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Fuck Pop è un’altra scommessa vincente di Pluggers. Intervista a Oliver Dawson

Abbiamo incontrato il CEO della label per farci raccontare come è nato il collettivo “che non sarebbe dovuto esistere” e attraverso cui “fare qualcosa di musicalmente visionario fuori dal mainstream”

Autore Greta Valicenti
  • Il12 Luglio 2023
Fuck Pop è un’altra scommessa vincente di Pluggers. Intervista a Oliver Dawson

I ragazzi di Fuck Pop, foto di Irene Marino

Se seguite artisti come Massimo Pericolo e Big Mama (per citarne solo due del roster dell’etichetta), allora – almeno una volta – vi sarete sicuramente imbattuti in Pluggers. O perlomeno nel loro profilo Instagram, letteralmente una galleria di perle incredibili e imperdibili. Se infatti la maggior parte delle volte la label di appartenenza (specie se si tratta di un colosso multinazionale) è vista da fuori come un’entità esterna e quasi svincolata dall’artista, non si può dire lo stesso della major non major più figa del panorama italiano, parte integrante dell’immaginario dei suoi artisti che tra un meme e l’altro (prendere appunti, prego) e una Perlenbacher calda, negli anni ha lanciato alcune delle scommesse vincenti del rap (e non solo) italiano (vedasi l’incipit di questo articolo).

L’ultima? Fuck Pop, il collettivo multidisciplinare e multigenere (si va dal rap all’hyperpop) “che non sarebbe dovuto esistere” composto da venti persone tra cantanti, producer, grafici e A&R con cui “fare qualcosa di musicalmente visionario fuori dal mainstream”. Parola di Oliver Dawson, CEO di Pluggers, che abbiamo incontrato negli uffici di Milano per farci raccontare di come si manda affanculo il pop e i metodi tradizionali per farlo.

Oliver Dawson: «Fuck Pop nasce per sfruttare al meglio la blockchain, usare il modo standard sarebbe stato impossibile»

Ma come nasce il pensiero di creare una factory in cui per entrarne a far parte è necessario acquistare un pass virtuale? «L’idea di Fuck Pop è nata ormai più di un anno fa, dopo il periodo del lockdown in cui io mi ero intrippato con tutto il mondo della blockchain. Volevo trovare un modo per sfruttarla al meglio, un modo che fosse interessante e che c’entrasse con la musica. Molte cose oggi sono molto simili tra di loro ed è difficile capire cosa sia innovativo e cosa invece sia una copia della copia. Da questa frustrazione deriva anche il nome stesso del progetto», mi racconta Oliver.

«Ho deciso di lanciare questa competition un po’ pazza per unire varie tipologie di artisti e figure e creare una canzone. Abbiamo aperto una sezione di Discord e consegnato un NFT che permetteva di guadagnare dagli streaming della canzone. Farlo nel modo standard avrebbe voluto dire fare ottanta contratti, una cosa impossibile. Fuck Pop poi è diventata una cosa un po’ mitologica. Di queste ottanta persone alla fine ne sono rimaste solo venti, che però hanno iniziato a collaborare tantissimo tra di loro. Conta che in teoria noi dovevamo sentirci una volta alla settimana per fare il punto su come andavano le cose, loro invece ormai si sentivano tutte le sere!», continua.

Da una canzone a un EP, fino a pubblicare un brano a settimana

Da questa collaborazione così assidua e che ha unito venti personalità diversissime ma complementari tra loro, nasce quindi non una sola canzone, ma un piccolo EP – omonimo, ovviamente – di tre brani (McRione, Funko e Wello) uscito nell’estate del 2022. «Doveva essere un solo pezzo, con Koki addirittura scherzavamo dicendo “Chissà se su ottanta pezzi ce ne sarà uno buono”, poi nelle settimane i ragazzi hanno continuato e ci hanno convinto a lavorare su tutti e tre!», mi spiega Oliver. E la cosa non si è certo esaurita con tre canzoni, anzi. Perché i ragazzi di Fuck Pop macinano musica senza sosta, tanto da sfornare un brano alla settimana dal 2 giugno ad oggi.

Ma se spesso le cose nate online faticano ad essere trasposte nella dimensione reale, per Fuck Pop non è così. «Tra gli A&R c’è anche Antonio, che ormai è diventato il padre di tutto il collettivo. Ha messo a disposizione per i ragazzi una casa dove lavorare tutti insieme, ha un locale in Brera dove spesso organizziamo dei party. C’è Diego che organizza delle serate a Lambrate che col tempo sono diventate quelle ufficiali di Fuck Pop, e così abbiamo avuto la possibilità di testare i brani anche nella dimensione live. Fuck Pop è una cosa estremamente viva».

Dalla dimensione virtuale a quella reale

Due esempi? I party memorabili all’Art Mall durante l’ultima Milano Music Week e al Dumbo di Bologna, che è un po’ come «andare a venti serate ma tutte nello stesso posto e nello stesso momento, perché il mood e le atmosfere cambiano continuamente».

E la voglia di stare insieme nella vita reale e non solo in quella virtuale me la conferma anche Cinquantasettanta, uno dei giovanissimi membri di Fuck Pop. «Il lockdown è un momento che penso ci ricorderemo per tutta la vita. Alla fine di quel periodo si è proprio riaccesa la fiamma di fare, del vedersi, dello stare con gli altri. Appena ho visto il post di Pluggers in cui si parlava di Discord, una piattaforma che usavo letteralmente 24 h, mi sono esaltato. Quello per me è stato il motore di tutto», mi racconta.

Fuck pop, ma anche le logiche del one shot

«Ho scoperto un modo di lavorare nuovo, energico, che prima di Fuck Pop non conoscevo. I rapporti che si sono creati non sono una cosa scontata. Mi ricordo il giorno in cui ci siamo beccati per la prima volta tutti insieme al bar di Antonio: lì abbiamo capito subito che avremmo potuto fare tante cose», continua Cinquantasettanta. Un artista che lo stesso Oliver ha imparato ad apprezzare col tempo, cosa che nella discografia tradizionale nel 2023 sembra essere ormai un’utopia lontana surclassata dalla logica del one shot.

«Quando i ragazzi si iscrivevano dovevano ovviamente mandarci delle demo, e io me le sono ascoltate tutte. Ti posso assicurare che non mi sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello di lavorare con lui. Oggi, un anno dopo, posso dirti che le cose che fa sono veramente delle figate. Gli serviva solo il tempo e trovare le persone giuste con cui lavorare. Già un mese dopo avevo visto un progresso incredibile, da subito ha mostrato un’attitudine pazzesca, a livello musicale e umano», continua Oliver. «Vabbè dai, quelle demo riascoltandole erano veramente orrende!», concorda Cinquantasettanta. «Fuck Pop per me è stata proprio l’occasione per imparare a fare musica, io prima di entrare nel collettivo davvero ascoltavo sempre i miei soliti tre/quattro artisti preferiti, con loro invece mi sono fatto una cultura musicale».

Okay, fino a qui sembra tutto fighissimo (e fidatevi, lo è), ma qualche difficoltà in un progetto così ci sarà pur stata, chiedo a Oliver. «La difficoltà oggettiva secondo me è stata nel comunicare il tutto, una cosa così non si era mai vista in Italia. Abbiamo passato tanto tempo offline a realizzare questo progetto, e forse avremmo dovuto raccontarlo prima che arrivasse la musica», mi dice. Ma ora quest’ultima c’è, e pure parecchia, e se ancora non avete capito di cosa stiamo parlando non vi resta che andare ad ascoltare e convincervi che Fuck Pop è il collettivo che non sarebbe dovuto esistere ma di cui avevamo bisogno.

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