Interviste

Jovanotti: riscoprirsi corpo, riscoprirsi umano

Il nuovo album, “Il corpo umano Vol. 1”, in uscita questo venerdì 31 gennaio, è un viaggio fisico e mentale fatto di emozioni scritte in presa diretta: «È un disco costruito su un desiderio feroce di comunicare la mia gioia nel poter fare musica». La nostra intervista

Autore Samuele Valori
  • Il28 Gennaio 2025
Jovanotti: riscoprirsi corpo, riscoprirsi umano

L’essere umano tende spesso a considerare il proprio corpo come una gabbia. Il più delle volte ci si convince che sia addirittura un ostacolo. La percezione cambia quando vengono meno le certezze, in particolare quelle fisiche. Per esempio, durante la pandemia abbiamo dovuto reimparare a convivere quotidianamente con i nostri corpi. Stupisce però che persino uno come lui, abituato a muovere braccia e gambe, sia sue che dei suoi fan, non se ne fosse mai reso conto a pieno. Jovanotti si è riscoperto un corpo umano nel momento in cui non poteva fare a meno di sentirsi tale: con il dolore, l’operazione, la degenza in ospedale, ancora un’operazione e poi la lunga riabilitazione. Ne è nato prima un titolo e poi una serie di canzoni, quindici delle quali sono finite ne Il corpo umano Vol. 1.

Ascoltando il disco emerge il solito spirito colorato di Lorenzo, nonostante compaiano qua e là anche la fatica e un pizzico di paura. A vincere è sempre il suo ottimismo, parola che però a lui non piace come spiega: «Sia i motivatori che i profeti di sventura alla fine raccontano solo una parte del mondo. Non si tratta di essere ottimisti, si tratta di guardare la realtà e la realtà è stupefacente. E il bene trionferà».

«Se cado 100 volte, mi rialzo 101» canta in uno dei ritornelli del disco. Il timore e la paura di non poter tornare a ballare e cantare sul palco li ha combattuti con la sfrontatezza, prenotando in anticipo di un anno i palazzetti che oggi sono quasi tutti sold out. Senza un album, ma soprattutto con un corpo da far tornare vivo. «Grazie è la parola che ho pronunciato di più nell’ultimo periodo» riflette Jovanotti ripensando a quanto è passato. La musica gli ha dato una speranza e lui una speranza l’ha coltivata attraverso la musica stessa. Anche quando le canzoni tardavano ad arrivare come racconta ne La grande emozione.

Jovanotti si è rimesso in gioco, abbandonando Rick Rubin, e affidando il disco a tre produttori. C’è il viaggio nei generi e nelle culture con Dardust, il ritorno al sound dei primi Duemila con il ritrovato Michele Canova e infine un inedito sodalizio con Federico Nardelli (Gazzelle, Fulminacci). Ognuno di essi rappresenta un’anima di Lorenzo o sarebbe meglio dire, una parte diversa del suo corpo. Montecristo, Fuorionda e la titletrack sono ritmi coinvolgenti, spesso in piacevole contrasto con la serietà del testo, che mescolano anche suoni caratteristici lontani come il sirtaki e il reggaeton. Brani come Senza se e senza ma, Celentano e La mia gente ci riportano indietro nel tempo con i suoni più acustici e anche un appena accennato ritorno all’hip hop.

Tutto questo prenderà vita con una band di dodici elementi e una scenografia che occuperà anche i tetti dei palasport. Una piccol anteprima ce la darà martedì 11 febbraio durante la prima serata del Festival di Sanremo. Bentornato Lorenzo.

L’intervista a Jovanotti

Parto da una canzone, quella che separa l’album in due: Grande da far paura. Racconti di una camminata triste e solitaria. Poi, arrivato su un ponte, come in Meraviglioso di Domenico Modugno, arriva l’illuminazione.
Pensa che è nata proprio mentre stavo vivendo quell’emozione, nel momento più difficile di tutti, quando stavo malissimo e avevo dolore dappertutto. Sono andato a fare una passeggiata aiutandomi con due bastoni da trekking. Mi è venuta in mente, l’ho scritta, poi sono tornato a casa e l’ho registrata sul cellulare con la chitarra acustica. Solo tempo dopo l’abbiamo affidata a Davide Rossi che ha fatto questo arrangiamento sontuoso di archi.

Sì, in effetti, c’è un po’ di Modugno. Mi sono reso conto che è anche in un’altra canzone, Un mondo a parte, dove dico “Dio come ti amo”. Però sai, lui è uno dei padri della patria da un punto di vista musicale, per cui non è che sfuggi. Infatti, questi due riferimenti sono nati inconsapevolmente, me ne sono accorto dopo. Sarà che io amo tantissimo Modugno e Meraviglioso è uno dei suoi pezzi più belli. Anche nella versione dei Negramaro.

Dopo l’infortunio, invece, quando è arrivata l’illuminazione? Quando hai capito che avevi tanto da dare?
È iniziato tutto sotto forma di speranza, poi è diventato un obiettivo e infine è arrivato il titolo del disco, prima ancora dei testi e delle canzoni. Ho pensato che il corpo umano fosse un bel titolo dal quale ripartire, perché di colpo era diventato una presenza costante nella mia esistenza. Era la mia scoperta. È stato come se io fino ad allora non mi fossi mai reso conto di averne uno. Poi, a un certo punto, ti accorgi che sei un corpo e che ci vivi dentro. Da lì ho cominciato a scrivere appunti e ad aggiustare qualcosa che avevo già. Sai le canzoni sono…immagina un tavolo pieno di roba, che è la mia testa, in cui ci sono versi sparsi di brani che magari ho scritto e mai terminato.

Dopo il sodalizio con Rick Rubin ne Il corpo umano hai scelto di collaborare con ben tre produttori. Come mai?
Quando l’album ha preso forma mi sono detto: “Mi piacerebbe lavorare e collaborare con qualcuno di nuovo per rinfrescare un po’ l’ascolto e l’orecchio”. Così mi sono spostato a Milano e ho incontrato tanti produttori, anche qualcuno con cui poi non ho finalizzato, ma con cui magari concretizzerò qualcosa in futuro. Nel disco c’è Michele Canova, un fuoriclasse, e poi c’è Federico Nardelli, con il quale ho pensato che si potesse fare qualcosa di più acustico e suonato. Abbiamo registrato quattro pezzi e due sono finiti in questo disco (Senza se e senza ma e 101). Il primo che ho incontrato però è stato Dardust, con lui ho cominciato a mettere a fuoco quello che avevo dentro e che era piuttosto sfocato all’inizio. Questo è un disco ispirato e costruito su un desiderio feroce di arrivare al pubblico e di comunicare.

Sembra che ognuno dei tre produttori rappresenti un lato diverso della tua anima. Per esempio, ascoltando le canzoni con Dardust, dove si alternano di volta in volta reggaeton, sirtaki e afrobeat, mi viene in mente il viaggio.
Sai che la prima volta che mi sono visto in studio con Dario gli ho chiesto: «Ma tu, cosa vorresti ascoltare da me, cosa ti aspetti dai miei nuovi brani?». Lui mi ha risposto: «Lorenzo, tu sei un viaggio». E quindi sì, nelle canzoni prodotte da lui abbiamo messo un po’ tutto quello che ho visto e sentito nella mia vita.

Il reggaeton, sotto diverse forme, torna spesso in molte canzoni de Il corpo umano. Che rapporto hai col genere?
L’ho sempre amato, sia quello più “cattivo”, tipo Daddy Yankee e Gasolina, che quello colombiano di J Balvin e quello più raffinato e contaminato di Bad Bunny. Lui è il numero uno in tutti i sensi. Il reggaeton è un genere che nel corso della storia ha influenzato tutta la musica, dal rock all’hip hop. Nel mio nuovo album c’è anche perché durante la mia degenza a Santo Domingo mi ha fatto compagnia. Ero in questa stanza d’ospedale con le finestre dai vetri rotti che si affacciavano su una rotonda molto trafficata. Non potevo muovermi dal letto, ma giorno e notte sentivo gli stereo delle auto suonare a palla brani reggaeton.

Nell’album c’è una canzone che si intitola Celentano dedicata all’italianità. Hai raccontato di aver inviato un messaggio ad Adriano per chiedergli il permesso di cantare Yuppi Du nel pezzo. Non ti è venuto in mente di coinvolgerlo e farlo cantare?
No, perché quello è proprio un omaggio a lui come entità. Celentano è un universo per me. Fra tutti, se dovessi sceglierne uno tra gli artisti italiani, è il mio preferito. Quindi non ci ho pensato, anzi, quando poi qualcuno mi ha detto: “Visto che ti ha dato il permesso, perché non gli chiedi di cantarla?” ho comunque detto di no. Lui deve essere una presenza. Nel pezzo non ci doveva essere la sua voce perché lui è oltre, è nella mia testa. Ho scritto delle canzoni per lui nel passato e magari un giorno faremo qualcosa insieme. Sarebbe bello. Ogni volta che faccio qualcosa lo invito, lui ti dice di sì, ma poi non viene (ride n.d.r.): all’ultima data del Jova Beach Party a Milano, fino a due ore prima, sembrava dovesse esserci. Gli avevo lasciato pure lo spazio per arrivare sul palco in macchina.

Adesso che stai per ripartire, c’è qualcosa di cui hai paura?
Non la definirei proprio paura però, insomma, è tutto un test quello che sto vivendo ora. Sto cercando di arrivare al tour e riuscire a fare tutte le cinquanta date tutte come se ognuna fosse unica e definitiva. Per me i concerti sono una cosa importante. Sì, c’è anche l’elemento della paura dentro, ma è più desiderio e speranza di riuscire a farcela.  Come un atleta che torna in campo dopo un infortunio: è chiaro che la prima partita sarà emozionante.

Una delle ultime canzoni del disco, L’aeroplano, è un’istantanea della tua famiglia, un po’ i tuoi cent’anni solitudine. E c’è l’aereo che è la metafora dei sogni.
È una storia vera quella lì. È una fotografia in bianco e nero di una cosa che accadeva spesso quando ero bambino. L’aeroplano è un brano che mi commuove molto perché, tra l’altro, alcuni dei protagonisti di quella foto non ci sono più. Poi perché come tutte le fotografie, quando le riguardi, è come se rivivessi quei momenti. Però è soprattutto una canzone e, in quanto tale, anche se la scrivi tu e parla di te, la canti perché le persone la ascoltino, sperando che magari ci trovino qualcosa che li riguarda. Quello che può riguardare gli altri qui è questo regalo che un papà fa ai suoi figli, portandoli in un aeroporto a vedere gli aerei che decollano.

Che tipo di regalo?
Gli sta regalando il mondo. Dice loro: «Ragazzi, non è necessario stare fermi, si può partire». Quel regalo nasce da un entusiasmo familiare. Gli aeroplani in casa mia sono sempre stati molto presenti. Mio zio che era meccanico di F-104, gli aerei dell’aeronautica militare. Mio fratello è stato pilota ed era istruttore di volo. Io ho preso quella passione e l’ho fatta diventare un altro tipo di volo, che è il volo musicale, che per me è comunque uno staccarsi da terra.

Il finale della canzone è un po’ amaro e l’aereo diventa più reale. Tu ci pensi mai al momento in cui potresti non voler più prendere quell’aereo, oppure non potrai più farlo?
Beh sì, certo che ci penso. Ci penso con una certa malinconia, ma non è un pensiero triste. Io vivo di sensazioni e a volte queste sensazioni mi portano nell’aldilà. E non è un brutto posto, quindi sono più curioso che malinconico rispetto a questo.

Le date del tour

Jovanotti porterà dal vivo Il corpo umano Vol. 1 con un tour nei palazzetti. Gli opening act saranno l’artista senegalese Axell e la giovane cantautrice Nicol. I biglietti per le nuove date sono disponibili anche su Ticketmaster.

  • 4 marzo – Pesaro – Vitrifrigo Arena SOLD OUT
  • 5 marzo – Pesaro – Vitrifrigo Arena SOLD OUT
  • 7 marzo – Pesaro – Vitrifrigo Arena SOLD OUT
  • 8 marzo – Pesaro – Vitrifrigo Arena
  • 11 marzo – Milano – Unipol Forum SOLD OUT
  • 12 marzo – Milano – Unipol Forum SOLD OUT
  • 14 marzo – Milano – Unipol Forum SOLD OUT
  • 15 marzo – Milano – Unipol Forum SOLD OUT
  • 17 marzo – Milano – Unipol Forum SOLD OUT
  • 18 marzo – Milano – Unipol Forum SOLD OUT
  • 5 maggio – Milano – Unipol Forum SOLD OUT
  • 6 maggio – Milano – Unipol Forum
  • 8 maggio – Milano – Unipol Forum
  • 9 maggio – Milano – Unipol Forum SOLD OUT
  • 12 maggio – Milano – Unipol Forum NUOVA DATA!
  • 13 maggio – Milano – Unipol Forum NUOVA DATA!
  • 20 marzo – Zurigo – Hallenstadion
  • 22 marzo – Firenze – Mandela Forum SOLD OUT
  • 23 marzo – Firenze – Mandela Forum SOLD OUT
  • 25 marzo – Firenze – Mandela Forum
  • 26 marzo – Firenze – Mandela Forum
  • 28 marzo – Firenze – Mandela Forum SOLD OUT
  • 29 marzo – Firenze – Mandela Forum SOLD OUT
  • 31 marzo – Firenze – Mandela Forum
  • 3 aprile – Casalecchio di Reno (BO) – Unipol Arena
  • 5 aprile – Casalecchio di Reno (BO) – Unipol Arena SOLD OUT
  • 6 aprile – Casalecchio di Reno (BO) – Unipol Arena SOLD OUT
  • 9 aprile – Torino – Inalpi Arena SOLD OUT
  • 10 aprile – Torino – Inalpi Arena
  • 12 aprile – Torino – Inalpi Arena SOLD OUT
  • 13 aprile – Torino – Inalpi Arena SOLD OUT
  • 15 aprile – Torino – Inalpi Arena
  • 22 aprile – Roma – Palazzo dello Sport SOLD OUT
  • 23 aprile – Roma – Palazzo dello Sport SOLD OUT
  • 25 aprile – Roma – Palazzo dello Sport SOLD OUT
  • 26 aprile – Roma – Palazzo dello Sport SOLD OUT
  • 28 aprile – Roma – Palazzo dello Sport
  • 29 aprile – Roma – Palazzo dello Sport
  • 1 maggio – Roma – Palazzo dello Sport
  • 2 maggio – Roma – Palazzo dello Sport SOLD OUT
  • 15 maggio – Verona – Arena di Verona
  • 16 maggio – Verona – Arena di Verona
  • 18 maggio – Verona – Arena di Verona SOLD OUT
  • 19 maggio – Verona – Arena di Verona
  • 21 maggio – Verona – Arena di Verona
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