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I Levi’s® 501 e la musica: storia di un legame sempre più indissolubile

Dagli anni ’50 del secolo scorso ad oggi, l’iconico modello di jeans è stato il segno distintivo di tante generazioni di artisti (e di fan)

Autore Tommaso Toma
  • Il7 Settembre 2023
I  Levi’s® 501 e la musica: storia di un legame sempre più indissolubile

Poster realizzato per l’Holland Pop Festival, nel 1970. Foto per gentile concessione di Levi’s®

Questo contenuto è parte di Back To School, un progetto di Billboard Italia in collaborazione con Levi’s® per ripartire con il mood giusto, e con uno stile iconico. Proprio mentre i Levi’s® 501 arrivano freschissimi al loro 150esimo settembre, noi celebriamo le ripartenze, le città che si ripopolano, i nuovi inizi. Lo facciamo con una serie di contenuti editoriali su Billboard Italia e con una festa, che si terrà il 15 settembre all’Ex Macello, in Viale Molise 62, Milano. Ti aspettiamo! Ingresso gratuito, registrazione obbligatoria su Dice.

Dagli anni ’50 in poi, questo particolare modello di denim a cinque tasche è diventato uno dei capi preferiti degli eroi delle nuove generazioni. Marlon Brando nel 1953 lo indossò nel film Il Selvaggio, per Elvis Presley era un capo necessario nel suo periodo con la Sun Records. Addirittura Marilyn Monroe sfoggia dei Levi’s® 501 nel film Gli sbandati (The Misfits) del 1961.

Bob Dylan li sfoggia nella copertina del suo secondo album, The Freewheelin’. Ed è proprio negli anni ’60 che con l’avvento dei movimenti controculturali i 501 divennero protagonisti. Non ci fu folk singer del Greenwich Village che non li indossò. Come anche chi faceva parte del grande movimento studentesco contro la guerra nel Vietnam.

Dall’altra parte dell’oceano non solo i Beatles e i Rolling Stones li sceglievano nelle loro pose durante i set fotografici, ma anche quasi tutte le nuove gang giovanili della sottocultura anglosassone erano democraticamente accomunate da questo paio di denim. Che fossero dei mod o dei rocker.

Gli anni ‘60: il potere dei movimenti giovanili

Durante la Summer of Love del ’67 si cominciano a vedere i primi esempi di jeans customizzati, con le applicazioni di badge pacifisti e di ricami extra. Il jeans è interpretato come un veicolo perfetto per lanciare messaggi. Con la nascita dei festival musicali divenne naturale vedere una sorta di onda blu nelle foto dei ragazzi assiepati per i grandi concerti. Come ovviamente accadde durante il primo grande raduno rock della storia, Woodstock.

C’è una campagna pubblicitaria del 1970 che ritrae dall’altro proprio quella marea blu di giovani. Tantissimi all’epoca pensarono che fosse un’immagine catturata dal festival nordamericano. E invece si trattava di un festival olandese che si era tenuto alla fine di giugno di quell’anno e includeva molti degli artisti presenti a Woodstock. Questo fa capire come nel giro di pochissimo tempo si era diffuso da una parte il fenomeno dei festival e dall’altra l’incontrovertibile fatto che i giovani preferivano i jeans a qualunque altro capo d’abbigliamento.

Non solo i giovani d’Europa (eccetto le nazioni oltre la Cortina di ferro…) e degli USA erano catturati dal fascino dei Levi’s® 501. Un traffico particolarissimo venne a crearsi all’inizio degli anni ‘70 tra la Giamaica e il mondo. I pescatori locali importavano in grandi barili i jeans 501 facendoli arrivare nei moli di Kingston mentre dagli stessi luoghi partiva il nuovo sound locale per conquistare il mondo. Uno scambio equo, diremmo.

Gli anni ’70 e ‘80: la customizzazione creativa dei Levi’s® 501

Con l’esplosione del punk, i 501 conservano quella forza comunicativa che si era già creata sin dagli anni ’50. Ma se tutto era iniziato come una dichiarazione di ribellione per poi diventare anche un veicolo per mandare altri messaggi, ecco che dalla seconda metà degli anni ‘70 e all’inizio degli anni ‘80 i 501 si trasformarono letteralmente in qualcosa d’altro.

Vennero strappati apposta, schizzati di candeggina, riempiti di scritte. La ribellione si materializzò ancor di più. Si raggiunse una nuova creatività tramite l’imperfezione, lo sfregio. Patti Smith (con lo il logo della pace disegnato a mano) Ramones, Sex Pistols. E ancora Debbie Harrie, Kim Gordon, The Clash, il rinato Iggy Pop, i punk delle metropoli e gli skinheads di tutta Europa indossarono i “loro” 501, perché diventati una loro creatura.

I 501 indossati da Patti Smith. Foto per gentile concessione di Levi’s®

La stessa cosa accadde con la nascita dell’hip hop. I primi artisti del Bronx trasformarono i loro 501, li adattarono alla loro iconografia, figlia di Keith Haring, di Basquiat e dell’arte primitiva africana.

Anche nel mainstream continuò ad avere successo lanciare messaggi con indosso un paio di 501. Avvenne nel 1984 con l’iconica copertina di Born in the U.S.A. di Bruce Springsteen, in questo caso con una declinazione socio-politica. E con Madonna e la sua copertina di Like a Prayer del 1989, con un fine certamente meno impegnato.

Gli anni ’90: un momento d’oro

Il 1990 fu un anno da ricordare. Con la caduta del muro di Berlino, la Cortina di Ferro si sgretola e finalmente anche i paesi ex comunisti si conquistano la gioia di indossare dei jeans come i 501.

I blue jeans sul muro di Berlino. Foto per gentile concessione di Levi’s®

Se un paio di 501 aveva già raggiunto il suo status iconico, lo stile di nessuna epoca è stato definito dai 501 come negli anni ’90. Tutti, da ogni angolo del panorama culturale, hanno abbracciato la loro semplicità e il loro stile casual. Un esempio su tutti: Winona Ryder.

Il decennio guarda caso si aprì con una celeberrima copertina di Vogue UK del gennaio 1990, scattata da Peter Lindbergh con le modelle Naomi Campbell, Linda Evangelista, Tatjana Patiz e Cristy Turlington, in jeans. Fu il lancio dell’era delle super model.

Gli anni ’90 generarono l’espressione più pura di ciò che rende i Levi’s® 501 così speciali. Indossati nuovi di zecca o in un’edizione vintage, erano i preferiti dalla star del grunge Kurt Cobain, dall’astro nascente dell’hip hop Dr. Dre. Dagli skater di New York e dall’intero cast del telefilm Friends. Non c’era distinzione in questo caso tra gli Stone Roses di Manchester e i Fugees.

Ma c’e di più. Se già da metà degli anni ‘80 la strategia commerciale del brand era fortissima, divenne ancor più vincente nel nuovo decennio, grazie a quella giusta sinergia tra musica e pubblicità televisive.

Commercial dei Levi’s® 501 Launderette”. 1985

Negli spot televisivi del decennio precedente si giocava su uno slittamento temporale, evocando musica e immagini legate alle decadi passate. Negli anni ’90 invece si comincia a flirtare con le nuove tendenze musicali costruendo ad hoc una narrazione accattivante.

Successe con Shaggy e il brano Boombastic, con Babylon Zoo e la sua unica hit Spaceman. Ma soprattutto con il producer parigino Quentin Dupieux (aka Mr. Oizo), che proponeva per la prima volta nella storia dello storico brand un pezzo techno, Flat Beat. Nello spot c’era un pupazzo giallo dal nome Flat Eric. Era il 1999 e questo è ciò che scriveva il Corriere della Sera a marzo firma di Stefano Montefiori. “Dopo il debutto degli spot in febbraio, i negozi e i centralini dell’azienda di tutta Europa sono assaliti dalle richieste. Tutti vogliono comprare il pupazzo, o almeno una t-shirt con la sua immagine. Ma Eric per ora vive solo in TV e sulla rete. Ieri è finalmente uscito in Inghilterra Flat Beat, il disco dello spot, e i negozi hanno dovuto soddisfare migliaia di prenotazioni giunte nelle scorse settimane”.

Il nuovo millennio: un’avventura che ha ancora molte storie da raccontarci

Con il nuovo millennio si sono avvicendate ancora tante trasformazioni nella musica ma l’interesse per i Levi’s® 501 rimane intatto, anche se nel 2003 subiscono un “lifting” in occasione del 150° anniversario dell’azienda: la gamba viene raddrizzata e l’apertura in basso allargata. Il retro sulla schiena viene raddrizzato per aumentare l’anti-fit e per ampliare la forma ad A nell’interno della gamba per un fit più rilassato e confortevole.

Foto per gentile concessione di Levi’s®

Incredibilmente questo nuovo modello di Levi’s® 501 è molto simile a quello del 1955. Li indossarono i The Strokes, James Murphy degli LCD Soundsystem e tutti coloro che frequentavano la scena indie newyorkese di inizio millennio, celebrata nel libro/film Meet me in the bathroom. E come dimenticare le Destiny’s Child in Superlows (anziché 501), Kate Moss che in jeans flirtava con le rockstar del momento, Lauryn Hill che faceva uscire sempre musica strepitosa?

Nei decenni successivi l’amore per i Levi’s® 501 non finisce mai. Ci sono artisti in grado di contestualizzarli sempre, seguendo la tradizione. Come fanno Virgil Abloh e chi grazie all’arrivo dei social ravviva il trend, da Sienna Miller ad Alexa Chung e Hailey Bieber.

Nel 2017 il MoMA identifica il Levi’s® 501 come uno dei 111 articoli di moda che hanno avuto un profondo impatto sul mondo nel XX e XXI secolo nella mostra Items: Is Fashion Modern?. Ma la storicizzazione operata dal museo non ferma certo un’avventura che ha ancora molte storie da raccontarci.

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