Laura Pausini: «Tre concerti in 24 ore perché volevo avere ancora paura». E “Un buon inizio” con Riccardo Zanotti
Abbiamo seguito due delle tre tappe della festa di Laura Pausini per i 30 anni de La Solitudine. La cantante ha raccontato in volo, tra Madrid e Milano, la sua crisi e i suoi progetti futuri
«Non amo stare ferma sul divano, devo correre, sempre. E poi lo sapete che sono la más loca delle cantanti, no?». Così Laura Pausini scherza dal palco della Gran Estacion Musical a Madrid, che è la seconda tappa delle 3 città dove si è esibita per festeggiare il 30esimo compleanno de La Solitudine. O meglio: della celebre vittoria del brano al Festival di Sanremo. E un po’ locos, pazzi bisogna esserlo davvero per immaginare di cantare in 24 ore in 3 città diverse, una Oltreoceano. Ma un successo così enorme in tutto il mondo, con Grammy e Golden Globes annessi, va festeggiato in maniera inusuale.
La Pausini ha iniziato alle 18, a New York, di domenica 26 febbraio all’Apollo Theater, ovvero mezzanotte italiana del 27 febbraio. Prima immagine: l’ormai iconica giacca con cui vinse quel Sanremo del 1993. Un blazer di Byblos prestatale grazie a un’amica che lavorava nel campo della moda. Sul palco ne indossava una rivisitata per lei da Giorgio Armani. Poi ha preso un aereo e ha raggiunto appunto Madrid, dove siamo presenti anche noi di Billboard. Concerto alle 15 in una meravigliosa ex Stazione Ferroviaria dei primi del ‘900. Altro aereo e via su Milano, teatro Carcano, per il concerto delle 23, che doveva rigorosamente chiudersi alle 24. In tutti e tre gli appuntamenti il suo nuovo singolo, Un buon inizio, scritto da Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari, Marco Paganelli e Giorgio Pesenti (ovvero lo stesso trio che ha scritto Terzo cuore di Leo Gassman).
I tre concerti di Laura 30
I tre concerti erano dedicati ognuno a una decade diversa della carriera della Pau: quindi via con i primi dieci anni di New York, partendo ovviamente con La Solitudine, Non c’è e Strani Amori. E poi Madrid con i primi 2000, tra Io canto e Resta in ascolto. Infine Milano, con gli ultimi dieci anni di canzoni, partendo con Benvenuto e finendo con Io sì e Scatola. E con una notevole coda di pezzi cantati da Laura senza alcun accompagnamento, se non quello dei fan, con tutti i suoi più grandi successi del passato. Per finire con La solitudine, giustamente, e di nuovo la band sul palco.
La Pausini era davvero in forma. Voce perfetta nonostante le pochissime ore di sonno e i trasferimenti in aereo. La capacità di cantare un pezzo in tre lingue diverse (inglese, spagnolo e italiano) e a volte addirittura cinque per Io sì (aggiungendo anche il portoghese e il francese). Una voglia sfrenata di raccontarsi al suo pubblico per ringraziarlo di seguirla da ben 30 anni. Tanto da far capolino dal sipario già chiuso sia a Madrid che a Milano. Un desiderio di dire grazie per l’opportunità di aver viaggiato e conosciuto continenti e persone differenti.
La crisi di Laura Pausini dopo il Golden Globes
Una crisi però Laura l’ha attraversata e si racconta senza remore nel viaggio in aereo tra Madrid e Milano ai pochi giornalisti presenti. Qualcosa che ha portato Laura Pausini a riflettere parecchio e a rimettersi totalmente in gioco. È stata la vittoria ai Golden Globes, nel 2021: un’incredibile soddisfazione che però si è portata dietro l’idea di aver ormai raggiunto praticamente tutto. «Mi sono chiesta che cosa potessi conquistare di più. Non è stato bello. In questi due anni mi sono sentita anche in trappola. Mi sentivo in balia di un vecchio management della mia casa discografica che non mi spingeva oltre. Non mi sentivo supportata. Invece dovevo tornare curiosa come quando ero piccola!», racconta lei, molto affabile, come sempre appare.
I mesi passati ad ascoltare provini e la scelta di Riccardo Zanotti
E racconta meglio di quanto non si sentisse valorizzata nei mesi precedenti. «Ho così chiesto a Jacopo Pesce e a Max Brigante (che hanno fondato il management Double Trouble, qui la loro storia) di dirmi come mi vedevano. Jacopo mi ha fatto sentire vari provini però non mi piacevano, così come non apprezzavo molto nemmeno la musica in radio. Ho fatto degli esperimenti: ho provato a cantare le canzoni di altri, di Mahmood, per esempio, ma non trovavo la mia strada. Alla fine mi ha fatto sentire quello di Riccardo Zanotti e ho apprezzato moltissimo. La cosa pazzesca è che ho cambiato il senso del testo e lui non si è affatto lamentato. Quello che mi piaceva era il fatto che fossimo così diversi. Lui maschio e più piccolo di me. Con una sensibilità diversa dalla mia».
La sfida nei teatri
La Pausini confessa anche quanto non si ricordasse di come fosse tornare a cantare nei teatri. «Volevo proprio mettermi in gioco. Volevo tornare ad avere paura per pensare di non aver finito di conquistare il mondo. Volevo tornare a guardare i fan in faccia e a riconoscerli».
Sanremo non è un’opzione
Qualcuno le chiede se non sarà lei a condurre il festival di Sanremo in un futuro, data la sua esperienza in campo musicale e televisivo. «Non potrei giudicare il lavoro dei miei colleghi, che a volte sono anche amici. Non riuscirei a sopportare il doverli giudicare». E sull’andare in gara al festival, spiega di non criticare in alcun modo chi decida di andarci ma di non sentirsela. «Sanremo è diverso da tutto. Io non ho il coraggio di andare in gara. Anche per rispetto dei fan che mi seguono da 30 anni. Sanremo è il posto dove ho cantato peggio nella mia vita».
La festa è finita e ora Un buon inizio per Laura Pausini
Ventiquattr’ore e la festa è finita. Nel futuro della Pausini c’è il singolo nuovo che uscirà il 10 marzo, i concerti di Venezia e di Siviglia, una casa-museo dove verranno esposti cimeli e abiti storici (come la giacca). Probabilmente un album e un tour a partire dall’autunno.
«Quelli di Venezia e Siviglia saranno dei veri e propri progetti dove ho coinvolto profili lavorativi diversi. Io voglio correre, voglio buttarmi nel futuro. Non posso stare sdraiata sul divano ad aspettare».