisivo (Amici 18, ndr): erano sette pezzi messi insieme e raggruppati ma non c’era un concetto di fondo, una ricerca. In questo caso sì.
Non ti senti un po’ messo a nudo nel dissezionare così “chirurgicamente” emozioni, ricordi e momenti di una storia finita?
Sì, ma era una cosa che volevo. La mia “presentazione” al mondo musicale è stata bella ma un po’ distaccata, dal punto di vista sia delle canzoni che sono uscite sia della mia immagine (portavo gli occhialini eccetera). Invece con Amarcord ho deciso di mettermi a nudo, spogliarmi davanti alla musica. Per me questo è un passo avanti e una crescita dal punto di vista personale e artistico.
So che hai collaborato con autori come Federica Abbate e Vipra per la parte di scrittura. Come ti sei trovato con loro? Quale pensi che sia stato il loro valore aggiunto per il tuo progetto?
Sono due amici, due persone fantastiche con modi di scrivere differenti. Avevo bisogno di confrontarmi con persone diverse per questo album. Ci sono loro, poi le altre collaborazioni artistiche non autorali (Alex Britti e Lorenzo Fragola)… L’EP l’avevo scritto e prodotto tutto da solo, mentre per Amarcord volevo avere un confronto. Secondo me la musica più figa nasce dalle collaborazioni. Quasi tutti i pezzi dell’album hanno collaborazioni, che siano produttive, autorali o di featuring.
Su Facebook hai scritto: “Come si fa solitamente, appena uscito dalla TV, mi è stato chiesto più volte di pubblicare subito l’album, ma ho avuto bisogno di tempo per esprimermi”.
Quando esci da un programma televisivo, sei messo sotto una luce particolare. Le persone che lavorano con te o che ti sostengono sanno che quello è il momento in cui magari con la pubblicazione di un album raggiungi più persone. Io invece ero convinto che, se avessi avuto un po’ più di tempo per potermi concentrare e vivere le esperienze che mi servivano per scrivere l’album, sarebbe venuto fuori un disco più bello. Quindi ho avuto la possibilità di prendermi un anno per poter scrivere.
Ho l’impressione che tu abbia un rapporto un po’ dibattuto con l’esperienza televisiva…
Al contrario, è stata una bellissima esperienza e sono molto contento di quello che mi ha dato. Dal punto di vista artistico c’è spesso grande scetticismo su quanta libertà e autenticità dia la TV all’interno dei programmi, ma devo dire invece che mi hanno concesso di fare quello che veramente ero e di esprimermi al 100%. Non smetterò mai di ringraziare tutte le persone che ci lavorano per tutte le attenzioni che ci davano.
Come dicevi prima, nell’album sono presenti due featuring: quello con Alex Britti (in Anche Quando Piove) e quello con Lorenzo Fragola (in Borotalco) e so che li conosci da tanto tempo. Com’è stato il lavoro con questi due artisti molto diversi stilisticamente e anagraficamente fra loro?
Sono canzoni nate in modo completamente diverso con persone completamente diverse. Io e Lorenzo siamo amici: giochiamo alla PlayStation, guardiamo le partite, andiamo fuori a bere a Catania… Alex è più quello che vorrei diventare anch’io. Lui si è posto con me veramente da fratello, è stato bello. Lorenzo ha già una carriera ben più lunga della mia, perché lui è partito molto prima, ma siamo coetanei e quindi con lui c’è un rapporto diverso.
Per tua stessa ammissione, la musica di Maniglie cita Pablo di Francesco De Gregori, di cui tu sei grande fan. Come mai hai voluto citare musicalmente quel brano?
De Gregori è forse il primo artista a cui io mi sia veramente affezionato nella vita. Mio padre mi fece ascoltare Buonanotte Fiorellino e mi innamorai di lui. Così mi ascoltai quasi tutta la discografia e sono andato a diversi concerti. Solo che non suonava mai Pablo. E io la volevo sentire, perché è una delle mie canzoni preferite! Siccome Amarcord è nostalgia, per me quella citazione è la nostalgia di quella canzone, che non ho mai sentito dal vivo. Ne ho ripreso la musica e ci ho scritto sopra un altro testo. Maniglie non è collegata a Pablo in nessun modo, se non a livello “estetico”.
L’album si chiude significativamente con un brano intitolato Futuro, quasi una nota di speranza in chiusura del disco. Tu come vedi il tuo futuro e quello della società?
In questo momento non lo vedo, perché non si sa. Mi auguro di vederlo il prima possibile più roseo, più sicuro. Io sono anche una persona fortunata, perché sto riuscendo a pubblicare un disco e a lavorare. Ci sono persone, anche nel mio settore, che non riescono a fare il loro lavoro. Si è visto che gli spettacoli dal vivo non creano danno, quindi mi aspetto dallo Stato che si guardi con attenzione ai dati che abbiamo visto negli ultimi giorni e che si provveda. Perché ce n’è bisogno da un punto di vista culturale, ideologico, economico.