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I 15 migliori dischi italiani del 2023

Da Calcutta a Marta Del Grandi, passando per Geolier, Baby Gang, Colapesce e Dimartino e Massimo Pericolo: ecco quali sono secondo la redazione di Billboard Italia i 15 dischi più belli usciti quest’anno nel nostro Paese

Autore Billboard IT
  • Il27 Dicembre 2023
I 15 migliori dischi italiani del 2023

I 15 migliori dischi italiani del 2023

Dopo gli album internazionali, è il momento di tirare le somme anche per quanto riguarda i 15 migliori dischi italiani usciti nel 2023. Ecco le scelte della nostra redazione.

15. Ibisco, LANGUORE

Dopo averci fatto vivere la periferia notturna emiliana con il sorprendente debutto NOWHERE EMILIA, Ibisco intraprende un nuovo viaggio. Stavolta più emotivo, senza una meta ben precisa e più colorato. La copertina cubista di LANGUORE rispecchia le oscure e numerose sfaccettature del suo secondo album. Un cantautorato da cortocircuito che riesce a frantumare una ballad tradizionale come Dentro, me con l’elettronica e, allo stesso tempo, ad ammorbidire una produzione acida come Alcolicixbenzina o K.O.E. con una melodia struggente. I Joy Division rimangono sempre sullo sfondo, mentre a sprazzi emergono i colori sintetici dei Depeche Mode (Seduci). Un senso tragico permea tutte le undici tracce, salvo poi aprirsi nella coda di Jane finisce. Un preludio a un futuro sempre più luminoso. (SV)

14. Motta, La musica è finita

Dopo due anni di silenzio, Motta torna con un disco che racchiude tutte le sue anime: quella più sentimentale e quella più sfrontata. Lo fa mescolando generi e collaborando con artisti vicini e lontani. Da Willie Peyote (Titoli di coda) a Giovanni Truppi (Alice), passando per il pianoforte di Jeremiah Fraites nell’emozionante Scusa che dal Giardino degli Aranci di Roma conduce l’ascoltatore fin sulla luna. La produzione di Tommaso Colliva (Calibro 35, Muse, Studio Murena) la si nota negli arrangiamenti più prorompenti e rockeggianti: come in Per non pensarci più, dove ai riff di chitarra elettrica alla Black Keys si affiancano anche gli ottoni. Oppure nella titletrack esplosiva e piena di fuzz che non sfigurerebbe all’interno di un disco dei Muse. (SV)

13. Colapesce e Dimartino, Lux Eterna Beach

Di un album come questo di Colapesce e Dimartino c’è un bisogno pazzesco al giorno d’oggi in Italia. Non solo perché è prodotto ottimamente da Federico Nardelli e Giordano Colombo, con gli arrangiamenti orchestrali del Maestro Davide Rossi, ma anche per gli argomenti che sembrano leggeri ma lo sono solo in apparenza. Ce l’hanno raccontato anche loro nell’intervista. “Non bisogna per forza piacere a tutti ma la tendenza di oggi è scrivere canzoni innocue che non fanno male a nessuno”. Sempre con la loro consueta ironia e senza prendersi mai troppo sul serio. (SD)

12. Thru Collected, Il grande fulmine

Il Thru Collected porta fieramente (ancora) più in alto la bandiera dell’underground con Il grande fulmine, il loro secondo album dopo Discomoneta del 2021. Indie-rock, cantautorato (raver… come il loro pezzo di 2 anni fa), drum’n’bass e dub, hyper pop, a volte persino pizzica salentina (nell’ultimo brano): un mix potente, vivido e interessante per il collettivo campano (a parte Altea, pugliese), di stanza a Napoli. Testi veraci, viscerali che trasudano emotività e sincerità. Se ha ancora senso parlare di musica alternativa nel 2024 loro, che hanno ricevuto proposte un po’ da tutte le major ma hanno deciso di rimanere con Bomba Dischi (solo per alcuni aspetti), ne sono davvero degli esemplari di tutto rispetto (SD).

11. Vinicio Capossela, Tredici canzoni urgenti

Uno dei suoi migliori. Quest’urgenza si trasforma in musica sublime, un insieme poliforme che sembra spinto da un’ispirazione felice. A volte Vinicio plana leggero tra le note di un Cha Cha Chaf della Pozzanghera e citazioni cinquecentesche. Mentre osa tornare agli anni 80 (no, non quelli citati da Annalisa) con Divano Occidentale, post punk con quel riff orientaleggiante da far ricordare i CCCP di Punk Islam. E All You Can Eat It trasuda di quei suoni che arrivano dalle paludi del Mississippi. Incontenibile, anzi urgente Capossela. (TT)

10. Geolier, Il coraggio dei bambini

Si sa, il secondo album è sempre il più difficile per un artista, perché è quello delle conferme. Ecco, per Geolier più che di una riconferma del proprio talento da enfant prodige del rap italiano, Il coraggio dei bambini è stato il disco della consacrazione definitiva come nuovo Biggie partenopeo (ci era bastata Money per capirlo, pezzo gigante che trasuda East Coast da tutti i pori). Un disco che ha elevato Emanuele Palumbo nel mainstream (che no, non è un male) e lo ha fatto riconoscere all’unanimità come la nuova voce di Napoli. Il tutto – al netto di hit riuscitissime come X Caso, Monday, Come Vuoi e Chiagne – senza cedere di un millimetro sulla crudezza del racconto della vita nei rioni. Il numero 10 del rap e della nostra classifica dei migliori album italiani del 2023. (GV)

9. Calcutta, Relax

Calma, Calcutta è tornato, anzi: Relax. Volente o nolente l’artista di Latina è sempre circondato da un hype incredibile e tutti lo aspettavano al varco per questo nuovo album dopo 5 anni. Lui ha concesso solo un paio di interviste (una a Le Monde…) prima dell’uscita ma poco importa. Il tour è andato esaurito in pochissimo tempo e i suoi pezzi sono stati adorati subito (e utilizzati) anche su TikTok. Un sapore vintage e una scrittura super fresh e sempre sul filo del surrealismo. Ci sono chicche imperdibili come in 2 minuti: “Come un lampo sopra la città/ Ti ho vista in un angolo/ Da sola nel traffico/ Ma magari non eri neanche te”. (SD)

8. Coez e Frah Quintale, Lovebars

Viva l’amicizia e l’amore per l’‘hip hop/rap. Senza roboanti annunci è arrivato sul finire dell’estate (ma poi avrebbe avuto senso?) questo adorabile album pieno di movimenti musicali che sembrano gentili onde di zefiro. E così ci sentiamo di vivere ancora in una endless summer. In Lovebars puoi trovare di tutto: le barre rap scritte da due persone che in fondo lo hanno sempre fatto bene e anche i ritornelli da cantare in coro. E poi c’é lui, Guè, con un feat che non è solo un feat perché DM è il pezzo perfetto per lui. Abbiamo ancora bisogno di dischi come questi nel 2024. (TT)

7. Baby Gang, Innocente

Un titolo (e un disco) evidentemente provocatorio per chi non si ferma in superficie, ma ha davvero voglia di immergersi – privo di pregiudizi alimentati da una narrazione morbosamente scandalistica – in una storia di sofferenza e controversie quale è quella di Baby Gang, che con Innocente scrive la sua personale lettera dal carcere la cui chiave di lettura sta tutta in una frase contenuta in Que lo ke: “Mi dicono non sai rappare, sì, lo so, io so raccontare”. È vero, la tecnica di Baby nel rap non è impeccabile. Ma dove non arriva il virtuosismo, ecco che giunge in soccorso il racconto per immagini. Vivido, ruvido come l’asfalto e scioccante quanto basta per farci anche solo immaginare quello che gli occhi di Baby hanno visto da quando aveva solo 12 anni e dormiva sui sedili dei treni e sotto i ponti di Lecco. L’album rap più sincero e meno edulcorato del 2023. (GV)

6. Marta Del Grandi, Selva

In Selva, il secondo album di Marta Del Grandi che rientra tra i migliori italiani del 2023, emerge ancora di più un folklore quasi arcaico, dei cenni di jazz, il tutto con pochi strumenti in scena ma ben efficaci per evocare immagini spesso di impronta naturalistica sulle melodie cantante dalla sua deliziosa voce. «Ho cercato di far emergere le mie personali urgenze ed essere molto più personale di prima», ci ha raccontato nella nostra intervista. «Un certo linguaggio che richiama il mondo della natura mi è sempre piaciuto. Mi piace il concetto della metamorfosi, della trasformazione in qualcosa che appartiene alla sfera della natura per spiegare cose molto umane». (TT)

5. Marta Tenaglia, After Verecondia

After Verecondia è una sorpresa gioiosa e una conferma, perché non è il primo album di Marta Tenaglia. È un flusso molto compatto dove parole sincere e poco convenzionali e si sposano benissimo con una elettronica molto stratificata, il tutto curato da Marta stessa (aiutata nella produzione da Federico Carillo). È il superamento di pudori e paure (la verecondia appunto) dove l’artista si lancia in libertà verso territori inesplorati. Una piccola grande perla del 2023 da non lasciarsi sfuggire. (SD)

4. Lovegang126, CRISTI E DIAVOLI

Un disco che suona come una boccata d’aria fresca in un mercato saturo e soffocante di prodotti usa e getta e che non è solo un baluardo di resistenza hip hop fatto-come-Cristo-comanda ai trend, ma anche una dichiarazione di indipendenza artistica e di attitude. Cristi e diavoli è infatti un album interamente autoprodotto, che i sette guasconi di Trastevere hanno reccato come a 20 anni e scritto di cuore, sangue e sentimento, tenendo ben presente quel dogma che li ha accompagnati sin dagli inizi. 126 è una promessa stretta tra fratelli, e questa è l’unica cosa che conta e conterà sempre. Un album libero, leggero (ma pur sempre attraversato da quella velata malinconia un po’ spaccata come una Peroni sul marciapiede) e già destinato ad essere un piccolo culto del genere. (GV)

3. Venerus, Il Segreto

Già dalla opening track, Faresti lo Stesso, si capisce quando amore ci sia stato nel comporre le canzoni di questo album che ha preso forma anche grazie agli insegnamenti che Venerus ha tratto dal suo lungo precedente tour. Ci sono gli angoli cementizi di Milano, ma anche i rimandi alla natura secondo le rime imparate leggendo William Blake o il William Wordsworth. Si respira anche una spiritualità leggera a mai invasiva. Mentre la voce soul di Venerus riempie gli spazi che non seguono sempre il tempo di un metronomo. Un autentico gioiello di album, tra i migliori italiani del 2023. E che non rimanga un segreto tra di noi. (TT)

2. Studio Murena, WadiruM

L’uadi è una vallata desertica, scavata nella roccia dallo scorrere discontinuo di un torrente. Wadi Rum, soprannominata Valle della Luna, è l’uadi più esteso della Giordania. La W e la M maiuscole del titolo del secondo album degli Studio Murena sono i margini del letto del fiume che a stagioni alterne si riempie di rime, riff di chitarra, giri di basso sinuosi e ritmi orientaleggianti. Un sound inusuale, intriso di jazz, per un album rap che non ha timore di straripare anche nel noise rock come nella finale CORRI. La produzione di Tommaso Colliva e il concept non contaminano però la narrazione che rimane legata al deserto umano e urbano milanese e all’”amore e alle altre oscure questioni” quotidiane. (SV)

1. Massimo Pericolo, Le cose cambiano

Ci sono album che colmano dei vuoti, altri ancora che li creano. Poi ci sono quelli come Le cose cambiano che fanno entrambe le cose. Così lacerante da bucarti il cuore con il malessere che trasuda, con i pensieri, le riflessioni individuali e collettive, la rabbia e le verità amare che ti arrivano come un calcio dritto in faccia. Così empatico da tenderti una mano e farti sentire meno solo proprio per gli stessi motivi. E a Vane questa cosa riesce ancora come a pochi altri in Italia.

Il perché, ce lo dice lui stesso nell’intro che apre il sipario sulla sua terza fatica. Di nome e di fatto, visto quanto è stato difficile per lui portarla a termine e scrollarsi di dosso la paura – infondata – di non saper più scrivere. “Massimo Pericolo non è come gli altri artisti / Massimo Pericolo non ha genitori ricchi / Massimo Pericolo non è cresciuto coi tuoi / Massimo Pericolo non è cresciuto coi suoi”, rappa Vane nel pezzo che porta il suo nome. Da lì in poi, un’autoanalisi cruda e matura che culmina in quella presa di coscienza potentissima che è Non parlarmi, contemporaneamente catartica e dolorosa, rabbiosamente struggente. E per noi tutto questo gli vale la vetta del podio dei migliori album italiani del 2023, un anno in cui tante cose sono cambiate, ma non il fatto che Massimo Pericolo sia una delle migliori capitate al rap italiano.

Articolo di Tommaso Toma, Silvia Danielli, Greta Valicenti e Samuele Valori

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