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Tropico: «“Soli e disperati nel mare meraviglioso” nasce in periodo travagliato. La discografia a un giro di boa»

Il cantautore Davide Petrella presenta il suo terzo album con una festa nel Golfo di Napoli e ne racconta la nascita. Ma riflette anche sul momento storico che stiamo vivendo

  • Il26 Settembre 2025
Tropico: «“Soli e disperati nel mare meraviglioso” nasce in periodo travagliato. La discografia a un giro di boa»

Tropico (foto di Alessandro Treves; Artwork Vittoria Piscitelli)

Un mare meraviglioso, come quello del titolo, è lo sfondo del mini-live di ieri sera nel Golfo di Napoli di Tropico per presentare il suo nuovo album. In più: le luci della costa, una brezza leggera e una barca dove campeggia la scritta illuminata Soli e Disperati nel Mare Meraviglioso, il suo terzo lavoro, appunto. 17 tracce raffinate e ispirate dove Davide Petrella, il cantautore napoletano nonché l’autore più richiesto in Italia, ha sperimentato come non mai per dare spazio ai suoi gusti e alle sue passioni. C’è anche tanta tradizione napoletana e suoni che citano gli anni ‘70.

“Ma è un album che nasce anche dal dolore: delle perdite subite nell’ultimo periodo e dei cambiamenti”, racconta lui, poco prima che inizi l’evento in barca (ormai una tradizione per le uscite dei suoi album).

Un titolo ancora una volta molto cinematografico.
Da Non Esiste Amore a Napoli a Chiamami Quando la Magia Finisce, mi piace cercare di immaginarli sempre poetici, più adatti a film o a libri. Ci ho messo tanto tempo stavolta e sai perché? Non trovavo proprio la canzone “perno”, la title track, ma ne avevo pronte più di 20. Anzi, anche una sessantina in tutto, come spesso mi succede, che già stavo scartando. Se una cosa non mi funziona la cancello subito e il mio editore, Klaus Bonoldi, mi chiede, ridendo, di lasciarla a lui.

Ma tu non lo fai?
Mai. Mi sentirei un cialtrone a dare ad altri le canzoni che ho scritto per me.

Questo album è stato doloroso nel senso che è stato difficile lavorarci?
Sono tanti motivi insieme. Io volevo uscire dalla mia comfort zone, credo infatti che ci siano 4 o 5 pezzi molto coraggiosi, come quello con Edo (Calcutta ndr) che è lungo ben 6 minuti e mezzo. Però più che difficile è stato doloroso. Non è mai facile lasciare delle persone con cui hai fatto dei pezzi di strada nella vita. D’altro canto posso dire che se non ci fossero state determinate separazioni non sarebbero nati i pezzi.

Questo album segna anche il tuo ritorno in Island/Universal dopo Sony Music.
Esatto, devo dire di essere molto contento al momento, anche se non farò mai nella vita una sviolinata ai discografici. Conoscevo già la squadra con cui lavoro.

In Nun ce pensa cchiù mi sembra che ci sia una presa di posizione contro il mondo musicale italiano. Cantato da te che sei uno degli autori più ricercati mi ha fatto una certa impressione.
Ma no, credo che ognuno si scelga la squadra in cui giocare e io ho la fortuna di poterlo fare sempre. Sento che la mia figura è abbastanza un “unicum” nel panorama: perché bisogna essere prima di tutto artisti e poi si può essere autori. Bisogna sapere bene come cantare e rapportarsi davanti a una platea, per poi scrivere per altri. Non è per tutti così. Ecco, in questo momento, per tornare alla tua domanda sento che siamo arrivati a un giro di boa nel mondo della discografia: le radio non hanno più il peso che avevano prima. Sanremo non si capisce se lo abbia o meno. Spotify sta cambiando i suoi asset e nel 2025 non ci sono stati praticamente i pezzi estivi.

Come mai secondo te?
Può essere che quest’estate ero fermo io che stavo scrivendo il mio disco… scherzo, ovviamente! In realtà, io sono contento di questi cambiamenti: almeno si sparigliano un po’ le carte. Anche la classifica sta iniziando a premiare il catalogo e generi, come quello pop o il cantautorato, che prima erano diventati un po’ secondari rispetto al rap. Ecco, la cosa importante che vedo lavorando sempre in studio è che mi pare ci sia più spazio per l’autenticità e per l’errore.

Tu senti la pressione dei numeri per streaming e altro?
No, zero. A me interessa solo produrre musica di qualità che mi rispecchi. Mi pare anche lì che i numeri stiano diventando meno importanti, nel senso: se tutti devono fare gli stadi e magari bluffano, non possono essere più di tanto centrali.

Mi avevi detto che il tuo sogno era un giorno suonare allo stadio…
No, per me ora il posto limite è il palazzetto, tipo il Palapartenope che chiuderà il mio tour. È difficile anche avere un’ottima acustica allo stadio. Per me ora il massimo è il club. Anche se fa veramente piacere avere tante persone al proprio concerto.

Nell’album ci sono alcuni feat: Ghali, Calcutta, Achille Lauro, Bresh e nayt. Tutti mi sono sembrati molto spontanei: Ghali mi sembrava tornato al 2016. Quanto è diverso quando ti rapporti a un artista per collaborare o quando scrivi per lui?
Quando scrivo per altri è totalmente diverso: è come se fossi un attore che si mette nei panni dell’altro. So di non dover mai forzare la mano per cambiare la personalità di un artista. Tendenzialmente, comunque, cerco di conoscere prima gli artisti con cui collaboro, ci tengo proprio, per instaurare un rapporto umano. E questa volta ci siamo davvero divertiti.

Mi sembra che Napoli ci sia ancora di più del solito in questo album.
Certo, perché mi dà proprio gusto anche scrivere in dialetto: penso di aver a disposizione due lingue e quindi voglio sfruttarle entrambe.

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