Pop

“Moonlight popolare” di Mahmood e Massimo Pericolo è come uno schiaffo

Esce a mezzanotte di oggi l’inaspettata collaborazione tra Mahmood e Massimo Pericolo, un pezzo potente con basi anni 80 curate da Phra dei Crookers

Autore Silvia Danielli
  • Il14 Maggio 2020
“Moonlight popolare” di Mahmood e Massimo Pericolo è come uno schiaffo

Massimo Pericolo e Mahmood, fonte Instagram. Credit: Attilio Cusani

La coppia è abbastanza strana, non c’è che dire. Da una parte lo stiloso Mahmood, inaspettato vincitore del festival di Sanremo 2018 che va alle feste a Londra con attori blasonati e partecipa alla campagna di Burberry insieme a Carla Bruni. Dall’altra Massimo Pericolo, uno dei rapper duri-e-puri più apprezzati dell’anno scorso che della street credibility ha fatto una bandiera personale e ha raccontato senza filtri eventi traumatici che ha passato, come l’essere stato in prigione per qualche mese per possesso di marijuana.

I due alle 12 di stanotte pubblicano Moonlight popolare. Un pezzo potente dal sound anni ’80 prodotto da Phra dei Crookers. Un perfetto esempio di street pop: urban, certo. Rap, ma anche naturalmente pop, si uniscono insieme. E lasciano storditi come quando si riceve uno schiaffo in faccia, si perde l’equilibrio e non si sa bene da che parte cadere.


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A ben vedere, i due possono incontrarsi più di quanto non si possa pensare. Mahmood viene dal Gratosoglio, quartiere a sud di Milano e infatti canta in auto-tune “neanche io vengo da Bel Air” e può descrivere bene “madri che gridano e padri senza lavoro”. Massimo Pericolo, al secolo Alessandro Vanetti, è cresciuto tra Catania e Brebbia (Varese), e il racconto del carcere nelle rime o nelle interviste è stato anche fin troppo presente.

«Sono contento che sia stato Mahmood a parlare di carcere nel pezzo perché se lo mettevo io di nuovo, la gente smetteva di ascoltarmi, ormai c’è questa gag che io so parlare solo di gabbio», ha raccontato Vanetti, detto Vane, a Gino Castaldo di Repubblica.


I due raccontano della cosa più popolare che ci sia, la luna. E di quello che probabilmente in moltissimi si sono trovati a fare in questo strano periodo di quarantena: guardarla. “Più la guardi e più ti vien da pregare”, canta Mahmood. Nel senso di rivolgerle preghiere perché si esaudiscano i sogni che ognuno ha inventato per sopravvivere. Soprattutto chi si trova nei quartieri popolari descritti nel pezzo. Lo faceva dire già Leopardi al suo pastore errante: “Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna?”. Ora ci dialogano i due, con linguaggi diversi. Ed è spiazzante ma in fondo confortante stare ad ascoltarli.

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