Venerus, umano, troppo umano (per fortuna). L’intervista per il nuovo album “Il Segreto”
Domani esce uno dei dischi più interessanti e coraggiosi del 2023. Abbiamo anche visto il suo live in acustico: ecco il resoconto di una serata magica e la nostra conversazione con l’artista milanese
Venerus è impaziente di vedere disponibile per tutti Il Segreto. Ma intanto riscalda i cuori di chi lo sta vedendo in giro in questi giorni per delle Live Experience, una sorta di warm up generale e promozionale prima del tour estivo.
Ieri Venerus e i suoi quattro musicisti che lo hanno accompagnato nella realizzazione del nuovo album hanno presentato nella sua interezza – e in acustico – Il Segreto, un cadeau prezioso per un folto gruppo di fan e qualche nostro collega.
In un buio Auditorium San Fedele, uscendo da una porticina che affaccia sul palco, Venerus si è presentato sotto uno scroscio di applausi e si è seduto davanti al piano, dicendo: «Ultimamente non mi avete visto tanto in giro per Milano ma questo luogo è per me speciale. È uno dei pochi teatri dove accadono musicalmente cose speciali e mai scontate».
Esattamente così è il suo show in acustico. Ad accompagnarlo ci sono anche il suo amico fraterno Filippo Cimatti (con occhiali da sole tutto il tempo) alla chitarra e un sempre più bravo Elia Pastori a batteria e percussioni (già presente nella band di Mahmood).
Venerus segue fedelmente la tracklist del disco in uscita domani, venerdì 9 giugno. Già dalla opening track, Faresti lo Stesso, si capisce la bontà delle composizioni. Il ritmo sincopato e rapido funziona benissimo, la voce piena di soul di Venerus è tonica, le chitarre fanno scivolare piccoli assoli piacevolissimi, il disco regge la dimensione del live anzi con l’acustico si colgono delle sfumature interessanti.
Durante questo showcase capisco appieno quello che Andrea va dicendo nelle interviste. Compresa la nostra, fatta poco tempo prima che salisse sul palco dell’Auditorium San Fedele.
L’eclettismo senza schemi e atemporale di Venerus
Venerus mette al centro di tutto l’uomo, l’artista con le sue peculiarità, sembra far suo il principio vitruviano. Non esistono le macchine stasera, la tecnologia è fuori dal teatro. La sua è una musica fuori dal tempo e che include tanti riferimenti. Alcuni spiazzano per l’età che ha Venerus.
Nella bellissima suite che per 12 minuti la band esegue – legando tutte assieme Non Imparo Mai, Binari e Pensieri in Musica – ci trovi Lucio Battisti, i Van Der Graaf Generator, il soul jazz anni ’70, il prog, un tocco di New Orleans con certe pause ironiche e teatrali quasi à la Dr. John.
Venerus riesce anche a far cantare a tutti alla fine del concerto la lunga strofa di Fantasia, cosa in teoria impossibile visto che il disco non è ancora disponibile ma risolta con la presenza in sala di un libretto con i testi. Un finale che sembra quasi un rito liturgico e che suona come qualcosa molto da comunità fuori assi dal tempo che viviamo.
In pochi, tra i giovani fan, hanno fatto video e foto durante lo showcase. Che sia il segno di un tempo che sta cambiando? Di un qualcosa che sta per succedere? Sono queste anche le ultime parole che ci dice Venerus nell’intervista che leggerete qui di seguito.
L’intervista a Venerus
Mi piace iniziare da una tua frase presa dal bell’editoriale che scrivesti per il nostro magazine a fine 2021: “Non vale la pena provare odio per i falsi valori, il sentimento giusto è la leggerezza”. La prima impressione che ho avuto ascoltando Il Segreto è proprio di leggerezza, di un disco che suonerà più o meno così come è dal vivo.
Assolutamente. Ma di dirò di più. Il Segreto a livello artistico è stato, ed è, frutto dell’esperienza dei tour. Il disco nasce dagli insegnamenti appresi sul palco lungo i tour che ho fatto in questi anni. Ho scavalcato in questo frangente la distanza tra disco in studio e canzoni suonate dal vivo. Queste vivranno le due dimensioni, rimanendo fedeli a sé stesse artisticamente.
Leggendo invece i testi ho notato che ci sono tante osservazioni che partono dai più intimi sentimenti. Arrivi a lambire spesso luoghi urbani e condivisi, come può essere un bar, un club. E poi c’è Milano in copertina, città-laboratorio dei tuoi sentimenti.
La maggior parte delle cose che sono raccontate sono cose che sono state ripescate da una specie di pozzo della memoria. Ma più che Milano, sono gli spazi dei miei ricordi il luogo di partenza. Ci sono pensieri, ricordi che hanno destato la mia attenzione, nonostante potessero essere una cosa veramente minuscola, che però hanno fatto partire un flusso tale da ricavarci alcune liriche.
Mi vengono in mente due poeti come William Blake o il William Wordsworth che enfatizza il rapporto con la natura per il proprio accrescimento spirituale.
Sei già entrato nei 30?
Sì, da sei mesi.
Sarà un decennio fantastico perché passerai alla dimensione definitiva di uomo ma le pulsioni giovanili saranno ancora fortissime. E soprattutto non dovrebbero esistere ancora rimpianti e slanci malinconici. E tu non mi pari assolutamente un artista malinconico.
Sono tanto “pro-crescita”, non ho paura di far passare il tempo, non voglio assolutamente perdermi le cose che vivo e mi capiteranno anno dopo anno. Invece la malinconia era un qualcosa che mi apparteneva quando ero più giovane. Una certa attitudine malinconica penso che mi abbia addirittura formato e mi abbia fornito una certa sensibilità.
Ma oggi sono una persona fortunata. Faccio cose bellissime nella vita, sarei un coglione se mi lasciassi adesso andare a slanci malinconici. Quindi esatto, le tue considerazioni in questo momento della mia vita ci stanno.
Com’è stato lavorare con Filippo Cimatti? Mi ha colpito Sola: è un poco fuori asse rispetto al resto del disco, è un po’ più rock.
Il Segreto è totalmente fatto una coppia con Filippo. In realtà non molti sanno che io iniziai con la musica rock, anzi prog, quando stavo in Inghilterra. Filippo lo conosco da 12 anni ed è anche il mio migliore amico, ci siamo conosciuti meglio proprio quando stavamo laggiù.
Lui arrivava dalla provincia di Modena e io da Milano. Ci eravamo conosciuti nella stessa accademia, lui studiava produzione e io chitarra. Eravamo diventati così amici che per molto tempo non sentivamo la neanche l’urgenza di fare musica insieme. Abbiamo lasciato che il tempo scorresse, anche perché lui si era trasferito a Los Angeles. Ma adesso ci siamo ritrovati dopo tanto tempo e abbiamo capito che era il momento di fare musica assieme.
Io un disco come Il Segreto non potevo comunque realizzarlo dall’oggi al domani. È frutto di una lunga gavetta, perché sono tante le tappe che devi fare. Qualche giorno fa ricordavo a Filippo proprio un concerto che avevo fatto nel Regno Unito e il pubblico era praticamente composto dalla mia ragazza e pochi altri. Questo tipo di esperienze è fondamentale.
Io con Il Segreto finisco un percorso che con Filippo abbiamo iniziato tanto tempo fa. E questo rapporto speciale ce l’ho solo con lui e Andrea Cleopatria. Siamo una piccola famiglia.
Ed è bello anche sentire un tocco leggero di drum’n’bass in Faresti lo Stesso.
Ho frequentato per lungo tempo un producer di drum’n’bass che si chiama Hyroglifics. Ho toccato con mano la scena londinese e faccio delle playlist di questo genere dove di solito metto tra i più recenti producer. Come Alix Perez che ha fatto un album strepitoso, 1984.
Faresti lo Stesso è nata di mattina presto verso le 6. Non aveva niente di drum’n’bass. Era fatta con una vecchia drum machine settata a 20-30 BPM più lenta. È stata una delle prime canzoni a nascere de Il Segreto.
Ci ho giocato un po’ assieme a Filippo. L’abbiamo resa un po’ dubby all’inizio e alla fine l’abbiamo velocizzata. Non vediamo l’ora di suonarla dal vivo. Se ascolti il disco con un tracciatore di BPM ti accorgerai che non è stato concepito con un metronomo. Le canzoni svisano di 20 o 30 BPM.
Ho letto nel comunicato questa cosa del metronomo…
Questa cosa del metronomo è nata due anni fa alla fine del tour. Abbiamo deciso di toglierlo di mezzo e per noi adesso è scontato non usarlo.
Una piccola rivoluzione copernicana: siete voi e non quello strumento al centro del ritmo da seguire.
Esattamente.
Mi piace Il Tuo Cane. Questo richiamo alla fedeltà e alla devozione parte con un sound cosmico etereo, metafisico… mi sono venuti in mente i Radiohead di The Bends.
Sai che è uno dei miei pezzi preferiti? Il concetto di “voler essere il tuo cane” per una persona amata l’ho già espresso una volta nella vita.
Non gli stavi cantando il brano degli Stooges?
No, no! (Ride, ndr) Stavamo passeggiando. Mi è risalita quest’immagine di me che lo dicevo mentre stavo in studio suonando il mio Moog. Era un arpeggio in stile Mother Earth’s Plantasia (disco di culto del 1976 di Mort Garson; la sua passione per il Moog lo portò a comporre interi album per ogni segno zodiacale, ndr). Un brano dolce che poi si trasforma in quasi grunge: mi piacciono questa metamorfosi e la libertà che esprime questo brano.
A proposito di libertà, con Mace sei un bell’esempio di come si possa portare fuori da un asse prevedibile il sound della musica anche di successo, diciamo genericamente pop.
La storia del pop è piena di eccezioni se la guardi a ritroso. Noi ricordiamo quegli artisti che come dei parafulmini hanno attirato verso di sé una quella grandissima energia creativa che si trovava in mezzo a un mare di mediocrità e che in ogni epoca circola.
Non è che tutta la musica degli anni ’60 fosse bella come quella dei Beatles, tanto per farti un esempio generico. C’era tanta musica di merda attorno. La questione secondo me è che adesso siamo in un periodo dove ci sono pochissime eccezioni e tutto, a livello di concezione, di produzione della musica, è in uno stato di stallo. In pochi si fanno delle domande di rottura o cambiamento dello status quo.
Mi viene naturale pensare che il presente musicale si stia accartocciando su sé stesso. Banalmente il fatto che se tu vuoi trovare una canzone nuova dove c’è una voce umana autentica con le sue increspature, i suoi difetti, fai fatica a trovarla.
La musica pop di oggi è spesso come un corpo estraneo che vive dentro di noi, una spina nella mano ma che prima o poi espelleremo naturalmente, come anche forma di difesa immunitaria. L’ultimo disco che veramente ascolto ancora adesso e lo trovo autentico è Yeezus… Mi piace però pensare che da un certo punto di vista siamo agli sgoccioli di questa situazione. Sta per succedere qualcosa.
Il tour di Venerus
- 23 giugno – Bra (CN), Artico Festival
- 25 giugno – Roma Summer Fest, Cavea Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone
- 4 luglio – Genova, Goa Boa
- 7 luiglio – Gardone Riviera (BS), Tener-a-mente
- 13 luglio – Padova, Sherwood Festival
- 19 luglio – Napoli, Noisy Naples Fest
- 22 luglio – Lajatico (PI), Corona Sunsets Festival World Tour
- 29 luglio – Rimini, Oltre a Mare | Beky Bay
- 6 agosto – Melpignano (LE), Tagghiate Urban Fest
- 9 agosto – Alcamo (TP), Alcart Festival
Info e biglietti sul sito di Vertigo.