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“Vs.” dei Pearl Jam compie 30 anni: 5 curiosità sull’album

Usciva esattamente tre decenni fa, il 19 ottobre 1993, il secondo disco della band di Eddie Vedder e soci. Un progetto ruvido e anti-commerciale (che finì per avere un enorme successo lo stesso)

Autore Billboard IT
  • Il19 Ottobre 2023
“Vs.” dei Pearl Jam compie 30 anni: 5 curiosità sull’album

Pearl Jam all'epoca di "Vs." (foto di Lance Mercer)

A differenza del disco d’esordio, per il quale ci fu un periodo iniziale di assestamento, il secondo lavoro dei Pearl Jam, Vs., pubblicato il 19 ottobre 1993, ebbe un successo immediato.

Il grunge era ormai diventato un fenomeno di massa e Vs. dei Pearl Jam era tra le uscite più attese dell’anno. Nella sola prima settimana l’album vendette quasi un milione di copie. Più di tutti gli altri nove album della top 10 di Billboard messi assieme.

È un risultato ancora più incredibile se si considera che i Pearl Jam avevano fatto di tutto per ridurre il loro potenziale commerciale: dalla decisione di non realizzare neanche un video ufficiale da dare in pasto a MTV (scelta più unica che rara nel panorama musicale mainstream) a quella altrettanto estrema e consapevole di lasciare fuori dal disco un brano come Better Man (recuperato poi su Vitalogy), proprio perché dotato di tutti i crismi per diventare una potenziale hit.

Al contrario, la maggior parte delle canzoni dei Pearl Jam in Vs. erano state intenzionalmente costruite in modo da essere poco adatte alla radio, evitando riff troppo accattivanti e ritornelli da singalong, nel tentativo di preservare la band da un’eccessiva esposizione mediatica. Tentativo, in ogni caso, fallito per via di canzoni capaci di toccare le corde giuste della gente, nonostante o forse proprio grazie a un sound più feroce.

Ecco allora cinque curiosità sul disco dei Pearl Jam più riluttante al successo e al tempo stesso inevitabilmente destinato ad esso.

Cinque contro uno e uno contro tutti

One, two, three, four, five against one”. Chi conosce bene i Pearl Jam non può non riconoscere l’incipit di Animal, che resta indubbiamente uno dei brani più brutali e travolgenti di Vs. Non tutti, però, forse sanno che in origine il titolo del disco avrebbe dovuto essere proprio Five Against One.

Stando alle dichiarazioni di Stone Gossard, il titolo “rappresentava le molte lotte che si affrontano nel tentativo di fare un disco. La propria indipendenza, la propria anima, contro quella degli altri. In questo gruppo, e credo nel rock in generale, l’arte del compromesso è importante quasi quanto l’arte dell’espressione individuale. Puoi avere cinque grandi artisti nella band, ma se non riescono a scendere a compromessi e a lavorare insieme, non hai una grande band”.

Ciò ha favorito l’interpretazione comune – mai confermata – secondo cui il titolo fosse indicativo di una tensione interna alla band che si era venuta a creare in studio tra Vedder e gli altri membri dei Pearl Jam (Ament, Gossard, McCready, Abbruzzese) più il produttore Brendan O’Brien (o il manager Kelly Curtis).

In realtà è più probabile che quel “five against one” rappresentasse l’unione della band contro il resto del mondo. Questo senso del conflitto è ben presente nel disco ed è rappresentato anche dalla foto dell’animale in copertina: una pecora che ringhia mostrando i denti con il muso schiacciato contro una recinzione metallica.

Alla fine proprio per enfatizzare questo concetto di “album contro” la band deciderà di sostituire il titolo originale con il più sintetico e diretto Vs.

Pearl Jam contro Nirvana

Sono molti, in effetti, i conflitti che si sono trovati ad affrontare i Pearl Jam in quegli anni. Il più noto è quello con i Nirvana.

In più di un’occasione Kurt Cobain aveva denigrato i Pearl Jam, definendo Eddie Vedder il capo di una band “da carrozzone” e la loro musica “una fusione tra corporate, alternative e cock-rock”. In una famosa cover story di Rolling Stone (curata da Michael Azerrad) aveva dichiarato di sentirsi “in dovere di mettere in guardia i ragazzi dalla falsa musica che pretende di essere underground o alternativa”.

Successivamente Cobain preciserà che ce l’aveva con chi arrivava da Los Angeles e si fingeva alternative, indossando al volo una camicia di flanella. Ma evidentemente aveva sbagliato bersaglio, considerando quanto la storia dei Pearl Jam fosse in realtà ben radicata nella città di Seattle.

La questione si risolverà per il meglio agli MTV Video Music Awards del ’92 quando a un certo punto Cobain e Vedder balleranno insieme un lento sulle note di Eric Clapton che canta Tears in Heaven. Un filmato dell’accaduto è visibile nel documentario Pearl Jam Twenty di Cameron Crowe, uscito per festeggiare il ventennale della band nel 2011.

Nella biografia pubblicata in parallelo Vedder ha dichiarato: “Dopo gli MTV Awards, ricordo di essere uscito a fare surf la mattina seguente e di aver ricordato quanto fosse stato bello quel momento e di aver pensato: ‘Cazzo, amico’. Stavamo vivendo la stessa merda. Se solo avessimo parlato, forse avremmo potuto aiutarci a vicenda”.

All’epoca entrambi erano stati eletti come portavoce di una generazione, loro malgrado. Cobain aveva rifiutato il titolo in una sua famosa dichiarazione: “Io sono il portavoce di me stesso, il caso vuole che ci sia un mucchio di gente attenta a quello che dico e a volte è spaventoso, perché io sono solo confuso quanto loro”.

Vedder dirà più o meno le stesse cose, ma in maniera più empatica, nei versi di Leash, prima sbraitando “molla il guinzaglio, levati dalla mia cazzo di vista” e poi commuovendo: “Mi sono perso, non sono una guida, ma sono al vostro fianco”.

Pearl Jam contro la fama

Alla luce di ciò appare dunque evidente che una delle principali cose contro cui si sono schierati i Pearl Jam è stata la fama. La questione dei video è emblematica e non a caso la ristampa deluxe di Vs. conteneva anche un disegno di Vedder a tutta pagina con le parole: “E.V. no T.V”.

L’insofferenza di Vedder nei confronti di certi aspetti legati alla fama e al successo emerse chiaramente durante la lavorazione di Vs. quando la band fu spedita a registrare tra le colline di San Francisco in uno studio con campi da basket, piscina, sauna e in generale tutte le comodità extralusso a cui sono abituate le star affermate, ma che per Vedder erano semplicemente ridicole e disorientanti.

Odio questo posto, cazzo. Come si fa a fare un disco rock qui?” aveva dichiarato a Cameron Crowe, quando ancora lavorava per Rolling Stone. Si trattava di una situazione troppo diversa rispetto alle registrazioni dell’esordio: “Nel primo disco vivevamo in un seminterrato e io pisciavo nelle bottiglie di Gatorade e mettevo le monetine nel parchimetro per non prendere multe col furgone”, racconta ancora in Pearl Jam Twenty. Per questo ogni tanto Vedder si allontanava dal nuovo studio per giorni e andava a scrivere le canzoni in mezzo ai boschi.

Il pericolo della fama e del successo è esemplificato dalle prime parole che sentiamo cantare in Go, primo singolo ufficiale del disco: “Oh, ti prego, non mollarmi, non mollarmi adesso”.

I versi parlano di un’auto sul punto di rompersi, ma l’interpretazione comune è che Vedder stesse implorando, anche se solo metaforicamente attraverso un parallelo automobilistico, la sua band – e forse anche se stesso – di non finire fuori strada e di non schiantarsi e bruciare.

È evidente che Vedder aveva in mente la pericolosa traiettoria che i Pearl Jam stavano intraprendendo con il successo e ne fosse spaventato. Era come se si stesse guardando allo specchio e stesse lanciando un grido di aiuto.

Pearl Jam - Vs - copertina Time

Pearl Jam contro la stampa

L’altro elemento correlato alla fama “contro” cui si scagliano Vedder e soci è rappresentato dai media e dalla stampa, in particolare quella specializzata, ma non solo.

Pochi giorni dopo l’uscita del disco, ad esempio, uscì la famosa copertina di Time – al quale Vedder aveva negato sia l’intervista che il consenso alla foto che lo ritraeva ringhiante, con gli occhi chiusi, le narici dilatate e i denti scoperti. “All the Rage”, recitava il titolo in grassetto, mentre il sottotitolo diceva: “Giovani rocker arrabbiati come i Pearl Jam danno voce alle passioni e alle paure di una generazione”.

Vedder rimase molto scosso dalla vicenda e più in generale dall’appropriazione della sua immagine da parte dei media. Sono in molti a ipotizzare che i primi versi laceranti di Blood (“Spin me round, roll me over, fuckin’ circus”) siano un riferimento alle varie riviste musicali che gli davano il tormento: “Spin me round” alla rivista Spin, “Roll me over” a Rolling Stone e “fuckin’ circus” ovviamente alla rivista Circus.

Che sia vero o meno, non c’è dubbio che la canzone parli metaforicamente del suo sangue schizzato quotidianamente sulle pagine dei giornali. Ogni altra parola del brano è precisa e chiara: “Scola e versa, bagna le pagine, riempie le loro spugne”, canta. “It’s my blood”, urla rischiando ogni volta di lacerarsi la gola, quasi come se volesse tirarcelo fuori realmente quel sangue e mostrarci come prova.

Pearl Jam contro la società

Ci sono diversi temi politici e sociali contro cui si scagliano i Pearl Jam di Vs. Un brano come WMA già dal titolo (“White Male American”) è un duro atto d’accusa contro il razzismo sistemico degli Stati Uniti e la violenza della polizia contro gli afroamericani. Glorified G. ridicolizza e critica la diffusione delle armi nella società americana, prendendo spunto da una discussione col batterista D. Abbruzzese.

Un’attenzione particolare viene poi posta nei confronti delle donne, cui sono dedicate le principali ballate dell’album. Daughter parla di una ragazzina con disturbi di apprendimento che viene picchiata dalla madre, finché non si ribella e la disconosce nel ritornello (“Don’t call me daughter, not fit to; “Non chiamarmi figlia, non è il caso”).

Elderly Woman Behind the Counter in a Small Town tratta a suo modo il tema dell’ageismo femminile. Infine Dissident affronta il tema della violenza sessuale con un plot-twist inaspettato. Il dissidente a cui la donna protagonista aveva dato rifugio tenta di abusare di lei. A quel punto la donna lo denuncia invertendo i ruoli. Ora diventa lei la dissidente perché ha deciso di denunciare una violenza, cosa non molto comune all’epoca e in realtà nemmeno oggi. “La fuga non è la strada più sicura”, canta Vedder nel ritornello.

Lo stesso Vedder ha spiegato che il “santo no” pronunciato dalla donna è una deviazione del tentativo di stupro e che “la parola di una donna è sacra e il no significa no, ed è questo che intendo per un ‘santo no’”. La spiegazione del “santo no” di Vedder ribadiva il sostegno dei Pearl Jam ai diritti delle donne. Già l’avevano reso evidente con l’esibizione al Rock for Choice del ‘92 e poi durante il set per MTV Unplugged. In quest’ultima occasione il frontman si esibì con la scritta “PRO-CHOICE” sul braccio.

Pearl Jam - Vs - pro-choice

In conclusione

Vs. dei Pearl Jam è stato letteralmente un disco “contro” un sacco di cose. Fatto di canzoni che non si arrendono, ma proseguono la lotta indipendentemente dal raggiungimento del risultato. Perché ci sarà sempre bisogno – e i fatti di questi giorni lo dimostrano – di lottare contro le ingiustizie e contro l’indifferenza della gente.

Non per niente Indifference è il brano finale con cui Vedder dimostra la determinazione della band. “Stringerò la candela fino a bruciarmi il braccio / fisserò il sole fino ad accecarmi”, canta. Alla fine, ci chiede, “che differenza fa?”.

A 30 anni di distanza la nostra risposta è che ne fa ancora molta.

Articolo di Andrea Pazienza

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