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Rondodasolo nell’era dei feat copia e incolla nel rap italiano

Il rapper ha annunciato l’uscita di “Blue Tape”, un progetto di tredici tracce senza ospiti per “essere diversi dalla massa” in un periodo in cui stiamo assistendo ad un evidente appiattimento per quanto riguarda le collaborazioni

Autore Greta Valicenti
  • Il21 Marzo 2024
Rondodasolo nell’era dei feat copia e incolla nel rap italiano

Rondodasosa

Il 2024 è iniziato da poco ma gli album dei rapper italiani usciti e di prossima pubblicazione si contano già sulle dita di due mani. Tunnel di Simba La Rue. Club Dogo dei Club Dogo. Piccolo Principe di Neima Ezza. I Nomi del Diavolo di Kid Yugi. Radio Sakura di Rose Villain. Balordo di Sacky. ICON di Tony Effe, il 29 marzo Popolari di Rhove e il 5 aprile Blue Tape di Rondodasosa sono solo alcuni dei progetti che abbiamo ascoltato da gennaio ad oggi e che ascolteremo nelle settimane a venire. Al netto della qualità o meno, molti di questi album evidenziano una tendenza a cui stiamo assistendo ultimamente nel rap italiano, ossia una progressiva omologazione – con conseguente e inesorabile appiattimento – dei feat.

Tracklist alla mano, su otto dischi Guè – la penna più prolifica del rap italiano, che sforma ormai barre su barre ogni settimana – compare ben in cinque (Tunnel, Piccolo Principe, Radio Sakura, ICON e Popolari). A pari merito con Sfera Ebbasta (Tunnel, I Nomi del Diavolo, Club Dogo, ICON e Popolari).

Si scende a tre se parliamo di Tedua (Tunnel, I Nomi del Diavolo e ICON), Simba La Rue (I Nomi del Diavolo, Piccolo Principe e ICON), Emis Killa (Popolari, Piccolo Principe e Balordo) e Capo Plaza (Popolari, Piccolo Principe e ICON). Infine a due se prendiamo in considerazione Baby Gang (Tunnel e Piccolo Principe), Bresh (ICON e Radio Sakura) e Geolier (I Nomi del Diavolo e ICON). Ma l’elenco potrebbe continuare.

Abbiamo ancora hype per i feat nel rap italiano?

Senza soffermarci sulla bontà o meno delle strofe lasciate qua e là, il senso di questa lista è chiaro: nel rap italiano ormai girano più o meno sempre le stesse facce. E spesso anche assemblate allo stesso modo (abbiamo perso il conto di quante volte abbiamo visto Geolier e Sfera sulla stessa traccia).

Con la conseguenza che l’hype si è notevolmente abbassato, giacché non c’è più la curiosità di sapere come suoneranno insieme due artisti (a meno che non si tratti di coppie oliate come ad esempio Guè e Marracash, che riescono ancora a farci saltare dalla sedia ad ogni feat).

Al momento, infatti, sono pochi progetti che si distinguono per sperimentazione e inventiva nelle collaborazioni, e solitamente si tratta di producer album.

L’esempio dei producer album

Come Trueno di Stabber uscito lo scorso venerdì. In cui troviamo l’inedito trio Gemitaiz, Angelina Mango e Yung Snapp e la strana ma riuscita coppia Coez/Annalisa. O come speriamo sarà MAYA di Mace (le ottime combo Salmo/centomilacarie in Non mi riconoscono e Coez e Chiello in Ruggine ci forniscono già qualche indizio).

Se i produttori (anche se non tutti) sembrano più propensi al rischio e attratti dall’idea di spingersi e spingere gli artisti in territori ancora inesplorati, lo stesso non si può dire dei rapper, che nei propri album paiono al contrario giocare una vincita facile in chart (basta consultare la classifica FIMI di questa settimana o la Top 50 Italia di Spotify per notare come la maggior parte dei singoli in classifica siano colllaborazioni viste e straviste) e non sembrano intenzionati ad osare con qualcosa di veramente inaspettato.

Rondodasosa: «Blue Tape significa essere diversi dalla massa»

In questo scenario da feat copiati e incollati come in una perenne catena di montaggio, pare dunque quasi rivoluzionaria la scelta di Rondodasosa, che da qualche tempo ormai detta le regole di questo game. Dopo un joint album con Artie 5ive, Motivation 4 The Streetz, il rapper nel suo Blue Tape decide di giocare una partita in solitaria. Tredici tracce senza ospiti per “essere diversi dalla massa”, come scrive nero su bianco nel post condiviso ieri. “In un periodo storico della musica italiana dove ogni disco presenta sempre gli stessi feat e gli stessi suoni. Dove un album per essere definito hit deve almeno certificare oro alla prima settimana o essere primo in FIMI, ho deciso di fare a modo mio senza seguire le regole di mercato”, scrive Rondo.

Non solo “Blue Tape” di Rondodasosa: l’esempio di “Habitat” di Nayt

La scelta di non avere featuring è il motivo per il quale qualsiasi sarà il risultato dell’album ne sarà orgoglioso. Perché vorrà dire che sarà riuscito a dimostrare quanto valgo con le mie mani e le mie forze. Blue Tape significa essere diversi dalla massa”, ha concluso Rondodasosa. Una decisione coraggiosa quella di non inserire feat, ma che ha comunque dei precedenti nel rap italiano che forse sono passati troppo sotto traccia.

Un esempio – riuscito – su tutti è Habitat di Nayt, uscito a giugno 2023 e senza alcuna collaborazione, scelta che risalta a pieno il flusso di auto-coscienza del rapper romano. O ancora L’amore di Madame (anche se sfugge all’etichetta di puro rap). Mentre se parliamo di un numero ristretto di feat possiamo citare CVLT di Salmo e Noyz Narcos (solo quattro – Marracash, Kid Yugi, Coez e Frah Quintale – e perfettamente calibrato). Così come NOSTALGIA (export) di Tony Boy, che vede solo Artie 5ive tra gli ospiti.

Il caso di “Identità” di Nerissima Serpe

Interessante è invece il caso di Nerissima Serpe, che nel suo Identità sceglie sì di inserire otto collaborazioni. Ma con delle combinazioni non scontate (al netto delle accoppiate collaudate con Papa V, Tony boy e Kid Yugi) e intelligenti. Tra le più riuscite c’è senza dubbio Cosa sai di me? con i bnkr44, nella quale lo Squalo Assassino mostra il suo lato più melodico e uptempo a fronte di un album cupo e crudo.

Con questo non vogliamo demonizzare la pratica dell’abbondanza dei feat nel rap italiano, ma quello che ci auguriamo per i prossimi mesi del 2024 e per gli anni a venire è che le collaborazioni tornino ad essere un valore aggiunto in un brano, una controparte interessate e un punto di vista complementare o alternativo a quello dell’artista e non, invece, un doping per gli ascolti.

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