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Equaly presenta un report dove ha sottoposto un sondaggio a 153 lavoratrici del settore. Molte all’inizio pensavano di non avere mai subito episodi di tal tipo ma di fronte a domanda diretta si sono trovate a rispondere in maniera diversa. Ne abbiamo parlato con la sociologa Rebecca Paraciani che ha curato la ricerca
La violenza sulle donne può avere le più diverse sfumature: può essere anche psicologica ed economica, come continuano a ripeterci in molti. Ed è diffusa in moltissimi campi, come sappiamo: basta leggere le cronache nazionali che riportano sempre più casi soprattutto negli ultimi mesi. Non c’è bisogno di arrivare agli esempi più estremi per parlarne. In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre di due anni fa, Equaly, che si occupa di parità di genere nel mondo della musica, ha deciso di sottoporre un sondaggio a 153 lavoratrici del settore musicale. Artiste e addette ai lavori di qualsiasi comparto. Proprio oggi, venerdì 6 ottobre a Firenze alla Camera Commercio (Comitato Imprenditoria Femminile) si è tenuta la prima presentazione ufficiale.
Violenza sulle donne nel mondo della musica: il report di Equaly
Abbiamo parlato dei risultati della ricerca di Equaly insieme alla sociologa Rebecca Paraciani che ha curato il report di analisi e il primo dato che è emerso (e che ha stupito in prima battuta lei) è stato come le donne contattate all’inizio avessero risposto che non avevano mai subito comportamenti violenti o discriminatori nel corso della loro vita lavorativa. Poi di fronte alle domande specifiche, del form anonimo di Equaly, quasi tutte hanno risposto di sì ai casi presentati come esempi di violenza.
Quindi il primo – importantissimo – punto è prendere coscienza di cosa sia una violenza oppure no. Sul perché anche il campo della musica sia particolarmente fertile per questo genere di abusi e luoghi comuni cerchiamo di capirlo da anni e ci aveva dato una spiegazione decisamente interessante Andreea Magdalina, fondatrice di shesaid.so. Il punto era – in maniera decisamente sintetizzata – che quello della musica era un settore dove prevalevano improvvisazione, poca competenza e troppo spesso ignoranza.
La violenza sulle donne nel mondo della musica passa anche dall’esclusione
Inoltre, per chi odia le classificazioni: la musica è un territorio prevalentemente maschile. Le donne nel mercato musicale sono poche rispetto agli uomini e sono ancora meno se si considera il processo di creazione e produzione delle canzoni. Se non ci credete ecco a voi qualche dato. Una ricerca condotta da Nuovo Imaie su un campione di 389.219 canzoni italiane, ha messo in evidenza che le donne sono le principali interpreti dei brani solo nell’8,3% dei casi considerati.
Se si prende in considerazione il Festival di Sanremo, poi, nelle sue 70edizioni dal 1950 al 2020, la presenza femminile non solo è inferiore rispetto a quella maschile, ma è quasi nulla se si considerano le donne che, nelle diverse edizioni del festival, hanno avuto ruoli decisionali. Questo poi è un dato che ha dell’incredibile: se si pensa ai direttori artistici, su 76 della storia del festival si può annoverare solo una donna. Si tratta di Carla Vistarini che ricoprì quel ruolo insieme a Pino Donaggio e Giorgio Moroder.
Anche se purtroppo il mondo del lavoro è in generale prevalentemente ancora maschile, come mai proprio la musica è un terreno fertile per l’esclusione delle donne?
Quella musicale è un’industria governata da confini e regole poco chiari, che si traducono in rapporti di lavoro spesso informali. In questo contesto l’essere donna è ancora più complesso. Dopo la pandemia poi sono stati stanziati dei fondi grazie al Nuovo Imaie e per la prima volta il mondo della musica ha sentito l’esigenza di una maggiore istituzionalizzazione. Sono nati anche molti più corsi per le professioni della musica per diventare promoter, manager o tour manager. Tutto era per far concepire la musica come un lavoro e non come un hobby e divertimento. C’era la necessità di riempire dei vuoti in maniera istituzionale ma quegli spazi sono stati presi ancora una volta da uomini. È più facile anche creare un’esclusione quando i confini gerarchici non sono definiti.
Luoghi comuni e battute sessiste: la violenza sulle donne è anche quello
A chiunque di noi è capitato di vedere delle situazioni sbagliate in questo mondo. Come mai?
Ognuna ha qualcosa da raccontare. Banalmente io ho avuto voglia di approfondire e di entrare in contatto con Equaly partendo dalla mia esperienza diretta. Suono in un gruppo e chissà come mai quando era il momento di parlare di cachet o di soundcheck e aspetti tecnici chiedevano di parlare con un mio collega uomo. Quello che noto è la volontà di escludere le donne e questo volere prende diverse forme.
Un’altra cosa che ho notato è che quando le donne riescono a riempire quegli spazi e ad aggiungere delle posizioni di potere tendono a leggere la realtà con delle visioni maschili, ribadendo il fatto di avere “le palle” o il carattere per fare questo lavoro.
Ci sono anche dei motivi oggettivi che rendono arduo il lavoro delle donne?
Sicuramente il tema della conciliazione vita famigliare e lavoro rende difficile il lavoro notturno per una donna. Sono le stesse dinamiche che esistono purtroppo anche in altri settori ma nel mondo della musica vengono amplificate. Inoltre, nel clima di informalità che caratterizza la musica è facile che il merito non venga premiato e ci si affidi alle conoscenze. Quello che è emerso dal nostro questionario poi è che le 153 ragazze intervistate tramite Equaly (non un numero così alto da avere l’ambizione di essere rappresentativo di tutto il sistema) hanno tutte una preparazione medio-alta. Anzi: la maggioranza ha una laurea triennale, un terzo anche post-laurea, ma questa qualifica non viene loro riconosciuta. E perché? Perché l’informale ha un peso eccessivo nell’ambiente. È un problema di definizioni anche: capire che cosa sia una molestia sul lavoro non è così immediato.
La maggior parte delle donne non si sente coinvolta. Ma solo all’inizio
La maggior parte delle donne interpellate all’inizio non si sentiva coinvolta?
Esatto. Già è difficile capirlo in generale. Anche a livello giuridico. A domanda diretta: hai mai subito violenza in ambito lavorativo la maggior parte rispondeva no. Ma poi di fronte al caso specifico rispondevano sì. A nessuna non era mai capitato nulla. È importante capire ed etichettare le cose. Anche una barzelletta o uno scherzo possono avere degli effetti diversi a seconda di chi li recepisce. Ci sono tanti modi di umiliare, sovrastare e “mettere al proprio posto” le persone. Per non parlare delle violenze fisiche pesanti.
“Il popolo delle donne”, un docu-film che affronta il tema con una tesi precisa
Alla Mostra di Venezia è stato presentato in anteprima Il popolo delle donne di Yuri Ancarani. Una lezione aperta della psicanalista Marina Valcarenghi (che ha lavorato anche in carcere) dove la studiosa indaga l’origine della violenza sulle donne in Italia e il suo aumento in questi ultimi anni. In pratica la tesi (che purtroppo devo sintetizzare) è che l’ascesa delle donne nel nostro Paese è stata così rapida da creare un forte scompenso in parte dell’universo maschile tanto dal portarlo a desiderare la vendetta in ogni modo, anche con azioni estreme. Tu cosa ne pensi?
Io non credo che questo avvenga nel mondo della musica, perché esiste ancora semplicemente la convinzione che la donna non abbia competenze né tecniche né creative.
Non pensi che invece gli uomini le vedano e questo li infastidisca?
Credo di no. Penso che siamo ancora talmente indietro rispetto a questo tema che non sia questo il punto. Non penso che gli uomini si sentano minacciati nel mondo della musica. Ma devo dire che l’aspetto sessuale torna per sminuire e umiliare, magari con un commento sgradevole.
In questi anni abbiamo assistito a tanti momenti di pink washing.
Certo, per esempio a me era stato detto che con la mia band ero stata chiamata a un festival solo perché ero donna. Perché se un uomo viene chiamato invece nessuno dice niente?
Quale può essere un’altra mossa da fare subito?
Parlarne e non solo tra noi donne. Perché se no ce la cantiamo e ce la suoniamo tra persone che sono già consapevoli. Dobbiamo ampliare la platea di chi ascolta e soprattutto le parole. Perché da lì si cambia tutto.
Le date di presentazione del report di Equaly sulla violenza sulle donne nella musica
- 6 ottobre – Firenze in collaborazione con il Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio di Firenze – Camera Commercio/Comitato Imprenditoria Femminile
- 16 ottobre – Roma – 24ore Business School
- 21 ottobre – Bologna – La Città delle Donne (Sala Tassinari)
- 11 novembre – Napoli – Fondazione Morra Greco
- 20 novembre – Martina Franca – Fondazione Paolo Grassi