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Chiummariello e Magaletti: manager tutti di un blocco. L’intervista

Tre anni fa, il promoter Enzo Chiummariello – per tutti Chiumma – e Luchè hanno accolto Cristiano Magaletti nella loro società BFM che annovera nel roster moltissimi rapper napoletani: da Geolier a Vale Lambo, Lele Blade, Young Snapp. Hanno creato una solida struttura che se si sposta oggi è in grado di rivoluzionare gli scenari dell’industria musicale italiana

Autore Silvia Danielli
  • Il16 Maggio 2023
Chiummariello e Magaletti: manager tutti di un blocco. L’intervista

Da sinistra: Sara Daniele, Enzo Chiummariello, Gianluca Guido, Luchè, Cristiano Magaletti, Asia Basile

Tre anni fa, il promoter Enzo Chiummariello – per tutti Chiumma – e Luchè hanno accolto Cristiano Magaletti nella loro società BFM che annovera nel roster moltissimi rapper napoletani: da Geolier a Vale Lambo, Lele Blade, Young Snapp. Hanno creato una solida struttura che se si sposta oggi è in grado di rivoluzionare gli scenari dell’industria musicale italiana. Li abbiamo intervistati per capire come lavorano sul territorio, se ci sono dei problemi specifici, come scovano i talenti, e soprattutto come e perché è cambiata la scena.

L’intervista a Chiummariello

Chi pensa al rap napoletano di oggi non può non associarlo subito a Enzo Chiummariello, per tutti: Chiumma. Perché è il manager dei rappresentanti del genere più importanti di oggi come Luché (anche suo compagno di classe) e Geolier. Ma anche di ieri, perché Chiumma è partito coi Co’ Sang appunto (Luchè e Ntò) e poi ha curato la prima parte della carriera di Rocco Hunt e di Clementino.
3 anni fa la società che aveva fondato con Luché, la BFM, ha accolto anche l’avvocato Cristiano Magaletti. Il roster annovera anche Lele Blade, Vale Lambo, la SLF, MV Killa, Young Snapp, Hal Quartier, Coco (Paky, di Rozzano certo, ma di origini partenopee è gestito soltanto da Cristiano).

«Nei primi anni 2000, la musica rap non poteva essere la fonte principale di sussistenza. Le cose sono cambiate intorno al 2010 quando il rap ha iniziato ad essere ascoltato veramente da tutti e io ho iniziato a organizzare le serate. Sia con artisti napoletani, ma anche per tutti quelli della scena italiana: da Marracash a Gué a Fabri Fibra».

Prosegue: «Nel 2012 i Co’ Sang si sono sciolti. Mi sono avvicinato molto a Luché. A quel punto il rap era veramente solido e affermato. Ora i ragazzi di tutta Italia si impegnano per comprendere il napoletano, ovviamente anche per il fenomeno della serie tv Mare Fuori e per i successi nel calcio. Ma ovviamente anni fa non era assolutamente così».

Vedi delle criticità nel fatto che i riflettori siano così tanto puntati sulla città?
Io non la vivo male. Certo l’hype su Napoli era già cresciuto con Gomorra, anche se personalmente non l’ho mai vista. Io credo che le cose peggiori capitino a Napoli come a New York o a Milano. E che ci sia sempre anche un aspetto negativo dietro a quello positivo. Quindi se viviamo un momento vincente da una parte, è normale che dall’altra succeda qualcosa di male.

Chiummariello e Magaletti: «I numeri reali degli artisti sono almeno il doppio. È così dai tempi di Gigi D’Alessio e Pino Daniele»

I quartieri considerati più a rischio sono migliorati in questi anni?
Napoli è la città più visitata d’Italia e non si può dire che si viva male. Non è il paese delle meraviglie, ci sono quartieri tendenzialmente pericolosi è vero ma i problemi che si riscontrano lì si trovano anche in tutta Italia.

Pensi che al Nord esistano ancora atteggiamenti razzisti?
Siamo razzisti in tutta Italia, perfino da un quartiere all’altro. Per ignoranza o paura, non so quale sia la ragione intrinseca. E poi sono sicuro che musicalmente l’Italia sia divisa in due. Ci sono artisti del Nord che macinano dischi di platino che non hanno pubblico ai concerti al Sud, superata Roma, e viceversa.

Però artisti come Geolier e Luché sono più ascoltati a Milano che a Napoli.
Certo. Se apro il profilo di Geolier di Spotify ora trovo 500mila ascoltatori a Milano e 250mila a Napoli. Però lui richiama 35mila persone paganti a Napoli e la metà a Milano. Come è possibile?

Perché a Napoli la gente spesso cracka Spotify?
Esatto. I numeri reali degli artisti sono almeno il doppio. È così dai tempi di Gigi D’Alessio e Pino Daniele. Del resto, quello che era il mercato della pirateria si vede bene nel film Mixed By Erry di Sydney Sibilia. Al Sud siamo ripagati dai live.

Manca un collettore a Napoli che uniscabBooking, agenzia e case discografiche?
Cerchiamo di farlo noi. Certo la major ci serve per promuovere il progetto, per il resto cerchiamo di arrangiarci noi. Quello che servirebbe davvero è una campagna di promozione per l’utilizzo di Spotify Premium (o degli altri DSP ufficiali).

Chiumma tu dedichi molto tempo al talent scouting: che cosa ti colpisce davvero di un artista emergente?
La sensazione che provo quando lo vedo. Quando ho visto Geolier a 13/14 anni ho capito subito che era una star dall’attitudine che aveva sul palco. O ce l’hai o non ce l’hai. E quando hai un talento enorme si vede.

Gestire i rapper a Napoli significa anche dover gestire le richieste dei clan?
No. I clan non sanno nemmeno chi siano gli artisti, perché non è un ambiente dove girano abbastanza soldi per interessarli.

Nemmeno per vanità? Il fatto che i rapper abbiano preso il posto dei neo-melodici che prima venivano invitati alle feste per cantare?
Forse adesso, dopo tanti anni, li vogliono. Ma a me non hanno mai chiesto niente. I problemi più grossi che ho avuto a Napoli sono stati strutturali perché non c’erano posti dove far suonare gli artisti. Dopo i Co’Sang, che erano unici, c’è stato un buco totale. E solo ora lo abbiamo riempito.

L’intervista a Cristiano Magaletti

Cristiano Magaletti, di Bari, nasce come avvocato civilista di separazioni, divorzi, recupero crediti. «Di quelli che hanno 7-8 udienze al giorno. Una causa alle 10.50 e un’altra alle 10.55», scherza lui. Poi si specializza in diritto d’autore. Inizia a lavorare con gli artisti, uno dei primi è Al Bano, «ho dovuto anche gestire una mezza guerra diplomatica con l’Ucraina, quando lui è stato inserito nella loro black list. Sembrava uno scherzo all’inizio». Poi il sodalizio con Fedez e la fondazione della Newtopia anche con J Ax. «E poi la Dark Polo Gang, Tedua, Fabio Rovazzi». Ma le cose cambiano e i destini si separano, con tutti tranne che con Rovazzi. Insieme conoscono Dani Faiv con cui collaborano lato artistico e strategico. Magaletti diventa anche il manager di Paky, con cui fonda il vero e proprio polo artistico Glory.

Dopo il destino di Magaletti prevede l’incontro sulla sua strada con Chiumma e così i due iniziano a collaborare nel 2020. «Noi ci capiamo con il pensiero, non abbiamo nemmeno bisogno di parlare. È nato un sodalizio per il business ma ci siamo trovati subito anche caratterialmente. Abbiamo un carattere un po’ vivace, diciamo. Comunque ci compensiamo. Le nostre battaglie sono per far rispettare i nostri artisti maggiormente, anche dal lato contrattuale». E i fatti lo dimostrano: la scena musicale urban di Napoli è appunto gestita quasi totalmente da loro.

Magaletti e Chiummariello e le difficoltà nell’entrare nel mercato

«Però io voglio anche far presente come si sia faticato a rendere pubblici e a celebrare i successi di Napoli, innanzitutto nel calcio. È stato lo stesso Luché a farmi presente che anche se il Napoli vinceva si parlava sempre e solo delle altre squadre sulla prima pagina dei giornali! Quindi mi chiedo: non è anche nella musica si tende a non dare troppo spazio, per esempio in radio, al napoletano? Va bene che tutta la discografia è al Nord però noi abbiamo dovuto veramente lottare per imporci, per una questione di dialetto. Per esempio, Non abbiamo età di Luchè del 2018 è tornata in classifica alle prime posizioni ma non se ne è parlato molto, se fosse successo a un rapper del Nord, siamo certi che avrebbe avuto un trattamento diverso!».

Quali sono i segnali inequivocabili invece che le cose stanno cambiando? «Prima ricordo che fare un feat. con un artista napoletano sembrava una gentile concessione, adesso invece lo vorrebbero tutti! Anche dall’estero. In Francia si erano accorti prima del resto d’Italia del successo dei Co’Sang: per esempio Akhenaton, una leggenda in patria e non solo, li aveva ospitati a Marsiglia già nel 2013!».

Voi seguite anche altri generi oltre all’urban? «No, abbiamo creato un vero e proprio blocco urban. E anche le case discografiche sanno di potersi rivolgere a noi quando hanno bisogno di quel genere a Napoli. E quando ci spostiamo da un’etichetta all’altra lo facciamo tutti insieme».

Cristiano Magaletti, tu ed Enzo Chiummariello avete le stesse intuizioni sugli artisti? «Esatto. Enzo li individua, li scova quotidianamente. Io gestisco i problemi qui a Milano e insomma insieme ci compensiamo perfettamente».

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