Samuel: «A capo di una “Brigatabianca” con la missione di farvi ballare»
Il frontman dei Subsonica torna venerdì con il secondo album solista con molti amici e parecchi generi. La nostra intervista a Samuel
Quanto può far male (ok, il male è relativo…) ascoltare un album perfetto per essere ballato quando sai che non potrai tornare in pista a breve? La Brigatabianca di Samuel, anticipato dai singoli Tra un anno e Cocoricò (insieme a Colapesce), che esce venerdì 22 gennaio provoca questo effetto collaterale. Anche se non tutti i brani sono adatti allo scopo, di sicuro trasmettono la sensazione che il frontman dei Subsonica si sia divertito parecchio. Divertito a sperimentare, a chiamare vecchi e nuovi produttori e a duettare con amici di una vita. Oppure con chi lo ha ispirato di più in quel momento. Con una maggior leggerezza d’animo rispetto agli ultimi lavori con il suo longevo gruppo torinese e anche rispetto al Codice della bellezza, il suo precedente lavoro solista.
Il 48enne torinese, che sulla cover si presenta come un novello ussaro a capo della sua Armata di amici, lo spiega così. «Il mio primo lavoro era indubbiamente più pop, infatti avevo partecipato anche al festival di Sanremo. Brigatabianca invece è nato da una serie di scintille creative e da una radice più underground. E per quanto riguarda il lavoro in una band è naturale: se sei solo ti senti di sicuro più libero di sperimentare e non devi sottostare a nessun compromesso. Sono sicuro che anche gli altri Subs si siano divertiti di più quando hanno lavorato da soli». Troverete l’intervista integrale sul prossimo numero di Billboard Italia di febbraio. Oggi Samuel ha presentato con uno show-case virtuale cinque brani tratti dal nuovo lavoro insieme a Tozzo (batterista dei Linea 77), Gianluca “Cato” Senatore (chitarrista dei Bluebeaters) e ad Ale Bavo (tastierista e produttore che ha anche curato anche la registrazione del disco).
Quanto ti è mancato (e ti manca) non viaggiare più e non andare a ballare in questo periodo?
È stata una tragedia. Io sono un animale sociale, ho bisogno di andare in giro, vedere gente e ballare fino alle 8 del mattino. Ero in grado di tenere un concerto al Forum di Assago e poi scendere tra il pubblico e rimanere un sacco di tempo a vagare per gustarmi l’energia. Però per la prima volta ho aperto uno studio tutto mio, il Golfo Mistico, che è diventato anche una discotechina, e lì mi sono divertito parecchio. Facevo finta di essere al Cocoricò e di suonare davanti a 100mila persone! Mi è capitato di andare praticamente in trance e di suonare da solo fino alle 7 del mattino nel primo lockdown.
Molti hanno apprezzato l’idea di fermarsi per un po’: a te è capitato?
Mai, perché avevo passato tanti mesi a Monza per X Factor dove ho solo sfiorato la musica, parlandone e basta senza farla davvero. Quindi mi era rimasta proprio tanta voglia di andare ancora in giro. Ma devo ammettere che non son rimasto proprio fermo: dopo due-tre mesi di lockdown sono scappato e sono venuto alle Eolie, dove ho dato vita a un tour esibendomi dalla barca. Poi mi sono spostato per una serie di concerti all’aperto in giro per l’Italia, insomma non mi lamento.
Hai mai pensato al luogo ideale dove vorresti che venissero ascoltate queste tracce?
Nemmeno la luce, il brano che ho prodotto insieme a Strage e ho scritto durante il lockdown, vorrei che venisse ascoltato alla fine di una serata. Per esempio, quando si usciva da un locale dei Murazzi a Torino oppure da un grande festival come il Club to Club. Cocoricò è perfetta per essere ascoltata mentre si guida in autostrada verso la riviera romagnola. Qualcuna si può ascoltare sulla costa davanti al mare in Centro Italia, altre più a Sud. C’è una traccia che si intitola Palermo…
Palermo è anche la città d’origine dei tuoi nonni e ci hai vissuto per motivi sentimentali, che impressioni ti trasmette?
Mi trovavo qui anche qualche giorno fa: è una città che mi scatena una serie di emozioni fortissime. Anche contradditorie, per le regole umane non scritte che qui devono essere sempre seguite. Finalmente ora sono riuscito a dedicarle un pezzo. Sono stato aiutato da questo giovane rapper siciliano, Johnny Marsiglia con cui mi sono trovato assai bene.
Nell’album hai chiamato anche diversi tuoi amici fraterni come Ensi e Willie Peyote.
Non è per nulla facile collaborare in questo periodo. La collaborazione può diventare la cosa più importante per gli artisti più giovani perché può essere il momento dell’avanzamento. Il modo in cui Ensi mi ha fatto sapere che avrebbe partecipato a questo disco è stato per me fondamentale, mi ha detto: “Fratello, per te ci sarò sempre anche se sono impegnatissimo per il mio album”. In egual modo è andata con Willie. Ma è stato entusiasmante anche con Colapesce o con Fulminacci, che ha ascoltato Felicità e mi ha detto che avrebbe voluto assolutamente cantarla con me.
Palermo riflette anche sul passato della città, tu oggi ti senti più concentrato sul presente o sul futuro?
Credo che quando sei giovane ti proietti maggiormente nel futuro. Io ora tendo a cercare di vivermi anche il presente e il percorso che affronto per raggiungere un obiettivo.
L’intervista integrale è sul numero di febbraio di Billboard Italia.