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Cosa resterà di questo Sanremo 2023?

L’impatto sugli stream, la crescita dei numeri sui social degli artisti, una riflessione sul posizionamento dei giovani in fondo alla classifica e sull’assenza delle artiste sul podio. Che cosa ci ha lasciato l’ultima edizione del Festival della Canzone Italiana

Autore Billboard IT
  • Il16 Febbraio 2023
Cosa resterà di questo Sanremo 2023?

I 5 finalisti del festival di Sanremo 2023, foto: AGF/Maria Laura Antonelli

La 73esima edizione del Festival di Sanremo è terminata da pochi giorni ma la coda lunga che si porta dietro sembra ci accompagnerà per lungo tempo. E non solo per la quantità industriale di meme spendibili in ogni circostanza che la kermesse ci ha regalato, ma soprattutto per l’impatto che il Festival ha avuto sugli streaming sulle piattaforme digitali e sull’incremento dei numeri sui profili social degli artisti. Ma anche per una riflessione che tocca tanto la musica quanto la società in cui viviamo: la mancanza di donne nella cinquina finale, quest’anno tutta al maschile.

È davvero una questione di gradimento delle canzoni, come hanno commentato le artiste in gara interpellate, o c’è qualcosa di più profondo? E ancora: quanto ha giovato ai sei talenti estratti da Sanremo Giovani questa partecipazione nella gara dei “grandi”? E cosa è rimasto delle polemiche e degli scandali che hanno animato il Festival?


L’impatto di Sanremo sullo streaming

Se la competizione televisiva è finita, ora il terreno di battaglia è senza dubbio quello virtuale. Come accaduto negli scorsi anni, anche questo febbraio le classifiche delle piattaforme di streaming sono dominate dalle canzoni di Sanremo. Basta aprire la Top 50 Italy (e Global) di Spotify e la Top 100 Italia di Apple Music per averne conferma. Così come il podio del Festival, anche quelli di Spotify e Apple Music vedono – nell’ordine – Lazza con Cenere, Mr.Rain con Supereroi e Marco Mengoni con Due vite. E se il rapper milanese conquista il secondo posto in TV, lo scettro degli streaming resta indiscutibilmente suo.

Scala al secondo posto su Amazon Music, dove a precederlo è Mr.Rain e a seguirlo è Ultimo con la sua Alba. Su TIMMUSIC, invece, la situazione cambia ulteriormente. Alle prime posizioni della Top 50 Italia ci sono sempre Marco Mengoni e Mr.Rain, seguiti da Blanco, Annalisa e i Coma Cose, al quinto posto con la loro L’addio.


L’impatto di Sanremo sugli streaming è stato così deflagrante da sfondare anche il muro dei debutti globali. È infatti notizia delle ultime ore che sei delle dieci canzoni rientrate nella Top Songs Debut Global di Spotify (la classifica delle canzoni uscite nella settimana del 10 febbraio più ascoltate in assoluto) siano sanremesi (Cenere, Supereroi, Due vite, Il bene nel male, Made in Italy e Tango). E a debuttare nella Global Chart di Spotify è stato anche Marco Mengoni, che entra con Due vite al 49esimo posto e presenzia nelle top chart di ben 54 Paesi. Lo streaming è dunque la vera democrazia del Festival?

L’incremento dei numeri sui social

Sulla scia del successo social del Festival di Sanremo, FLU, leader nel mondo della Creator Economy, ha deciso di analizzare e approfondire il ruolo avuto sui social dei protagonisti della gara. Ciò che emerge è che il pubblico “virtuale” di riferimento della kermesse è stato costituito da giovani tra i 18 e i 24 anni, confermando la tendenza di ricambio generazionale che negli ultimi anni ha attraversato il Festival. Complice anche il progressivo aumento in gara degli artisti di riferimento di questa fetta di popolazione.

Complessivamente, Sanremo ha generato su TikTok più di un miliardo di views sull’hashtag #sanremo2023, nonché milioni di visualizzazioni dei video pubblicati sui canali ufficiali del Festival. A giovare di questa enorme vetrina sono stati anche i profili degli artisti in gara, che in pochi giorni hanno visto schizzare alle stelle il numero di follower. Rosa Chemical ha registrato un aumento del 158%, Mr.Rain ha incrementato i suoi seguaci del 98,84% e Colapesce e Dimartino del 55%. In questa “battaglia” social, Marco Mengoni supera tutti per la crescita in termini di numeri assoluti di follower (con un aumento di 400mila seguaci solo nell’ultima settimana) e 7,7 milioni di interazioni sui suoi profili.

Niente artiste nella cinquina finale: è solo una questione di canzoni?

Marco Mengoni lo ha detto subito: «Voglio dedicare questa vittoria a tutte le artiste che hanno partecipato, perché siamo arrivati in cinque uomini ma loro sono state bravissime». Il giorno dopo, in conferenza stampa, ha poi aggiunto che l’Italia ha evidentemente ancora dei problemi irrisolti sulla questione di genere. Non sono dello stesso avviso le cantanti in gara, che più che una questione di genere, ne hanno fatto una questione di canzoni. Che lo pensino veramente o meno, non hanno voluto accusare nessuno per non essere finite nella cinquina e questo è stata sicuramente una mossa di fair play da parte loro. Eppure, l’ultima vittoria di un’artista a Sanremo risale all’ormai lontano 2014, anno in cui a trionfare fu Arisa.


Come questione generale, non legata direttamente alla classifica del festival, Elodie pochi giorni prima del Festival aveva dichiarato a Vogue Italia: «Di sicuro ai miei colleghi maschi non è richiesto di sbattersi così tanto. Se sei un uomo, fai una cosa e la fai bene: finisce lì. Mentre io ho la sensazione che ci sia sempre qualcuno pronto a giudicarmi. È un nervo scoperto ed è una cosa che mi fa molto incazzare. Così mi sembra di non fare mai abbastanza. Gli uomini sono meno giudicati».

Ora: è vero che le variabili da considerare sarebbero infinite, a partire da un’accurata demoscopia dei (tele)votanti o l’approfondimento del livello di gradimento di ciascun artista (gran parte del risultato è dato più da chi canta che dalla canzone stessa, le fan base hanno poteri che noi umani non possiamo neanche immaginare). Ma è innegabile che nell’industria musicale il gender gap sia ancora una problematica rilevante.

Equaly: «Il mercato musicale italiano è ancora poco inclusivo»

E così, nei giorni successivi al Festival, Equaly ha rilasciato un comunicato che analizza uno degli innumerevoli motivi per cui nessuna donna è comparsa nella cinquina finale. Nell’edizione 2022 del Festival di Sanremo era stata calcolata una presenza del 36% di artiste, che nell’edizione di quest’anno è calata al 33,7%, con un totale di 11 artiste su 28 nomi in gara. Statisticamente, dunque, la probabilità che una donna arrivasse sul podio era inferiore rispetto a quella di un uomo.

«Abbiamo fatto diverse ipotesi sul perché il mercato musicale italiano sia così poco inclusivo. Sicuramente hanno influito l’arrivo di Spotify e il funzionamento degli algoritmi, il successo della trap, la pandemia che ha spostato il carico lavoro-famiglia-cura quasi completamente sulle spalle delle donne, e ovviamente l’humus culturale italiano, ancora ancorato a forti dinamiche patriarcali», afferma Francesca Barone, co-founder di Equaly.


Da Sanremo Giovani alla gara dei “grandi”: ma a che prezzo?

Quando hai 20 anni e hai la possibilità di portare la tua musica nella vetrina più importante d’Italia, arrivato alla fine del risultato non te ne preoccupi nemmeno, ciò che conta è l’esperienza. Ed è giustissimo e bellissimo così. Tuttavia, non si può fare a meno di notare che (quasi tutti) i sei talenti estratti da Sanremo Giovani hanno occupato i gradini più bassi della classifica. Con i Colla Zio nella posizione più alta, la 20esima. Sicuramente quella di partecipare alla gara dei “grandi” è un’opportunità che qualsiasi giovane artista coglierebbe al volo, anche a prezzo dell’ultimo posto. Ma i dislivelli con i “colossi” sono tanti e si sentono.

In primis, quello più ostico, è – ancora una volta – la fan base. È infatti pressoché impossibile competere con uno zoccolo duro di fedelissimi che ci si è costruiti in dieci anni di carriera (ogni riferimento a Marco Mengoni – che ha registrato il 45,54% di preferenze al televoto – non è puramente casuale).

Amadeus: «Dobbiamo adeguarci ai giovani e entrare nel loro mondo»

Già subito dopo gli ascolti in anteprima riservati alla stampa avevamo chiesto ad Amadeus, nella nostra intervista esclusiva, se non venissero penalizzati i giovani con una proposta così vasta. Il direttore artistico ci aveva risposto di voler dar loro sempre più spazio: «Io credo che questo mondo debba dare fiducia ai giovani. Trovo che le persone della mia età che si chiudono alle idee dei ragazzi sbaglino. Siamo noi che ci dobbiamo adeguare e dobbiamo entrare nel loro mondo. Anche perché loro spesso si appassionano spontaneamente al passato. Per questo voglio dare loro sempre più spazio».

Dunque, artisti come Sethu, Shari, i Colla Zio e gIANMARIA hanno pagato più di altri il pegno dell’essere sconosciuti al grande pubblico generalista della prima serata di Rai 1. Perché i giovani saranno anche aumentati tra il pubblico, ma quanti di loro hanno effettivamente votato? Così come successo a Tananai nel 2022. Una cosa però ce la auguriamo: che questo paragone, per loro, possa essere propizio.


Le polemiche e gli “scandali” del Festival

Quello di quest’anno è stato un Festival che si è aperto sotto il segno della polemica (con la richiesta di Fratelli D’Italia di escludere Rosa Chemical dalla competizione per «proteggere i bambini» dalla propaganda gender) e si è chiuso con il grido allo scandalo. I protagonisti assoluti dei drama che hanno tenuto incollati allo schermo decine di milioni di telespettatori? Rosa, Fedez e Blanco. I primi due con il bacio della discordia che pare abbia dato uno scossone alla royal couple d’Italia (soprattutto perché ha tolto i riflettori da Chiara e li ha puntati unicamente su Fedez). Il giorno dopo, infatti, Chiara Ferragni ringrazia tutti tranne Fedez, lui da qualche giorno è sparito dai social. Non prima di aver fatto tremare le poltrone dei vertici della Rai (di cui il partito di Giorgia Meloni chiede le dimissioni) con il suo freestyle.

Il terzo che, guidato dall’ìra funesta per un problema di audio, distrugge a calci le composizioni floreali sul palco, accaparrandosi sì i fischi della platea, ma allo stesso tempo la difesa dell’eroico Grignani.

E mai come quest’anno possiamo dirlo: che se ne parli bene o male, purché se ne parli.

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