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Chiello è tornato davvero con “Milano dannata”: la sua prima intervista dal vivo

Nel nuovo brano uscito oggi si sente tutta l’ispirazione di Oceano Paradiso, l’acclamato album dell’ex FSK Satellite uscito nell’ottobre 2021. E così l’artista ripercorre le tappe della sua crescita, racconta il suo rapporto con Milano, le sue delusioni, le sue paure. E il suo più grande amore

Autore Silvia Danielli
  • Il17 Marzo 2023
Chiello è tornato davvero con “Milano dannata”: la sua prima intervista dal vivo

Chiello, foto di Francis De La Croix

Tutti gli artisti preferiscono parlare attraverso la loro musica piuttosto che tramite le interviste con i giornalisti. Però qualcuno, un po’ più di altri, preferirebbe non spiegare proprio nulla. In effetti non ci sarebbe bisogno di aggiungere parole quando le canzoni riescono a scavare nell’intimità di chi ascolta. E sicuramente questo è il caso di Chiello che con noi parla per la prima volta dal vivo in occasione dell’uscita di oggi del brano Milano dannata.

Aveva già concesso un’intervista a Marta Blumi Tripodi per Rolling Stone nell’ottobre 2022 ma senza un incontro vis-à-vis. Del resto, le richieste dall’estate 2021, quando Chiello, ovvero Rocco Modello, classe 1999, aveva temporaneamente messo in un angolo la FSK Satellite, erano state moltissime. Le canzoni che aveva pubblicato e che anticipavano il suo primo album solista uscito nell’ottobre 2021 avevano entusiasmato non poche persone. E il suo album era stato accolto come la rivelazione 2021 (ne avevamo parlato qui), inserito da chi scrive anche nel terzetto delle migliori uscite dell’anno (insieme a Little Simz e a Venerus). Quel che è certo è che lui non è che non volesse parlare per posa o divismo ma piuttosto per un carattere schivo e timido. Nonostante con la FSK Satellite interpretasse una parte molto diversa.

L’ultimo anno pare essere stato decisamente tormentato e caotico per lui. Tra le altre cose ha cambiato management, dopo Thaurus di Shablo, Ciro Buccolieri e Mario D’Angelantonio e dopo la Milanok3 di Angelo Calculli, adesso è con l’agenzia Madh di Raffaele Petito. Sono usciti due brani, Dove vai? e Cuore tra le stelle e forse non avevano tutta quella potenza e quella carica percepite nel suo primo album.

Ora, invece, con Milano dannata, Chiello pare essere tornato al 100% se stesso: è un brano molto amaro e vero, in cui torna Rocco torna a parlare con il cuore in mano.

Lo incontriamo nella sede della sua casa discografica, Island Records (Universal). E come ci potevamo immaginare è molto gentile e attento. Ha anche voglia di raccontarsi.

Nell’immagine di copertina hai messo una foto di te da piccolo, partiamo dall’inizio, ma proprio inizio-inizio: che infanzia hai avuto?

Bella. Ero sereno, non c’è molto da dire. Prima di fare il cantante volevo diventare un astronauta.

La cover di Milano dannata, artwork: Tommaso Ottomano

Ascoltavi già molta musica da piccolo?

Sì, a 9 anni ho scritto la prima poesia per mia madre. Decisi di recitarla per lei davanti a tutti i parenti nel giorno della festa della mamma.

Un bel coraggio…

Eh sì, dai. Poi ho ricevuto il mio primo cellulare e mio cugino mi ha mandato una serie di pezzi rap. Così mi sono appassionato al genere e ho iniziato a rappare. Avevo 12/13 anni. Mi sono iscritto al liceo artistico, mi piaceva dipingere e fare i graffiti. Insomma, ha iniziato a ispirarmi tutto il mondo hip hop. A un certo punto ho deciso di mollare la scuola al penultimo anno e con Sapo e Taxi siamo andati a vivere a Genova. Avevamo 18 anni.

Come mai a Genova?

A Venosa era troppo difficile registrare: innanzitutto non c’era uno studio di registrazione. L’unico era a Bari che era troppo lontano. Era veramente troppo difficile, eravamo solo noi. Non eravamo a nostro agio. Così c’era un produttore che conoscevamo bene a Genova, Demo e lo abbiamo raggiunto.

E come è stato quel periodo?

A Genova mi trovavo e mi trovo bene perché ho ancora tanti amici. Ma è stato difficile all’inizio, perché non avevamo soldi. Stavamo anche giorni interi senza mangiare nulla. Ricordo che una sera avevano beccato Romano (Sapobully, ndr) rubare nel supermercato sotto casa ed eravamo tutti un po’ depressi. Abbiamo aperto il frigo e abbiamo trovato solo una cipolla marcia. Ce la siamo mangiata e siamo stati malissimo!

Siete andati lì e i vostri non vi aiutavano immagino.

Eh no, volevano che finissimo la scuola. Noi invece volevamo fare musica. Lì sono nati gli FSK Satellite. In quel periodo abbiamo anche conosciuto Greg (Willen, produttore di Torino, ndr) e abbiamo iniziato ad andare in studio da lui. Anzi, diciamo che con lui è iniziato davvero tutto.

Come mai avete deciso di separarvi come FSK Satellite, mi sembra che siate ancora amici.

Certo, sono fratelli per me. Sentivo di non riuscire più a esprimermi in quel modo. Avevo bisogno di staccare e fare ordine

In effetti, è sembrato diametralmente opposto ciò che creavi con loro rispetto a quello che pubblichi da solista.

Con loro era più un gioco. Mi mettevo davanti al microfono e facevo freestyle. Per loro era uguale. Ci divertivamo. Per la mia musica ho un atteggiamento molto diverso: è come se scavassi dentro me stesso. E non mi diverto.

È faticoso?

A tratti! (ride)

Sembra una seduta di psicanalisi. Devo dire che il tuo primo album Oceano Paradiso mi aveva dato quest’impressione e l’avevo apprezzato moltissimo. Poi nei tuoi brani che sono usciti l’anno scorso Dove vai e Cuore tra le stelle mi è come sembrato che non ti fossi messo davvero in gioco, mi sono sembrati più “leggeri” e mi hanno colpito di meno. Ora con Milano dannata che esce oggi ho ritrovato il primo Chiello.

Hai centrato il punto. Lo scorso è stato un anno caotico e mi sono perso. Penso anche per il successo che avevo ottenuto. Ma dalla fine dell’anno scorso mi sono decisamente ritrovato e mi sento connesso con la musica.

In Milano dannata critichi questa città ricca di opportunità ma anche di contrasti violenti, vorresti lasciarla oggi?

Non è che non mi piaccia Milano. Me ne sono innamorato da piccolo, senza averla nemmeno visitata tra l’altro! Dicevo a mia madre che mi ci volevo trasferire appena diventavo maggiorenne. La vedevo nei film e nelle serie TV, avevo un’aspettativa altissima. Non so nemmeno cosa mi aspettassi di trovarci. So che appena ci sono venuto mi sono sentito piccolissimo e piuttosto disorientato. Poi mi ci sono abituato.

Nel testo dici “Sei una donna/ Che vuole apparire/ Con un vuoto dentro/ Che non sa riempire”: hai visto più donne tristi a Milano che uomini?

Non saprei, sarà che sono attratto dalle donne e mi soffermo più su di loro. Quello che è sicuro, e mi appare ancora più evidente a fine serata è che molte ragazze cercano la felicità dove non c’è e così non sono felici. Ma non penso ci sia distinzione tra uomini e donne.

Milano dannata è la sintesi di quello che ti è capitato l’anno scorso?

Di tutta la mia vita. Parlo di me e dei miei amici che sono partiti come me da Venosa. Parlo di tutto quello che mi è successo da quando ho avuto successo a oggi.

Chiello a volte pensi che non vorresti aver avuto successo?

Non nego di aver pensato: chi me lo fa fare, soprattutto nei momenti di debolezza ma poi mi è passato. Insomma, se siamo qui adesso ci sarà un motivo.

Con Milano Dannata hai coinvolto Michelangelo alla produzione: ci saranno altri brani suoi nell’album?

Mi sono trovato molto bene come persona. È molto importante per me l’aspetto umano: se c’è quello, può nascere anche un’intesa lavorativa. Però non so se faremo altri brani insieme: io non escludo nulla.

E con Colombre?

Spero di sì. Lo stimo tantissimo, è uno dei miei preferiti.

Cosa stai ascoltando adesso?

I soliti cantautori che amo come Piero Ciampi e poi ho scoperto Montell Fish e sto in fissa con lui.

Hai un po’ abbandonato l’hip hop rispetto alla tua adolescenza?

Un po’ sì. Molto spesso non mi ritrovo in ciò che dicono.

I tuoi ora sono contenti di quello che fai?

Adesso sì. Da Oceano Paradiso in poi sì ma diciamo che quello che facevo con la FSK era troppo forte, difficile da fare digerire ai miei.

Chiello nella cartolina che hai inviato per presentare Milano dannata hai scritto “Siamo cresciuti troppo in fretta sotto i riflettori, non ci siamo accorti che quello che cercavamo lo avevamo già”. Parli di te, Sapo e Taxi?

Sì, loro sono sempre la mia famiglia. Noi cercavamo il successo ma una volta arrivati a Milano ci siamo un po’ staccati. E quindi mi sono reso conto che quello che volevo non era quello che avevo ottenuto.

Cosa pensi che ti dia più soddisfazione?

Sempre e solo la musica. L’unico motivo che mi spinge ad alzarmi al mattino, se no avrei difficoltà.

Sul palco anche ti senti perfettamente a tuo agio?

Su quelli più grandi dove mi sono esibito l’anno scorso ho avuto qualche difficoltà. Ero abituato a cantare nei club ed è stato un gran passaggio esibirsi all’Arena di Verona.

Domandona finale: quando uscirà l’album nuovo quindi?

Non lo so ancora di preciso, ci tengo tantissimo. Domani mi chiudo in studio ad Arezzo. Ovviamente ho già tante idee.

Anzi ho ancora una domanda più personale. Nella tua primissima intervista avevi parlato dell’importanza di chiedere aiuto: lo hai anche trovato?

L’ho chiesto sì ma ancora non ho trovato il terapeuta adatto a me. Trovo non sia facile ma penso sempre che valga la pena provarci. Certo, poi, bisogna chiedere aiuto agli altri ma la prima persona a cui chiedere aiuto siamo noi stessi. Cioè dobbiamo desiderarlo noi e imparare a volerci bene.

Un po hai imparato a volerti bene?

È comunque un bel momento in cui mi sento più connesso. Quindi un po’ sì.

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