Billboard Calls Crème of Talents: l’intervista a Futura
L’artista bolognese è fra i dieci finalisti del contest lanciato da Billboard Italia e La Crème Records: è giunto il momento di conoscerla meglio
Nata a Bologna nel ‘98, Matilde Benuzzi, in arte Futura, entra a contatto con il mondo della musica a soli 9 anni dedicandosi allo studio della tecnica vocale e del pianoforte, per poi poter comporre la sua musica in autonomia. Nel corso degli anni collabora con alcuni produttori e musicisti della scena bolognese, con i quali inizia un percorso di ricerca e definizione del proprio sound: un insieme dei generi con cui è cresciuta – come il pop, il jazz e il soul – e l’influenza del cantautorato italiano.
Spinta dalla sua grande passione, dopo aver terminato il percorso di studi, decide di dedicarsi al suo progetto musicale e pubblica il suo primo EP, Carta Bianca. Il suo ultimo singolo, Arturo, è un dolce regalo per il fratello minore e anticipa il suo nuovo progetto.
Futura è fra i dieci finalisti di Billboard Calls Crème of Talents, il contest lanciato da Billboard Italia e La Crème Records. È giunto il momento di conoscerla meglio.
L’intervista a Futura
Raccontaci la tua formazione musicale.
Ho iniziato a studiare tecnica vocale in accademia quando avevo 9 anni. La mia insegnante dell’ora di musica delle elementari aveva detto a mia mamma che cantavo sempre, anche al di fuori delle sue lezioni… Suppongo quindi che la proposta dei miei genitori di iniziare a studiare canto fosse un diversivo per lasciarmi sfogare fuori dalle ore scolastiche. Ai tempi impazzivo per le grandi cantanti americane: Whitney Houston, Aretha Franklin, Mariah Carey, Christina Aguilera. Ricordo che rallentavo le loro canzoni per studiarne i vocalizzi e la tecnica, ero ossessionata.
Crescendo poi ho iniziato a sentire il bisogno di scrivere e cantare qualcosa che mi rappresentasse, che mi desse spazio anche di esprimere e non solo di interpretare. Così ho preso per qualche anno anche lezioni di pianoforte, in modo da poter comporre e accompagnarmi con uno strumento. Inizialmente scrivevo in inglese. Ho approcciato il cantautorato italiano molto tardi grazie a un’amica appassionata che mi ha fatto scoprire la bellezza e la profondità della nostra lingua. Ho iniziato a scrivere con amici musicisti e produttori e a ricercare il mio suono quando ero alle superiori e nel 2018 è uscito il mio primo pezzo in italiano, Cerco il Mio Spazio, brano a cui sono molto legata.
Cosa ti ha spinto a intraprendere un percorso artistico nella musica?
Non è una cosa a cui abbia mai veramente pensato, del tipo: “Ok, ora faccio musica”. È sempre stata per me una necessità più che un semplice desiderio. Ricordo che durante l’università provai ad accantonare la musica, anche per la mancanza di tempo, ma la verità è che avevo paura di focalizzarmi su qualcosa che non mi avrebbe mai dato di che vivere perché “non ci credevo abbastanza”.
Quell’anno è stato terrificante. Sentivo come se mi mancasse un pezzo, non trovavo soddisfazione in nient’altro. In quel momento ho capito che essere artisti significa costantemente oscillare tra la paura di continuare ad esprimersi attraverso la propria arte e la consapevolezza che non potrai mai abbandonarla perché non si conosce altro modo per esprimersi.
Quali sono i tuoi miti musicali di sempre? In che modo ti senti influenzata da loro?
Non sono mai stata la ragazza adolescente con i poster in camera dei propri idoli. Ho sempre esplorato un po’ tutti i generi, sono figlia di un bel mix. Mia nonna quando ero piccola mi faceva ascoltare musica classica, mi racconta sempre che metteva su il giradischi e io lo accarezzavo. Credo che sia anche per questo che amo il suono del pianoforte. Le grandi cantanti pop americane che ascoltavo durante la mia formazione sono state la mia vera influenza, dopodiché ho davvero esplorato tutto il resto, il funk, il jazz, l’hip hop, il soul.
Quali sono tre dischi che porteresti su un’isola deserta?
Tre sono pochissimi, ma direi Late Registration di Kanye West, Mama’s Gun di Erykah Badu e Swimming di Mac Miller.
Raccontaci il brano che hai presentato a Billboard Calls Crème of Talents.
Gesto d’Amore è il titolo del pezzo. L’ho scritto un anno fa insieme ad un amico, Enni, che per coincidenza (oppure no) stava sentendo e vivendo le mie stesse cose, ma in realtà racconta di un sentimento per me molto attuale. Parla di un desiderio di libertà. L’ho scritta per ricordarmi che a volte trovare il coraggio di prendere un’altra strada e separarsi da una persona non è egoismo ma è un gesto d’amore nei confronti di se stessi e dell’altra persona. Ho prodotto il pezzo insieme a Foi, Federico Erba, mio fedele compagno di musica da quando sono a Milano. Ci piaceva l’idea di partire da un groove afro per togliere un po’ di malinconia dal brano. Volevamo fosse più un inno alla libertà che un pezzo strappalacrime post-breakup.
Che visione hai per il tuo progetto artistico nei prossimi anni?
Io dico sempre che la musica, come ogni forma di espressione e di arte, richiede tempo e non può essere trattata come un’azienda che produce sigarette. A volte hai qualcosa da dire e lo scrivi o lo canti o lo dipingi. Altre volte invece hai solo bisogno di elaborare quello che stai vivendo e vuoi startene in silenzio a osservare. Non mi piace fare piani a lungo termine, cerco di focalizzarmi il più possibile sul presente. Ho un amico che mi dice sempre che “il presente è l’unico momento che esiste”. Al momento quindi voglio focalizzarmi sui pezzi che ho scritto e che sto scrivendo. Mi piacerebbe presentare al mondo un progetto che mi rappresenti davvero al 100% sotto ogni punto di vista: magari lo racchiuderò in un album?
Qual è il tuo più grande sogno come artista?
Sentire un’intera platea cantare un mio pezzo, sapere che sono riuscita a condividere un mio sentimento con così tante persone deve essere surreale.