Indie

Chi è Il Cairo, uno degli artisti in apertura ai Coldplay

Nel primo disco di Luca Zaliani troviamo un po’ di Battiato, i Duran Duran, l’indie pop anni Duemila e tanta malinconia che però sorvola leggera nel pentagramma

Autore Tommaso Toma
  • Il22 Giugno 2023
Chi è Il Cairo, uno degli artisti in apertura ai Coldplay

Il Cairo (fonte: ufficio stampa)

Milanese, classe 1997, Il Cairo all’anagrafe è Luca Zaliani. Le premesse del talento erano nell’aria da quando Luca è passato al suo moniker dopo l’esperienza con i Venticentoquarantotto. Venerdì 30 giugno arriva il suo album di debutto, Maxi Gusto. Un lavoro piacevolissimo, prodotto da quel talent scout di classe che è Giuliano Dottori.

Ieri, alcune ore prima del concerto dei Coldplay, Il Cairo è salito sul palco dello stadio Maradona di Napoli per suonare con la band di Laila Al Habash. Possiamo solo immaginare quali emozioni abbia vissuto il 26enne songwriter milanese che si è fatto notare con un paio di ottimi singoli e una manciata di live che hanno impressionato DNA Concerti, la quale si è prodigata per trovare una label per lui.

Ottima intuizione imprenditoriale, visto che ascoltando in anteprima Maxi Gusto siamo di fronte a un gustoso lavoro d’artigianato pop, derivativo e insieme modernissimo. Konika, Amaro, Intercity Notte sono alcune delle perle pop che Il Cairo ha piazzato nel disco. Ci si trova dentro un po’ di Battiato, i Duran Duran, l’indie pop anni Duemila e tanta malinconia che però sorvola leggera nel pentagramma.

L’abbiamo raggiunto al telefono mentre era nei sottopassaggi dello stadio partenopeo, pronto a replicare lo show d’apertura alla band di Chris Martin.

Il Cairo - Maxi Gusto - intervista - 2
Il Cairo (fonte: ufficio stampa)

Il Cairo, l’intervista

Immagino che tu sia ancora emozionato per ieri sera…

Favoloso, mi trovo già qui allo stadio Maradona, non manca molto alla seconda volta. Mi sento più rilassato adesso ed è una bella esperienza anche suonare il basso e i synth nella band di Laila.

A proposito, in Maxi Gusto i bassi e il synth sono un bel tratto distintivo. Nel tuo disco c’è molta Italia, tra i grandi del passato e i vari Tommaso Paradiso e Colapesce Dimartino. Poi c’è una fetta di indie europeo. Pochi i riferimenti all’indie americano.

Sono d’accordo con te. Ma se parliamo di basso e synth devo ammettere che ho macinato tutti gli album degli LCD Soundsystem. Adoro il modo di produrre quelle timbriche da parte di James Murphy, quindi in questo caso molto USA… Per il resto, ho sempre ascoltato tanti gruppi francesi, come i Phoenix e i Parcels, e tanto indie britannico!

Ma parliamo di Italia. Molto importante è il lavoro che ha fatto per te sul piano della produzione Giuliano Dottori.

Sì. L’incontro con Giuliano è stato per me importantissimo. Ha creduto in me sin dai miei primissimi passi. Io poi ero super fan degli Amor Fou, quindi appena ho avuto il piacere di conoscerlo ero già felice. Alla fine si è instaurato un rapporto di amicizia molto forte. Sono grato della sua frequentazione: mi ha aiutato a crescere a livello professionale e come persona.

Gli Amor Fou non avranno riscosso un grande successo ma hanno seminato bene. Anche Alessandro Raina è – come autore di canzoni – un protagonista della musica italiana.

Io ritengo che gli Amor Fou con 100 Giorni da Oggi (del 2012, ndr) abbiano realizzato uno degli album italiani più belli in circolazione.

Mi piacciono molto le tue canzoni, hai un istinto killer per i refrain catchy ma con un tocco mai trash. Poi aleggia quest’atmosfera malinconica che mi fa pensare alla coppia Colapesce Dimartino, che peraltro tu stesso dici di amare molto. Parlami di Konica, che tu metti a inizio album ed è notevolissima in questa prospettiva.

È stato uno dei primi brani scritti per Maxi Gusto. A me e Giuliano piaceva usare nell’intro un mellotron con questi accordi semidiminuiti che creano una velata tensione e che poi esplodono in una ritornello pop, che va dritto al punto.

Konica se vuoi la puoi intendere anche come sorta di narrazione in musica del concept visivo dell’album. Perché Konica è anche il nome della macchina fotografica con pellicola che ho ereditato da mio nonno e con la quale ho scattato tutte le immagini che fanno parte delle grafiche dei miei primi singoli. Sono un grande appassionato delle macchine analogiche. Mi porto sempre dietro questa Konica.

Mi fai pensare a Matt Helders degli Arctic Monkeys, anche lui appassionato di fotografia, che per la nostra cover story ci ha svelato: «Quando uso la pellicola mi prendo molto più cura del singolo scatto. Spesso ho un modo preciso, pulito di scattare», che poi è una sua cifra stilistica come batterista. C’è per te coerenza tra lo scattare foto e il fare musica? Te lo chiedo perché nelle tue immagini c’è quel qualcosa di malinconico e retrò come nelle tue canzoni.

Sai che sono assolutamente in linea con questo tipo di pensiero? Ma ti dirò di più. Spesso utilizzo rullini scaduti, un po’ per ragioni di costi e un po’ perché con questo tipo di pellicola il risultato finale è proprio una sorta di patina antica, desaturata.

Mi sono scoperto fotografo amatoriale un po’ per caso. Devo dire che percepisco questa unione con il mio modo di lavorare con la musica. Infatti, come ti dicevo, ho usato le mie foto per le uscite discografiche.

In Fiore di Agave, con questo tono pop lieve e rinfrescante, c’è l’ombra del Battiato anni ’80, complice la citazione delle Metamorfosi di Ovidio.

Assolutamente, una citazione spudorata a Bandiera Bianca e non solo. Lui è una reference sempre presente.

A quale età hai scoperto Franco Battiato? Immagino da bambino con quei ritornelli facili di Cuccurucucù, magari cantata dai genitori.

Io in realtà ho scoperto Battiato un po’ più tardi, benché anche i miei genitori non scappassero dal rito di mettere in auto canzoni come quelle. In realtà ho ascoltato sin da bambino moltissimo Lucio Dalla e Paolo Conte.

Battiato me lo sono andato a cercare circa dieci anni fa. Da musicista, ho percepito quelle finezze incredibili. Mi ha sempre colpito moltissimo la sua attenzione a quegli antichi strumenti analogici che nel tempo ha saputo ripescare.

Un po’ come aveva fatto il tuo amato LCD Soundsystem. E un po’ rientra nella filosofia dei tuoi rullini scaduti. Un cerchio che si chiude.

Vero, anzi un cerchio che si apre sempre, anche per le nuove generazioni.

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